Negli Stati Uniti non c’è più la net neutrality
Sono state approvate le nuove criticatissime regole che smontano il principio per cui tutti i contenuti su Internet devono essere trattati ugualmente dai provider
Negli Stati Uniti è stato approvato un regolamento che di fatto mette fine alla “net neutrality” (“neutralità della rete”), il principio secondo cui i fornitori di accesso a Internet (Internet Service Provider, ISP) non possono favorire certi contenuti su altri, rendendo per esempio più rapido l’accesso a un sito di notizie o di video rispetto a un altro. Il regolamento è stato votato dalla Federal Communications Commission (FCC), l’agenzia governativa che si occupa di vigilare sulle comunicazioni, con 3 voti a favore dei Repubblicani e 2 contrari dei Democratici. Appena due anni fa l’agenzia era a maggioranza Democratica e aveva votato per rendere effettive regole che tutelassero il più possibile la net neutrality.
Il nuovo regolamento consente agli ISP statunitensi di fare praticamente tutto ciò che vogliono, per quanto riguarda la gestione del traffico online. Potranno quindi bloccare, rallentare o accelerare il passaggio di alcuni dati rispetto ad altri, senza particolari limitazioni. Avranno il solo obbligo di avvisare i loro clienti sulle disparità di trattamento che decideranno di attuare. I sostenitori delle nuove regole dicono che non era necessario regolamentare Internet come si era deciso di fare nel 2015, e sostengono che la rete fino ad allora non avesse problemi di alcun tipo per quanto riguarda la disparità di trattamento dei siti e dei servizi online. Il capo della FCC, Ajit Pai, ha sempre sostenuto che le regole fossero superflue e lavorava da inizio anno al piano per smontare la net neutrality, su indicazione dell’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump.
I sostenitori della net neutrality dicono invece che senza le regole in vigore fino a oggi, gli ISP potranno controllare il traffico online e condizionare i loro clienti privilegiando alcuni contenuti su altri. Il problema potrebbe essere particolarmente sentito negli Stati Uniti perché alcuni dei principali ISP sono anche produttori di contenuti, come nel caso del provider Comcast che controlla NBCUniversal. Comcast potrebbe per esempio decidere di favorire i servizi in streaming che hanno nei loro cataloghi serie tv e film di NBCUNiversal, rallentando l’accesso a servizi concorrenti come Netflix o PrimeVideo di Amazon.
Complici le recenti evoluzioni tecnologiche nella gestione delle reti e la grande differenziazione di servizi online, la net neutrality è diventata uno dei più importanti principi per garantire la libera circolazione delle informazioni online. L’accesso libero e paritario a qualsiasi contenuto è ritenuto essenziale non solo per tutelare i consumatori da un aumento dei prezzi (un ISP potrebbe per esempio far pagare di più l’accesso agli streaming, che consumano più banda), ma anche per garantire alle aziende del Web più piccole la possibilità di concorrere alla pari con quelle più grandi. In assenza di regole sulla net neutrality, aziende molto grandi potrebbero per esempio pagare gli ISP per ottenere trattamenti di favore dei loro dati, facendoli arrivare prima e meglio agli utenti rispetto ai servizi concorrenti. Net neutrality significa anche che un ISP non può bloccare l’accesso ai contenuti, salvo per motivi di sicurezza o decisioni dei governi, ma in assenza di regole chiare potrebbe avvenire il contrario con siti e applicazioni resi inaccessibili in modo arbitrario.
La riforma di Pai ha portato a grandi polemiche ed è criticata da tutte le principali associazioni per i consumatori e dai consorzi delle aziende del Web, come l’Internet Association che comprende Facebook e Google. L’associazione ha ricordato che le nuove regole non tengono in considerazione le effettive condizioni del mercato per l’accesso a Internet negli Stati Uniti. Se ci si allontana dalle grandi città, la scelta degli ISP è estremamente limitata e in molti casi è completamente senza alternative. Gli utenti si troveranno nella condizione di dover scegliere per forza un ISP anche se questo promette l’accesso privilegiato a contenuti cui non sono interessati. Si ritroveranno quindi con un piano di navigazione che funziona diversamente a seconda dei siti che visitano, mentre con le regole precedenti avevano la certezza di accedere ai contenuti allo stesso modo a prescindere dall’operatore e dalle scarse opzioni di scelta.
Jessica Rosenworcel, uno dei due membri Democratici della FCC, ha definito una “decisione affrettata” il voto di giovedì sulla net neutrality, che mette l’agenzia “dal lato sbagliato della storia, della legge e dell’interesse pubblico americano”. Rosenworcel ha detto che il nuovo regolamento: “Non è una buona cosa. Non lo è per i consumatori. Non lo è per le aziende. Non lo è per chiunque si colleghi e crei cose online”. L’altra commissaria Democratica, Mignon Clyburn, ha spiegato che ci potrebbero essere conseguenze soprattutto per alcuni gruppi di persone e per le minoranze, che potrebbero vedere rallentato l’accesso ai loro contenuti rispetto ad altri.
Prima di approvare le nuove regole, la FCC aveva avviato una grande consultazione pubblica, della quale Pai aveva detto che avrebbe tenuto conto. In pochi mesi l’agenzia ha ricevuto sul suo sito 22 milioni di commenti, ma alla fine della consultazione ha annunciato che almeno 7,5 milioni di questi erano spam. La FCC non ha ritenuto necessario condurre indagini per ricostruire la loro origine e nei fatti ha avuto un pretesto per ignorare buona parte dei restanti commenti. La gestione della consultazione è stata duramente criticata dai Democratici e da numerose organizzazioni che si occupano della tutela dei diritti, della libertà di stampa e della privacy online.
La decisione di giovedì è stata assunta dopo appena un’ora di dibattito, dove i cinque commissari hanno avuto la possibilità di leggere brevi dichiarazioni spiegando il motivo del loro voto. La FCC ora ha alcune settimane di tempo per definire gli ultimi dettagli del nuovo regolamento. Dopo la sua pubblicazione ufficiale, entrerà in vigore e le regole potranno essere sfruttate dagli ISP. Non ci saranno probabilmente cambiamenti repentini, anche perché i provider temono danni di immagine e stanno quindi procedendo cautamente, anche se hanno speso negli ultimi mesi centinaia di milioni di dollari per influenzare i politici sul tema.
Diverse organizzazioni hanno comunque annunciato di volere fare ricorso in tribunale, mettendo in discussione la validità del regolamento. Le iniziative legali saranno di vario tipo e diverse potrebbero partire dal modo in cui sono stati gestiti i commenti nel periodo di consultazione, molti dei quali erano per chiedere il mantenimento della net neutrality. Davanti ai giudici, la FCC dovrà dimostrare che dal 2015 a oggi sono cambiate cose a sufficienza per giustificare un cambiamento delle regole, approvate appena due anni fa. Azioni legali sono state annunciate anche da alcuni procuratori generali a livello statale, che cercheranno di smontare in tribunale le nuove regole. I tempi potrebbero però essere lunghi e l’esito stesso di queste iniziative non è prevedibile.
Con qualche difficoltà e contraddizione, negli ultimi anni l’Unione Europea si è dotata di un buon regolamento sulla net neutrality, stabilendo limiti e condizioni per gli ISP (sono previste deroghe per gli operatori mobili, considerata la natura diversa delle loro reti e la maggiore facilità con cui si saturano). Il timore di molte associazioni e osservatori è che un cambiamento così radicale negli Stati Uniti possa portare nel tempo a revisioni delle attuali regole anche in Europa. I meno scettici pensano invece che le vicende legali, che probabilmente interesseranno la FCC nel caso di una approvazione, e le proteste degli utenti faranno da buon deterrente per evitare l’esperienza statunitense.