Ci sono due Serie A
Nella prima ci sono Napoli, Juventus e le squadre che riescono a star loro dietro, nell’altra quelle che nemmeno unite raggiungono il valore delle prime
Il girone di andata della Serie A 2017/2018 è terminato lo scorso fine settimana, dopo diciannove giornate di campionato. Nonostante la lotta per lo Scudetto sia probabilmente la più incerta da sette anni a questa parte, mai come in questa stagione la divisione fra le grandi squadre e tutte le altre è risultata così netta già a metà campionato. Le prime cinque squadre della classifica – Napoli, Juventus, Inter, Roma e Lazio – hanno vinto 65 delle 93 partite giocate fin qui, quasi il 70 per cento degli incontri stagionali. Una percentuale che sarebbe potuta essere ancora più netta se nell’ultimo mese Inter, Roma e Lazio non avessero peggiorato di colpo il loro andamento.
Fra la quinta classificata, la Lazio, e la sesta, la Sampdoria, ci sono sette punti di distacco: dopo il recupero delle partite di campionato di Lazio e Roma, il divario potrebbe farsi ancora più evidente. Questo fa sì che uno degli obiettivi principali per le squadre del campionato, la qualificazione alle coppe europee, abbia oggi solamente due posti che si possano considerare in gioco: il sesto, il penultimo buono per un accesso all’Europa League, e il settimo, che però dipende da quali saranno le squadre finaliste della Coppa Italia.
1) Napoli 48
2) Juventus 47
3) Inter 41
4) Roma 39*
——————————————— ↑ Champions League
5) Lazio 37*
6) Sampdoria 30*
7) Udinese 27*
——————————————— ↑ Europa League
8) Fiorentina 27
9) Atalanta 27
10) Torino 25
11) Milan 25
12) Bologna 24
13) Chievo 21
14) Sassuolo 21
15) Cagliari 20
16) Genoa 18
17) Spal 15
——————————————— ↓ Retrocessione
18) Crotone 15
19) Hellas Verona 13
20) Benevento 4
* = una partita in meno
All’estremo opposto della classifica, Genoa, Spal, Crotone, Verona e Benevento non hanno vinto più di quattro partite. L’ultima classificata, il Benevento, ha dovuto attendere 19 gare di campionato prima di ottenere i suoi primi tre punti. È una situazione in qualche modo estrema: anche se è normale che ci sia grande differenza tra le prime e le ultime squadre di un campionato, negli ultimi anni si è consolidata una decisa spaccatura tra un gruppetto di squadre molto forti che lottano per le prime posizioni e poi, molto staccate, tutte le altre.
Ci sono delle attenuanti – come la crisi del Milan e l’assenza di una squadra “rivelazione” del campionato, come lo sono state Sassuolo e Atalanta negli ultimi anni – ma da tempo ormai la disparità fra i club della Serie A va allargandosi. La principale spiegazione è legata direttamente alla ricchezza delle squadre: in linea di massima più una squadra è ricca, più può investire e più è forte. Ed è un circolo virtuoso (o vizioso, a seconda da che lato si guardi la cosa): perché oltre ai maggiori incassi dei grandi club, più una squadra vince, soprattutto in Europa, più riceve bonus e premi, più può investire e così via. Più una squadra va male, meno guadagna: e si può dire anzi che non disponga nemmeno di nessun sostegno che aiuti veramente, anche in piccola misura, a tenere faticosamente il passo delle altre squadre.
La grande disparità tra le squadre della Serie A riflette i loro bilanci. Come scritto a inizio campionato dalla Gazzetta dello Sport, il monte ingaggi lordo della Juventus è di 164 milioni di euro, un cifra superiore a quella dei monte ingaggi complessivi di Benevento (15 milioni di euro), Crotone (12 milioni), Hellas Verona (22 milioni), Genoa (26 milioni), Sassuolo (29 milioni), Spal (21 milioni) e Udinese (29 milioni). Sette squadre insieme spendono meno di quanto spenda la sola Juventus per pagare i suoi calciatori. Ma anche due squadre ricche come Roma (91 milioni di euro) e Napoli (81 milioni) devono sommare i loro monte ingaggi per superare a malapena quello della Juventus, che negli ultimi anni è quella che ha ottenuto più vittorie e fatto maggiori investimenti.
Le ragioni di questa situazione vengono da lontano e non riguardano soltanto la ricchezza delle squadre: hanno a che fare con la struttura stessa del campionato, il modo in cui viene regolato e i problemi delle istituzioni che lo governano. In questo momento, per esempio, avere un campionato con venti squadre aumenta la possibilità che in Serie A arrivino formazioni modeste e con scarse ambizioni. Ma proporre radicali modifiche dei campionati è difficile dal momento che la Lega Serie A è commissariata per non essere stata in grado di eleggere un presidente. A fine gennaio si terranno le elezioni della FIGC, dopodiché la situazione potrebbe sbloccarsi, anche se in molti, come il presidente del CONI Giovanni Malagò, auspicavano a questo punto un lungo commissariamento e la modifica dello statuto federale, per ristabilire le cariche e i poteri e procedere poi a delle vere e ampie riforme.
Uno dei risultati più evidenti di questa situazione è che la Serie A è un campionato poco competitivo, con un piccolo gruppo di squadre che stanno in alto e uno che sta in basso, senza apparenti possibilità di risalita e probabilmente inadatto alla categoria. Nel mezzo restano squadre con mezzi sufficienti a non preoccuparsi per la salvezza ma che non possono ambire a qualcosa di più che non sia l’ultimo posto disponibile per l’Europa League, a meno di sorprese: e questo le disincentiva ulteriormente a fare investimenti che potrebbero non essere sufficienti, oltre a far perdere loro motivazioni nella seconda parte del torneo, favorendo di nuovo le più forti e prime in classifica.