Le foto dello stadio Flaminio di Roma, in abbandono da sei anni
Il vecchio impianto romano è inutilizzato dal 2011, e come tutta la zona circostante è in avanzato degrado
Dopo aver ospitato le più importanti partite di rugby in Italia per circa trent’anni e dal 2001 tutte gli incontri della Nazionale italiana nel torneo Sei Nazioni – oltre ad alcune vecchie partite di calcio, anche di Lazio e Roma – il 12 marzo del 2011 lo stadio Flaminio di Roma vide per l’ultima volta una partita ufficiale (la vittoria dell’Italia sulla Francia, la prima nel Sei Nazioni). L’anno successivo la Nazionale di rugby si spostò allo Stadio Olimpico per permettere la ristrutturazione dell’impianto, che però non è mai avvenuta rendendo definitivo il trasferimento all’Olimpico.
Da allora la gestione dello stadio romano, che è un bene di interesse artistico e storico e quindi tutelato, è passata dalla Federazione Italiana Rugby (FIR) al comune di Roma, passando anche per CONI e FIGC. Nessuno però è mai riuscito a portare a termine un progetto di riqualificazione e il Flaminio è in stato di abbandono da ormai sei anni. Ora le strutture sono fatiscenti e gli interni sono stati devastati da infiltrazioni e altri danneggiamenti. Il prato e le aree verdi circostanti sono diventate boscaglia.
Lo stadio Flaminio fu progettato tra il 1957 e il 1958 dal famoso ingegnere italiano Pier Luigi Nervi. Venne costruito in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960, di cui ospitò le partite del torneo di calcio. È considerato tuttora come una delle costruzioni più rilevanti della cultura architettonica italiana dell’epoca. Il comune di Roma ne è proprietario mentre la Fondazione Nervi, gestita dagli eredi della famiglia, ne detiene la proprietà intellettuale e i diritti morali, motivo per cui ogni intervento di ristrutturazione necessita del loro consenso.
In seguito ai continui mancati accordi sulla riqualificazione dell’impianto, un anno dopo averlo lasciato la Federazione Italiana Rugby rinunciò alla sua gestione e si trasferì definitivamente all’Olimpico. Il Flaminio tornò quindi sotto la gestione del Comune di Roma, che nel 2014 lo affidò per un anno alla FIGC, la quale avanzò l’ipotesi di ristrutturarlo per usarlo come centro di allenamento e sede della partite delle Nazionali femminili e giovanili. Nell’estate del 2014 tuttavia, l’allora presidente della FIGC Giancarlo Abete si dimise in seguito all’eliminazione dell’Italia dai Mondiali in Brasile: il suo successore, Carlo Tavecchio, decise di non continuare il progetto e fece scadere l’assegnazione provvisoria.
L’ultima proposta arrivata da un ente sportivo è stata fatta dal presidente della FIR Alfredo Gavazzi, che la scorsa primavera aveva parlato di un possibile acquisto dell’impianto da parte della sua federazione. Ma questo non si è mai verificato, complice la cattiva situazione economica in cui si trova il rugby italiano.
Ad agosto, tuttavia, la Getty Foundation di Los Angeles ha assegnato all’Università “La Sapienza” di Roma un finanziamento di 161 mila euro per lo sviluppo di un piano di conservazione. A fine ottobre l’assessore allo Sport del comune di Roma, Daniele Frongia, ha spiegato cosa dovrebbe succedere nei prossimi mesi: «Dopo aver partecipato e vinto il bando di 161 mila euro della Getty Foundation abbiamo avviato uno studio di conservazione con l’associazione Pier Luigi Nervi e il Dipartimento di Ingegneria della Sapienza. Entro l’inizio del 2018 verrà pubblicato un avviso pubblico per il recepimento di progetti per la sua completa riqualificazione, e nel frattempo faremo degli interventi mirati contro il degrado che degli ultimi anni».