Flynn non ha agito da solo
La Casa Bianca sta sostenendo che il suo ex consigliere nazionale per la sicurezza agì da solo, ma alcune mail in possesso del New York Times – e dell’FBI – sembrano dire altro
Il 2 dicembre il New York Times ha pubblicato un articolo in cui sostiene che sia difficile credere che Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente americano Donald Trump, abbia agito da solo nei reati che ha confessato due giorni fa. Flynn è stato incriminato nell’inchiesta speciale sull’ingerenza della Russia alle ultime elezioni presidenziali: è accusato di aver mentito all’FBI sui contenuti di due conversazioni con l’allora ambasciatore russo negli Stati Uniti avvenute nel dicembre 2016. Si è dichiarato colpevole e ha detto che collaborerà con le indagini.
Scrive il New York Times: «Quando a febbraio Trump licenziò Flynn, la Casa Bianca lo fece passare per un traditore che aveva agito da solo nelle sue conversazioni con rappresentanti russi, fatte durante la transizione [dall’amministrazione Obama a quella di Trump], e che aveva poi mentito su quelle conversazioni». La Casa Bianca ha continuato a sostenere questa versione anche dopo la confessione di Flynn. Esistono però delle mail che sono in possesso dell’FBI, e che il New York Times ha potuto vedere o di cui ha sentito qualche resoconto, che «suggeriscono che Flynn non abbia agito da solo».
Nello specifico, Flynn è stato incriminato per aver nascosto agli investigatori dell’FBI che il 22 dicembre discusse con l’allora ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergei Kislyak, come avrebbe votato la Russia durante una discussione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU; ma soprattutto evitò di dire all’FBI che il 29 dicembre chiese ai russi di non reagire in seguito alle nuove sanzioni appena approvate dalla presidenza Obama contro la Russia.
Dopo l’incriminazione di Flynn, Trump ha scritto su Twitter che fu costretto a licenziare Flynn perché aveva mentito all’FBI e al vicepresidente Mike Pence ma che tutto quanto fatto da Flynn durante la transizione fosse legale e legittimo. Semplificando, la versione di Trump sulla questione è: Flynn non ha fatto niente di illegale e, se lo ha fatto, lo ha fatto senza che io lo sapessi. A parte che la versione di Trump suona davvero poco plausibile – se sapeva che Flynn aveva mentito, perché il giorno dopo le sue dimissioni chiese all’allora capo dell’FBI James Comey di “lasciarlo perdere”? – ci sono dei motivi per dubitare che sia andata così.
I had to fire General Flynn because he lied to the Vice President and the FBI. He has pled guilty to those lies. It is a shame because his actions during the transition were lawful. There was nothing to hide!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) December 2, 2017
Tra le mail a disposizione del New York Times – e quindi anche dell’FBI – ce n’è una scritta il 29 dicembre da K. T. McFarland, una importante funzionaria che si occupò della transizione, che è stata consigliera su questioni di sicurezza nazionale fino a maggio e che ora è in attesa di diventare ambasciatrice a Singapore. McFarland scrisse a una collega che le sanzioni contro la Russia appena approvate da Obama (e la decisione di espellere dal paese 35 diplomatici russi) avrebbero complicato i rapporti che Trump intendeva avere con la Russia. McFarland scrisse che Flynn avrebbe parlato con Kislyak, l’ambasciatore russo. Flynn era, in quel momento, un privato cittadino senza ruoli governativi.
Nell’articolo è scritto anche che McFarland inoltrò ad altri sei collaboratori di Trump – e tra loro l’allora capo dello staff Reince Priebus, l’allora capo stratega Stephen K. Bannon e l’allora portavoce della Casa Bianca Sean Spicer – uno scambio di mail in cui si parlava delle sanzioni di Obama, menzionando Flynn. Non ci sono, almeno per ora, prove dirette del fatto che Trump sapesse cosa disse Flynn all’ambasciatore russo; ci sono però diversi elementi che fanno pensare che Flynn non agì da solo, di sua iniziativa. E ci sono prove del fatto che molti altri funzionari allora molto vicini a Trump sapessero almeno qualcosa delle attività di Flynn.
Anche sulla questione del voto dell’ONU su Israele, sembra che Flynn non prese contatti con Kislyak di sua volontà, ma che lo fece su richiesta di Jared Kushner, alto consigliere di Trump e suo genero. Non è chiaro da dove il New York Times abbia ricavato questa informazione – che nei giorni scorsi era stata pubblicata da Bloomberg – ma sembra che la Russia non sia il solo paese a cui Flynn si rivolse per cercare di bloccare una mozione per condannare Israele.