Il successo di Herno

Un'azienda familiare italiana sta andando bene producendo giacche e cappotti in modo innovativo, e senza ricorrere all'abusatissimo marketing delle "cose di una volta"

(Herno)
(Herno)

Il grosso problema della moda invernale è apparire eleganti o comunque vestiti bene ma allo stesso tempo restare asciutti e al caldo, evitando di infagottarsi e sembrare uno/a che sta andando a sciare: tra le aziende che si impegnano a risolverlo c’è l’italiana Herno, che utilizza materiali tecnologici e all’avanguardia per cappotti, giacche e piumini che siano «esteticamente belli ma anche funzionali», come spiega al Post Claudio Marenzi, attuale proprietario e figlio del fondatore Giuseppe Marenzi. Herno è un’azienda in espansione, con ricavi in crescita e nuovi negozi in apertura: a settembre, dalla nuova sede milanese in via Solari, Marenzi aveva detto al Sole 24 Ore che «dovremmo chiudere il 2017 a 95 milioni»; nel 2016 i ricavi erano stati di 76 milioni, il 10 per cento in più rispetto all’anno precedente.

Oltre al nuovo negozio di Milano, dopo quello nella centrale via Sant’Andrea, nell’ultimo anno Herno ha aperto dieci punti vendita. Attualmente in tutto il mondo ci sono dieci flagship store, cioè negozi rappresentativi e monomarca, oltre a 39 punti vendita: due a Mosca, due a Tokyo, una boutique a Bruxelles, una a Kiev, una a New York, a Soho, aperta nell’ottobre 2016. Proprio il mercato statunitense è quello che cresce di più, con percentuali doppie rispetto agli altri paesi. Le esportazioni sono molto importanti, dato che da anni coprono i due terzi dei ricavi: nel 2016 quelli in Europa erano pari al 22,6 per cento del totale, quelli in Giappone – un mercato storico per Herno – del 17 per cento, e quelli negli Stati Uniti del 7.

La storia di Herno iniziò nel 1948 quando Giuseppe Marenzi e sua moglie Alessandra, i genitori dell’attuale proprietario, aprirono un’azienda di impermeabili a Lesa, sul lago Maggiore, in provincia di Novara. Il nome Herno deriva da quello del fiume Erno a cui è stata aggiunta un’acca per indicare l’acqua, del fiume e degli impermeabili. Marenzi aveva già lavorato per aziende di cappotti dopo la guerra, sviluppando un metodo per rendere i tessuti impermeabili applicandoci l’olio di ricino, utilizzato anche come combustibile durante la Seconda guerra mondiale. Visto il clima umido e piovoso vendevano bene: «Iniziò facendo impermeabili, mia madre li cuciva, mio padre li vendeva», racconta sempre Claudio Marenzi. Fino alla sua nascita, nel 1962, la madre restò nell’azienda, che nel frattempo realizzava anche cappotti in cashmere, sia per uomo che per donna, e aveva iniziato a esportare nel resto d’Europa. Nel 1980 venne aperto il primo negozio a Osaka, in Giappone, e poi negli Stati Uniti; negli anni Novanta Herno cominciò a rifornire importanti aziende di moda come Jill Sander, Prada, Gucci, Armani e Louis Vuitton.

L’azienda ebbe un nuovo corso a inizio Duemila con l’arrivo alla presidenza di Claudio Marenzi, che ci lavorava da quando aveva 20 anni occupandosi della produzione e poi delle vendite e del marketing. Concentrò nuovamente la produzione sul marchio Herno e non sul rifornimento di altre case di moda, trovò nuovi investitori, rilanciò la società, rafforzò le esportazioni all’estero, in particolare in Giappone, arrivando a controllare ogni aspetto della produzione dei capi, a partire quindi dalle materie prime.

Inizialmente i capi più famosi erano gli impermeabili e i cappotti di cashmere, poi arrivò la giacca metà piumino metà impermeabile. Marenzi ha raccontato che «l’idea del nostro capo più famoso mi è venuta per caso un giorno che ero in Giappone per lavoro, pioveva ma avevo freddo, così ho infilato un piumino comprato in loco, sotto uno dei nostri impermeabili. Ricordo che anni dopo ero a Tokyo e su uno dei grattacieli ho visto la foto di Orlando Bloom che indossava una giacca uguale alla nostra, ma di Uniqlo. Allora ho pensato: se è così vuol dire che abbiamo sfondato», riferendosi al fatto che è un modello molto imitato. Altro capo di successo sono i piumini Ultralight, prodotti dal 2009: «ultra leggeri, senza sacco piuma, in nylon dall’effetto serico e non», spiega al Post Marenzi, indicando anche i capi tecnologicamente più all’avanguardia: «nel 2012, dopo due anni di ricerca e sviluppo, abbiamo lanciato la linea più tecnologica del brand: Herno Laminar, un progetto di ingegneria sartoriale nato in collaborazione con Gore»; i capi, prosegue, sono resistenti all’acqua e al vento, traspiranti e dall’estetica curata.

Un cappotto Herno Laminar (Mr porter)

Per ora Herno ha intenzione di continuare come ha fatto finora, visti i buoni risultati: rafforzarsi in Italia e all’estero puntando su un prodotto innovativo e di qualità, e investire per scoprire nuove tecniche e materiali. Marenzi ci conferma che «il nostro team di ricerca e innovazione è costantemente all’opera» e ha sviluppato nuovi capi e prodotti per la collezione autunno-inverno 2018/2019 che saranno presentati alle sfilate di Pitti Uomo che si terranno a Firenze dal 9 al 12 gennaio: prima «Non posso svelare nulla!», conclude.

Tag: herno