La Corte Suprema ha deciso che il “travel ban” può tornare in vigore
Il provvedimento era stato voluto da Trump per bloccare gli ingressi negli Stati Uniti da molti paesi a maggioranza musulmana
Con 7 voti a favore e 2 contrari la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso che il cosiddetto “travel ban” – la dura misura di controllo degli ingressi nel paese voluta da Donald Trump – potrà tornare in vigore nonostante fosse stata bloccato parzialmente da alcune sentenze di giudici federali. Il “travel ban” è stata una delle prime misure decise dall’amministrazione Trump per combattere l’immigrazione clandestina: permette agli Stati Uniti di rifiutare visti di ingresso a persone provenienti da Chad, Iran, Libia, Somalia, Siria, Yemen, Corea del Nord e Venezuela. Una priva versione del provvedimento, poi bloccata dai giudici e ritirata, riguardava esclusivamente paesi a maggioranza musulmana e per questo era stato accusato di razzismo e rinominato dai critici “muslim ban”, un divieto per i musulmani.
Dopo la firma del provvedimento da parte di Trump lo scorso luglio, diversi giudici federali in tutto il paese ne avevano bloccato l’applicazione accettando ricorsi da parte di molte associazioni per i diritti civili, secondo cui il provvedimento è incostituzionale. La Corte Suprema aveva già deciso a luglio che parti del “travel ban” potevano entrare in vigore e la decisione di ieri dice che tutte le misure previste dal “travel ban” possono essere applicate. La decisione non riguarda però il merito del “travel ban”, ma solo la necessità di sospenderlo con urgenza come fatto dai giudici federali: necessità che secondo la Corte Suprema – che ha accolto l’argomentazione dell’amministrazione – non c’è. La legittimità costituzionale del “travel ban” verrà analizzata nei prossimi mesi.