Il missile nordcoreano caduto dove non doveva
Un grave incidente durante un test dello scorso anno dice molto su quanto si può sbagliare il regime e sulle conseguenze che potrebbero esserci per tutti
A fine aprile del 2017, un fallito test missilistico da parte della Corea del Nord attirò meno del solito l’attenzione dei media internazionali: era il terzo di fila e molti analisti erano ancora impegnati a valutare le conseguenze all’apparenza ben più minacciose di un precedente test nucleare, condotto in una delle caverne del paese. Un nuovo studio condotto da The Diplomat, sito di notizie sull’Asia e il Pacifico, porta ora nuovi interessanti elementi sull’incidente del 28 aprile scorso, che comportò una potente esplosione in un’area abitata dalla Corea del Nord. L’episodio racconta qualcosa della tecnologia missilistica nordcoreana ma soprattutto offre nuovi elementi alle ipotesi per cui potrebbe essere un incidente, e non un attacco deliberato, a portare a un conflitto tra Corea del Nord e Stati Uniti con i loro alleati.
Il missile balistico a raggio intermedio Hwasong-12/KN17 fu lanciato il 28 aprile 2017 dalla base di Puchang nella provincia del Pyongyang Meridionale, nel centro-ovest della Corea del Nord. Il missile partì regolarmente, ma dopo avere raggiunto un’altitudine di 70mila metri qualcosa andò storto causando un cambiamento di rotta, che portò il missile a precipitare nei pressi di Tokchon, una città di circa 200mila abitanti a poco meno di 40 chilometri di distanza dalla base dove era stato lanciato. In pochi minuti il missile aveva quindi raggiunto un’altitudine notevole, per poi girare su se stesso e tornare al suolo, compiendo una parabola molto stretta e non programmata.
Mettendo a confronto immagini satellitari, fotografie della propaganda nordcoreana e informazioni ottenute dall’esercito degli Stati Uniti, The Diplomat è riuscito a ricostruire il punto in cui precipitò il missile, portando a una grande esplosione. Nelle immagini satellitari sono visibili gli effetti dell’impatto e dell’onda d’urto, con alcuni edifici probabilmente usati per scopi agricoli o industriali distrutti, e altri gravemente danneggiati. Il missile esplose a pochi chilometri di distanza dalla zona centrale di Tokchon: sarebbe bastata una frazione di grado in più nell’angolazione della rotta per causare un disastro con centinaia di morti. Dalle immagini non è chiaro quale sia stata l’effettiva estensione dei danni dovuta all’onda d’urto e, considerato il riserbo e le censure del regime, non sapremo mai quante persone siano state ferite o se qualcuno sia morto nell’incidente.
L’episodio ricorda, su scale diverse, quanto avvenne nel 1996 in Cina, quando un razzo impiegato per portare in orbita un satellite perse il controllo, finendo nei pressi di una città nel Sichuan, regione molto abitata. Come mostrano i filmati dell’epoca, l’effetto dell’esplosione fu devastante, con interi edifici rasi al suolo e altri seriamente danneggiati dagli incendi. Una stima ufficiale dei morti non fu mai diffusa, ma si pensa che il numero di vittime fu mitigato dal fatto che fosse stata disposta un’evacuazione nella zona in vista del lancio.
Anche se fallimentare, il test dello scorso 28 aprile è stato fondamentale per lo sviluppo di una nuova serie di missili. Gli Hwasong-12 sono infatti stati la base per la costruzione degli Hwasong-14, i missili balistici intercontinentali che hanno la capacità di viaggiare molto più a lungo, raggiungendo bersagli distanti migliaia di chilometri dalla Corea del Nord, comprese alcune città statunitensi. Dopo tre test falliti, compreso quello del 28, lo scorso maggio la Corea del Nord è riuscita a condurre senza problemi il lancio di un Hwasong-12, cosa che ha facilitato lo sviluppo dell’altro missile con una portata maggiore.
Il modo di dire “non è scienza dei razzi” per definire qualcosa di semplice al confronto della progettazione di un razzo ha un fondo di verità: la tecnologia missilistica è complicata e basta il malfunzionamento di un solo componente per far andare tutto storto, causando la rovinosa fine di un missile pochi istanti o minuti dopo il lancio. È per questo motivo che in ambito spaziale e della ricerca i lanci sono effettuati con grandi cautele, sfruttando sistemi che offrano doppie garanzie e riducano al minimo i rischi, soprattutto se il viaggio prevede il trasporto in orbita di astronauti. Il regime nordcoreano sembra farsi meno scrupoli, sperimentando missili talvolta rudimentali e che aumentano il rischio di un grave incidente. Questo approccio preoccupa osservatori e analisti, perché potrebbe diventare la causa scatenante di una guerra dagli esiti difficili da prevedere.
I lanci più recenti con missili balistici intercontinentali nordcoreani hanno avuto più o meno la stessa traiettoria, con il passaggio al di sopra del Giappone del nord prima di finire nell’Oceano Pacifico. I test sono stati un successo, dal punto di vista della Corea del Nord, ma non escludono l’eventualità di futuri errori, che potrebbero portare a colpire involontariamente il Giappone. Anche se avvenisse con un missile senza esplosivi o testate nucleari, l’incidente avrebbe di sicuro gravi conseguenze diplomatiche e nei pochi minuti dopo l’impatto potrebbe essere considerato come un attacco deliberato, cui rispondere con la forza. L’escalation potrebbe avvenire in pochissimo tempo, portando a una rappresaglia nei confronti della Corea del Nord, che a sua volta comporterebbe una risposta ancora più aggressiva da parte del regime.
Gli Stati Uniti e i loro alleati, a partire dalla Corea del Sud, cercano di prevenire scenari di questo tipo sorvegliando costantemente i siti dove vengono preparati i lanci missilistici, utilizzando soprattutto le immagini fornite dai satelliti. Un indizio sulle intenzioni nordcoreane è dato quasi sempre dalle attività di preparazione che precedono il lancio, quando i missili vengono riempiti con i propellenti e poi issati verticalmente sulle rampe di lancio. Il problema è che nell’ultimo anno l’esercito nordcoreano è diventato molto più abile nel mascherare questo tipo di attività, rendendole quindi più difficili da identificare. Non è chiaro con quale frequenza, ma diversi lanci sono stati scoperti quando ormai i missili erano partiti ed erano già a decine di chilometri di altitudine, pronti a seguire la loro parabola verso l’Oceano Pacifico. In questi casi comprendere se si tratti di un nuovo test o di un attacco vero e proprio diventa più difficile, anche se esercito e intelligence statunitensi sanno che per ora la Corea del Nord non dispone delle tecnologie necessarie per miniaturizzare le bombe atomiche, in modo da armare le testate dei suoi missili.
La Corea del Nord ha inoltre differenziato molto i punti di partenza dei missili, prendendosi qualche rischio nel caso di lanci falliti, come avvenuto il 28 aprile scorso. Tenerli tutti sotto controllo e capire quali siano attivi seriamente o solo per finta, per depistare le osservazioni dei satelliti, non è semplice e potrebbe essere un altro problema nelle tattiche di prevenzione degli Stati Uniti.