Quella scena del nuovo Star Wars non sta in piedi
In base a quello che sapevamo da film e fumetti precedenti, secondo i fan più duri quella-cosa-lì non poteva succedere
Star Wars: Gli Ultimi Jedi è uscito da meno di una settimana: le vendite di biglietti stanno andando benissimo, i critici ne hanno parlato in maniera entusiasta ma alcuni fan, soprattutto quelli “storici”, sono rimasti molto delusi da alcune scelte nella trama e dall’umorismo molto diverso da quello a cui erano abituati. Ultimamente gli impallinati più impallinati stanno anche dibattendo se la scena più importante del film non sia in aperto contrasto con quello che sapevamo dell’universo di Star Wars (come potete immaginare, da qui in avanti sarà tutto uno SPOILER).
Se avete visto Gli Ultimi Jedi, avete capito probabilmente a quale scena ci riferiamo: quella in cui l’ammiraglio della Resistenza Amilyn Holdo, interpretato da Laura Dern, si lancia contro l’incrociatore stellare del Primo Ordine attraverso l’iperspazio, per permettere alle ultime navi della Resistenza di scappare dopo un lunghissimo inseguimento. È una scena così centrale che il regista Rian Johnson ha scelto di mostrarla senza alcun suono, per concentrare l’attenzione degli spettatori sulle immagini: si vede l’astronave di Holdo che grazie all’iperspazio si trasforma in una specie di enorme proiettile, spezzando in due l’incrociatore del Primo Ordine in un efficace attacco suicida. Ai critici è piaciuta molto, e a loro modo dovrebbero averla apprezzata anche i fan: la distruzione della base spaziale/arma gigante dei cattivi è uno dei temi classici della saga.
Eppure alcuni sostengono che la scena non rispetti molte delle cose che sapevamo sui viaggi nell’iperspazio presenti negli altri film, fumetti e libri ufficiali della saga, e che più in generale funzioni poco dal punto di vista narrativo.
Nel primo film della trilogia originale, Han Solo avverte Luke Skywalker che le coordinate per effettuare un cosiddetto “salto nell’iperspazio” vanno calcolate con precisione: altrimenti «potremmo volare attraverso una stella o avvicinarci troppo a una supernova: e il nostro viaggio finirebbe prima di cominciare».
L’idea non è che l’astronave che entri nell’iperspazio proceda a una velocità molto superiore alla norma: come chiarito più avanti da libri e fumetti della saga, l’iperspazio è una specie di corridoio extradimensionale separato dallo spazio “regolare”. Tant’è vero che prima degli Ultimi Jedi le astronavi che entrano nell’iperspazio spariscono e basta dopo una rapidissima fase di accelerazione (che fra l’altro secondo i libri non corrisponde a una vera fase di accelerazione, ma è solo un’illusione ottica). Una volta entrati nell’iperspazio solo la forza di gravità sprigionata da una stella o da una supernova può “tirare fuori” una nave dal corridoio: è a questa eventualità che fa riferimento Han Solo, e nei romanzi ufficiali della saga ci sono persino alcune astronavi che producono dei campi gravitazionali giganti per catturare le navi che stanno viaggiando nell’iperspazio. In estrema sintesi: un’astronave che viaggia nell’iperspazio percorre un corridoio separato, e non dovrebbe incontrare oggetti lungo la sua rotta.
Se anche lasciamo perdere la “plausibilità” dell’attacco secondo quello che sappiamo sull’iperspazio, restano dei problemi narrativi. Se davvero un’astronave più piccola può causare un danno così rilevante a una più grossa usando semplicemente l’iperspazio, perché questa tattica non è mai stata usata prima? «Qualsiasi astronave sufficientemente grossa potrebbe distruggere facilmente un’astronave a sua scelta», scrive Lindbergh: «ma nell’universo di Star Wars il viaggio nell’iperspazio esiste da millenni. Dobbiamo credere che in tutti questi anni nessuno ci abbia mai pensato, o che nessuno abbia avuto il fegato di farlo? Impossibile da credere, visto che anche negli Ultimi Jedi un sacco di membri della Resistenza scelgono di sacrificarsi per eliminare le astronavi del Primo Ordine (persino Finn ci va molto vicino). L’attacco con l’iperspazio sarebbe perfetto per un gruppo di terroristi o per la tattica di guerriglia».
Un altro giornalista di The Ringer si è chiesto: perché la Resistenza non ha mai lanciato delle vecchie astronavi contro gli incrociatori del Primo Ordine? Tanto più che i calcoli per le coordinate sono eseguiti da un computer, e non c’è alcun bisogno che a bordo resti del personale umano.
Con l’aiuto di altri fan di Star Wars, Lindbergh ha provato a spiegarsi l’attacco di Holdo con due teorie. La prima è stata avanzata da un utente di Reddit, secondo cui l’incrociatore del Primo Ordine non viene spezzato in due dall’attacco di Holdo ma dal duello fra Kylo Ren e Rey che si stava svolgendo a bordo (e la cui conclusione non viene mostrata). Lindbergh la definisce una teoria “elegante”, che però non spiega perché Holdo e i generali del Primo Ordine, intuendo cosa stia per succedere, credono che l’attacco possa avere effetto.
Secondo un’altra teoria, più fantasiosa, nell’universo di Star Wars un attacco con l’iperspazio potrebbe equivalere a un crimine di guerra, una tattica bandita da qualsiasi convenzione intergalattica. Sembra difficile però che il Primo Ordine e la Resistenza aderiscano a questo genere di convenzioni, visto che in altri casi hanno adottato tattiche di guerra piuttosto indiscriminate.
Insomma, è molto più semplice pensare che la scena chiave degli Ultimi Jedi funzioni poco e basta, sia riguardo a quello che sapevamo dell’iperspazio sia dal punto di vista narrativo. Non sarebbe l’unico “buco” nella porzione di trama che riguarda Holdo: perché, per esempio, non condivide con Poe fin dall’inizio il suo piano per seminare il Primo Ordine? Perché deve restare a bordo dell’astronave dopo che tutti l’hanno abbandonata?
Conclude Lindbergh: «Ecco il paradosso della scena visivamente più bella degli Ultimi Jedi: se la studiamo troppo a lungo, qualsiasi altra battaglia nella saga di Star Wars diventa vulnerabile alle domande “perché non hanno fatto questa cosa?” o “perché non possono fare quest’altra cosa?”».