In Venezuela si muore di fame
Il governo si rifiuta di ammetterlo ma manca persino il latte in polvere, e i casi di malnutrizione infantile sono frequentissimi
Kleiver Enrique Hernández aveva tre mesi quando è stato ricoverato per malnutrizione all’ospedale Domingo Luciani di Caracas, la capitale del Venezuela. Alla nascita pesava tre chili e seicento grammi ed era sostanzialmente sano. Le sue condizioni sono peggiorate nelle settimane successive. Sua madre, Kelly Hernández, non aveva potuto allattarlo e aveva dovuto affidarsi al latte in polvere.
C’era però un grosso problema: cercando online, solo una fra le 64 farmacie di una famosa catena venezuelana disponeva del latte prescritto dai medici. Hernández e il suo compagno César González non avrebbero comunque potuto permettersi quel latte: la fornitura di latte in polvere per un mese costa più del doppio di quanto González guadagna lavorando nei campi. Nemmeno gli ospedali ne hanno abbastanza: un sondaggio realizzato l’anno scorso ha scoperto che il 96 per cento delle strutture del paese non ne aveva a sufficienza per i propri pazienti, e che il 63 per cento non ne disponeva affatto. Kleiver è morto dopo tre settimane di ricovero, senza che i medici potessero fare granché.
Il caso di Kleiver è solo uno delle centinaia simili registrati in questi anni in Venezuela, un paese che da almeno tre anni sta attraversando una crisi economica profondissima e senza precedenti. Le cause della crisi sono diverse, ma tra le principali c’è la progressiva diminuzione del prezzo del petrolio a livello globale: il Venezuela è uno dei principali esportatori petroliferi al mondo, e a causa della corruzione governativa e del sistema economico poco equilibrato le conseguenze sono ricadute soprattutto sulla popolazione. Nel corso dei decenni il governo del Venezuela non ha mai promosso la nascita di settori industriali diversi da quello energetico, limitandosi a distribuire a pioggia o quasi sussidi e pensioni frutto dei ricavi da petrolio. Oggi che la situazione è cambiata, da mesi il governo fatica a garantire cibo, energia e servizi di base ai suoi cittadini, e l’inflazione altissima impedisce ai venezuelani di procurarsi i beni di prima necessità persino al mercato nero.
I giornali internazionali stanno raccontando da mesi la crisi del paese dal punto di vista dei venezuelani: sappiamo che migliaia di persone rovistano nei rifiuti quotidianamente per trovare da mangiare, che l’acqua e l’elettricità mancano più volte al giorno, che le file nei negozi e nei centri di distruzione del governo sono eterne. La storia dei bambini morti per malnutrizione però non era ancora stata raccontata. Ci ha pensato il New York Times con un’inchiesta pubblicata domenica 17 dicembre e realizzata in 21 ospedali del paese.
I medici dell’ospedale universitario Agustín Zubillaga di Barquisimeto, una città a 300 chilometri da Caracas in cui abita più di un milione di persone, hanno raccontato al quotidiano che trattano casi di malnutrizione di bambini quasi ogni giorno. «Era una cosa rara prima che la crisi iniziasse a peggiorare due anni fa», scrive il New York Times. In molte nazioni i casi più gravi di malnutrizione «possono essere dovuti a guerre, siccità, catastrofi o terremoti», ha raccontato Ingrid Soto de Sanabria, il capo del reparto pediatrico di un altro ospedale di Barquisimeto: «nel nostro paese sono legati direttamente alla scarsità [dei beni di prima necessità] e all’inflazione».
Il governo venezuelano – autoritario e di ispirazione socialista – cerca periodicamente di incolpare le potenze occidentali per la crisi in corso, e di nascondere dati e statistiche che raccontino le difficoltà del paese. Ci ha provato anche in questo caso: diversi dottori hanno raccontato che viene proibito loro di includere la malnutrizione nelle cause di morte dei bambini. Anche i pochi dati che abbiamo a disposizione, però, coincidono col quadro raccontato da medici e operatori consultati dal New York Times.
Un rapporto annuale del 2015 realizzato dal ministero della Sanità venezuelano indicava che il tasso di mortalità infantile per i neonati nati da un mese era aumentato di 100 volte, dallo 0,02 per cento al 2 per cento (in Italia il tasso di mortalità infantile per bambini fino a un anno è dello 0,3 per cento). Nell’aprile di quest’anno sul sito del ministero della Sanità era apparso un documento secondo cui nel 2016 erano morti 11.446 bambini di meno di un anno, un dato superiore del 30 per cento a quello del 2015. Dopo essere stato ripreso dai giornali nazionali e internazionali, il documento è sparito dal sito del ministero, che secondo il governo era stato colpito da un attacco hacker.
Un buon numero di casi sfugge a queste statistiche. Il New York Times ha raccontato la storia di Kenyerber Aquino Merchán, un bambino morto per malnutrizione a 17 mesi. Sua madre aveva contratto il virus Zika quando Kenyerber aveva solo 3 mesi, e non era più riuscito ad allattarlo. Il latte in polvere era introvabile e i suoi genitori cercarono di nutrirlo con crema di riso o di mais, mischiata con latte intero. Nessuna delle due pappe però forniva a Kenyerber le sostanze nutritive necessarie per un neonato. La prima crisi avvenne intorno ai nove mesi; Kenyerber è morto dopo altri otto mesi di sofferenze e privazioni.
Il New York Times racconta che la situazione peggiorerà ancora nel corso nel 2018. L’inflazione è destinata ad aumentare e il governo di Nicolás Maduro difficilmente accetterà di farsi da parte o chiederà aiuti internazionali (tanto più dopo aver tolto i poteri al Parlamento e aver stravinto le ultime elezioni locali, soprattutto grazie alle divisioni dentro l’opposizione). In quel caso, spiega una collaboratrice della Caritas venezuelana esperta in crisi nutrizionali, «dovrebbe ammettere che nel paese è in corso una crisi umanitaria, e riconoscere che la popolazione è vulnerabile e che le loro politiche hanno fallito».