Il grande 2017 di Laura Dern
Finora aveva avuto una carriera da attrice senza troppi successi: quest'anno ha azzeccato tutto
Laura Dern, fino all’anno scorso, aveva avuto una carriera meno formidabile di quella che si meritasse. Dopo alcuni primi anni in cui recitò nei film che la resero famosissima, come Jurassic Park di Steven Spielberg e Velluto Blu di David Lynch, fece tantissimi ruoli senza mai riavvicinarsi a quei livelli, o perlomeno non con continuità. Ciononostante ha sempre mantenuto uno status da attrice di culto, anche grazie alle sue collaborazioni con Lynch: per molti era quella bravissima e bellissima che per qualche motivo non aveva avuto il successo che ci si aspettava, e questa sua caratteristica era diventata parte integrante del suo personaggio.
Nel 2017 è cambiato tutto: Dern ha recitato ruoli da co-protagonista in Twin Peaks: Il Ritorno e Big Little Lies, due delle serie più apprezzate e celebrate dell’anno, e per la seconda ha vinto un Emmy come migliore attrice non protagonista. Ha avuto poi una parte importante – e al centro di molte discussioni, in positivo – in Star Wars: Gli Ultimi Jedi, e c’è stato anche in Downsizing – Vivere alla grande di Alexander Payne, una delle commedie più attese dell’anno. È comparsa anche in Unbreakable Kimmy Schmidt e The Last Man On Earth, due tra le comedy di maggiore successo degli ultimi anni. In molti si sono accorti di questo suo grande ritorno, tanto che si è parlato di “Rinascimento di Laura Dern”, e lei è stata definita “MVP della televisione nel 2017”.
Dern è nata a Los Angeles nel 1967 ed è la figlia di Bruce Dern, famosissimo attore celebre per i suoi ruoli da cattivo mezzo matto, che fu candidato all’Oscar nel 1978 per Tornando a casa, e che recentemente ha recitato in Nebraska e in The Hateful Eight. Sua madre era invece Diane Ladd, anche lei famosa attrice candidata all’Oscar per Alice non abita più qui e Cuore selvaggio. A lanciare la sua carriera fu proprio David Lynch, che la scelse per interpretare una delle protagoniste di Velluto Blu: lei aveva solo 19 anni, ma diventò una delle sue attrici preferite, tanto da ricomparire, prima della terza stagione di Twin Peaks, anche in Cuore selvaggio e Inland Empire. Nel 1992 ricevette la sua prima nomination all’Oscar, come migliore attrice non protagonista per Rosa scompiglio e i suoi amanti; ma il ruolo che la rese famosissima fu quello della botanica Ellie Sattler in Jurassic Park, nel 1993.
Dern ha raccontato che Spielberg le disse: «La gente ti dirà tutto quello che potrai fare alla tua faccia tra molti anni. Non toccare mai la tua faccia. È perfetta: è femminile, è emotiva». Dern non l’ha mai toccata, la sua faccia, e dice che questo ha aumentato l’umanità della sua recitazione. I suoi personaggi sono spesso sopra le righe, instabili, ma sono sfaccettati, nascondono un lato più fragile dietro un’apparenza talvolta scontrosa, e suscitano sempre empatia. Tipo quello di Renata Klein in Big Little Lies, la serie tv di HBO su un gruppo di madri benestanti di Monterey, California, con Nicole Kidman, Reese Witherspoon e Shailene Woodley.
Il personaggio di Dern appare da subito come quello cattivo e detestabile, ma man mano che la storia procede cambia e diventa fondamentale: i suoi comportamenti che prima respingevano vengono spiegati e compresi. Proprio come succede in Star Wars: Gli ultimi Jedi, in cui Dern interpreta il vice ammiraglio Holdo, (SPOILER!) che all’inizio sembra un’incompetente e pavida burocrate ma che poi si rivela uno dei personaggi più tosti ed eroici del film.
Anche in Twin Peaks Dern fa un personaggio con alcune caratteristiche simili: Diane, la misteriosa agente dell’FBI che nelle prime due stagioni veniva citata continuamente dal protagonista Dale Cooper (Kyle MacLachlan), ma mai mostrata. La sua battuta ricorrente è «Vaffanculo, Albert», ma anche «Vaffanculo, Gordon»: è un personaggio disilluso, apparentemente menefreghista verso tutto e verso tutti. Ma pian piano viene fuori che in realtà è consumata dall’amore verso Cooper, che però nel frattempo è diventato malvagio. Il suo personaggio non è solo uno dei più riusciti di tutta la serie ma è anche centrale per l’economia del finale, complicatissimo e visionario come solo quelli di Lynch, e che ha il suo perno in una scena di sesso – tra Dern e MacLachlan – descritta da molti come eccezionale, per come riesce a trasmettere erotismo nonostante l’atmosfera onirica.
Nel 2011 uscì su HBO Enlightened, una serie tv che Dern ideò, scrisse e interpretò, che racconta di un’importante dirigente che ha quasi un tracollo nervoso quando perde il lavoro, e decide di rovesciare la sua società. Era una serie tv con un personaggio femminile forte, trasgressivo e moderno, secondo qualcuno anche troppo: HBO le chiese di renderlo più morbido e piacevole, ma lei non volle saperne. Una giornalista che intervistò Dern le chiese se non fosse turbata dal comparire su enormi cartelloni pubblicitari per i viali di Hollywood con un’espressione sconvolta, vicino ai manifesti delle modelle di alta moda. Lei le rispose di no: «È il mio giorno da attrice di cui sono più fiera». Ai critici Enlightened piacque molto, e Dern vinse un Golden Globe. Ma HBO aveva ragione: non la guardò quasi nessuno. Se ne fece una seconda stagione, ma non una terza.
Il personaggio di Dern in Enlightened era semplicemente arrivato con qualche anno di anticipo. Di lì a breve ce ne sarebbero stati molti altri simili e di grande successo: quello di Lena Dunham in Girls, quello di Taylor Schilling in Orange is the New Black, quello di Phoebe Waller-Bridge in Fleabag. Come ha scritto Vulture, «il mondo si è finalmente messo in pari: il 2017 è stato un grande anno per essere una cazzo di donna arrabbiata».
Dern non era nuova a interpretazioni in anticipo con i tempi: nel 1997 partecipò a uno degli episodi televisivi più famosi e importanti degli anni Novanta, “The Puppy Episode” di Ellen, la serie dell’oggi conduttrice Ellen DeGeneres: quello in cui fece coming out, dicendo di essere lesbica. Dern faceva il personaggio gay per il quale Ellen aveva preso una cotta. Dopo quell’episodio, per circa un anno, Dern faticò a lavorare perché nell’ambiente ancora poco tollerante e aperto di Hollywood molti pensavano che fosse davvero lesbica. In effetti, dopo i primi grandi successi degli anni Novanta, per Dern arrivarono una ventina d’anni senza ruoli importanti in film davvero grossi e celebrati, nonostante non ci fosse nessuno che mettesse in dubbio il suo talento. Fece tra le altre cose Jurassic Park III e Mi chiamo Sam, insieme a Sean Penn, e il suo primo film davvero importante del nuovo millennio fu The Master di Paul Thomas Anderson, del 2012.
Di recente Dern ha pubblicato una lettera aperta a sua figlia Jaya, avuta con il cantante Ben Harper, in cui spiega il rischio di diventare complici del sistema sessista del mondo dello spettacolo, quando si entra nello show business. Vulture ha intervistato sua madre, Ladd, con la quale ha un rapporto molto stretto e che recentemente ha partecipato al movimento #metoo, con il quale le donne di tutto il mondo hanno denunciato le molestie sessuali subite. Ladd ha raccontato che fin dall’inizio provò a dissuadere la figlia dal fare l’attrice: «Per ogni 28 parti per un uomo, ce n’è una per una donna. E quando un uomo ha 80 anni, può ancora fare una scena di sesso con una donna di 20».
Ladd ha detto che le cose non sono cambiate molto: nonostante sua figlia abbia recitato in due delle serie più premiate dell’anno e in quello che sarà probabilmente il film di maggiori incassi, per una recente proposta di un film indipendente le hanno offerto un compenso molto inferiore rispetto all’altro attore protagonista. «Vanno prima dall’uomo, e poi dicono “Bene Laura, abbiamo solo questi soldi, ma ti vogliamo davvero tanto. La vuoi la parte?” Laura non lo accetterà più. Se lo farà, le sparo».