Le proteste in Iran si stanno sgonfiando
Negli ultimi giorni sono state meno numerose e il regime ha annunciato di averle "sedate", ma il dissenso non è scomparso
Negli ultimi giorni le proteste anti-regime in Iran hanno cominciato a perdere forza e ieri le Guardie della rivoluzione, un potente corpo militare creato dopo la rivoluzione khomeinista del 1979, hanno annunciato che le manifestazioni erano state «sedate». È un esito che era stato previsto nel corso dell’ultima settimana: le proteste, che erano cominciate nove giorni fa nella città iraniana di Mashhad, si erano diffuse molto rapidamente, ma non avevano alcuna organizzazione o partito politico alle spalle, e la capacità dei manifestanti di comunicare tra loro era stata indebolita dalla decisione del governo di bloccare l’accesso a Telegram. La fine delle proteste, comunque, non significa che il malcontento in Iran sia sparito da un giorno all’altro.
Negli ultimi giorni, ha raccontato il Wall Street Journal, sono apparsi sui social network decine di video che mostrano persone mentre bruciano vari tipi di documenti legati al regime: per esempio carte identificative dei basij, una forza paramilitare creata dal fondatore della Repubblica Islamica, Ruhollah Khomeini, e certificati legati alle Guardie della rivoluzione, il potentissimo corpo militare iraniano che si è occupato degli interventi militari degli ultimi anni in Iraq e in Siria. In un video pubblicato su un popolare canale anti-governativo di Telegram, si vede un uomo mentre brucia delle bollette dell’acqua e dell’elettricità, e una scritta che dice: «Non paghiamo più nessuna bolletta. Questo sistema di corruzione deve finire». Nei video non viene mai mostrata la faccia delle persone riprese, e nemmeno i nomi che compaiono sui documenti: non è quindi possibile sapere se quelli bruciati siano documenti validi.
Le Guardie delle rivoluzione e il regime iraniano hanno dato la colpa delle proteste a forze straniere non meglio identificate, un’accusa che al momento non è sostenuta da nessuna prova. Diversi religiosi hanno criticato apertamente gli Stati Uniti e l’amministrazione di Donald Trump, che nei primi giorni delle manifestazioni aveva fatto alcuni tweet a favore dei manifestanti, definendo il governo iraniano “corrotto”.
I rapporti sempre più tesi tra governo americano e governo iraniano potrebbero avere conseguenze dirette su un altro fronte: quello delle sanzioni economiche imposte all’Iran che erano state rimosse con lo storico accordo sul nucleare iraniano di 2 anni e mezzo fa. A partire da mercoledì di questa settimana, infatti, Trump avrà diverse scadenze che lo obbligheranno a decidere se rinnovare la linea di Barack Obama – quindi confermare la rimozione delle sanzioni all’Iran – o se fare un passo indietro ritirandosi dall’accordo.
C’è molta incertezza su quello che potrebbe decidere il governo americano: Trump potrebbe usare l’argomento delle proteste anti-regime degli ultimi giorni per sostenere l’inaffidabilità del governo iraniano e dare forza a chi fin dal principio si era opposto all’accordo sul nucleare; oppure potrebbe decidere di rinnovare, almeno per ora, la rimozione delle sanzioni e trovare altri modi per opporsi all’Iran. Alcuni importanti membri dell’amministrazione Trump, come per esempio il segretario della Difesa Jim Mattis e il segretario di Stato Rex Tillerson, sembrano voler continuare a rispettare l’accordo, senza però rinunciare a un approccio duro contro il regime iraniano. Venerdì scorso, infatti, Tillerson aveva annunciato in un’intervista a CNN nuove sanzioni all’Iran, anche se slegate dall’accordo sul nucleare.
Le proteste iniziate giovedì 28 dicembre a Mashhad si erano diffuse molto rapidamente in diverse zone dell’Iran, prendendo alla sprovvista politici e religiosi iraniani. Finora alle proteste hanno partecipato soprattutto persone povere, giovani senza istruzione universitaria e disoccupati. Sono state proteste economiche, più che sociali e culturali, diverse dalle ultime grandi manifestazioni in Iran, quelle del 2009, che si erano tenute per lo più nelle grandi città, come Teheran, e che erano organizzate dai riformisti, uno schieramento politico iraniano che vorrebbe riformare il sistema attuale senza però rovesciarlo. Non è chiaro cosa succederà ora, anche se è difficile immaginare che le proteste potranno riprendere forza, soprattutto se continueranno a non avere dietro alcun tipo di organizzazione.