Un giudice argentino ha chiesto l’arresto di Cristina Kirchner
È nuovamente accusata di avere cospirato per insabbiare un’indagine sul ruolo dell’Iran in un attentato a Buenos Aires nel 1994
Un giudice federale in Argentina ha chiesto l’arresto della ex presidente Cristina Kirchner, con l’accusa di avere cospirato per insabbiare un’indagine sul presunto coinvolgimento dell’Iran in un attacco esplosivo in un centro ebraico a Buenos Aires nel 1994, che causò la morte di 85 persone. La notizia è stata diffusa dall’agenzia di stampa argentina Telam e riapre un caso giudiziario che sembrava essere ormai superato, almeno per quanto riguardava Kirchner. Il giudice Claudio Bonadio ha inoltre disposto gli arresti domiciliari per Hector Timerman, che aveva lavorato come ministro durante la presidenza Kirchner. Sono stati arrestati anche il consulente legale dell’ex presidente, Carlos Zannini, e l’attivista Luis D’Elia.
Nel febbraio del 2015 un altro giudice federale, Daniel Rafecas, aveva deciso di non incriminare Kirchner nel complicato caso giudiziario, sul quale stava indagando il procuratore generale Alberto Nisman, trovato morto in circostanze ancora non del tutto chiare nel suo appartamento, quando Kirchner era ancora presidente. Nisman, la cui morte è stata classificata come suicidio, stava per aggiornare il Parlamento argentino sulle sue indagini legate all’attacco del 1994. Era stato lo stesso Nisman ad accusare Kirchner di avere cospirato per nascondere il coinvolgimento dell’Iran nell’attacco del 1994, sostenendo che nel caso fosse coinvolto Timerman. La morte di Nisman aveva portato a grandi manifestazioni di piazza e a contestazioni nei confronti di Kirchner.
Circa un anno fa una Corte d’Appello aveva ordinato la riapertura delle indagini nei confronti di Kirchner per i fatti del 1994. La nuova richiesta di arresto deriva dalla riapertura del caso e dalle verifiche effettuate da Bonadio. Kirchner è stata però eletta senatrice ed entrerà in carica il prossimo 10 dicembre, quindi gode dell’immunità parlamentare. Il Parlamento dell’Argentina dovrà quindi votare per sospendere la sua immunità e consentire ai magistrati di procedere con l’arresto.
A distanza di venti anni non sono ancora del tutto chiare le responsabilità per l’attacco contro il centro ebraico. Nisman con le sue indagini aveva ipotizzato che la strage fosse stata organizzata dall’Iran, che avrebbe poi affidato al gruppo libanese Hezbollah il compito di eseguirla. Nel 2007 furono emessi mandati internazionali per l’arresto di sei cittadini iraniani sospettati di essere coinvolti nell’attacco. Sono ancora latitanti e in più occasioni il governo iraniano ha negato qualsiasi coinvolgimento. Secondo l’inchiesta, quando erano in corso le trattative per organizzare la commissione intergovernativa tra Argentina e Iran, il ministro degli Esteri argentino avrebbe promesso di fare pressioni sull’Interpol per fare ritirare i mandati di cattura. Le cose si sarebbero complicate quando l’Interpol decise di mantenere i mandati, rendendo meno vantaggioso il piano per l’Iran.
Le accuse di Nisman, che indagava da anni sulla strage del 1994, erano basate su numerose intercettazioni telefoniche di funzionari governativi e altre persone molto vicine a Kirchner, che non risulta fosse stata intercettata. Tra queste ci sarebbe stato anche Mohsen Rabbani, un iraniano che per lungo tempo era stato tra i membri più attivi dell’ambasciata a Buenos Aires e tra le persone sospettate per quanto avvenuto al centro ebraico. Secondo Nisman le prove raccolte erano molto consistenti.
Da presidente, Kirchner avrebbe chiesto al suo ministro degli Esteri, Hector Timerman, e ad altri funzionari di attivarsi per trovare una qualche forma di immunità per persone di origini iraniane sospettate per l’attacco, sperando in questo modo di migliorare i rapporti diplomatici e commerciali con l’Iran per ottenere forniture di petrolio a prezzi più vantaggiosi e attenuare così i problemi dovuti alla crisi energetica in Argentina. Il piano alla fine non sarebbe stato comunque realizzato.