A che punto siamo con la scomparsa del contante
In Svezia il 99 per cento degli adulti ha fatto almeno un pagamento elettronico nell'ultimo anno, in Italia la percentuale è molto più bassa
Il 99 per cento dei 10 milioni di cittadini svedesi nell’ultimo anno ha fatto almeno un pagamento con moneta elettronica, cioè con carta di debito, carta di credito o con una app per cellulare. Secondo un report della Banca centrale svedese, pubblicato l’anno scorso, soltanto il 20 per cento degli acquisti nei negozi è avvenuto tramite pagamenti in contanti. Come scrive con un certo understatement la banca «si tratta di una percentuale bassa rispetto a molti altri paesi». “Molti altri paesi” in questo caso, significa praticamente tutti: nessuno al mondo è così avanti come la Svezia nel percorso che, secondo molti economisti, presto sarà comune a tutto il mondo sviluppato: l’abbandono del contante.
L’ultimo report sull’uso di contante e moneta elettronica nel mondo è stato pubblicato dalla società di analisi e consulenza Capgemini poco tempo fa e mostra che, da oggi al 2020, la quota di pagamenti elettronici crescerà in media del 10,9 per cento l’anno. A questo ritmo è facile immaginare che i paesi più sviluppati arriveranno molto presto all’eliminazione quasi completa degli scambi in contante. La Banca centrale svedese definisce questo traguardo “ancora lontano”, ma altri paesi hanno già stabilito degli obiettivi piuttosto ravvicinati. La Turchia, ad esempio, dove il 40 per cento dei pagamenti avviene tramite moneta elettronica, punta ad eliminare il contante nel 2023. La Cina vorrebbe eliminarlo nei principali centri urbani entro il 2020.
Anche se preferiscono non parlare di date, gli svedesi rimangono comunque in testa a questa classifica, seguiti da vicino da Singapore, Paesi Bassi e Francia. Tra 2007 e 2015 l’uso di contante in Svezia è calato del 15 per cento annuo e, più o meno nello stesso periodo, si è dimezzata la quantità di denaro prelevato agli sportelli bancomat. Il 97 per cento della popolazione possiede una carta di credito o di debito che vengono usate, in media, 290 volte l’anno da ogni cittadino svedese. La media europea è di meno della metà: 104 pagamenti con carta ogni anno. L’85 per cento della popolazione, inoltre, usa l’online banking, cioè ha un conto corrente bancario che non richiede la necessità di recarsi fisicamente in una filiale.
La scorsa settimana un colorito reportage dalla Svezia del Corriere della Sera ha raccontato come già alcuni servizi nelle principali città non accettino più contante. A Göteborg, ad esempio, una volta saliti a bordo di un autobus o di un altro mezzo di trasporto pubblico i biglietti si possono acquistare solo con la carta. Lo stesso accade in alcuni hotel e ristoranti, dove all’ingresso è esposto il cartello in inglese “cash free area”, cioè “area senza contante”.
Nel corso degli anni molto economisti hanno parlato dei benefici dei pagamenti elettronici. Sono più sicuri, non obbligano a portarsi addosso grandi quantità di contati e riducono il tempo che i commercianti devono passare a gestire monete e banconote (provate a chiedere a un vostro conoscente che fa il commerciante che problema sia assicurarsi di avere sempre in cassa la giusta quantità di monete per poter dare il resto ai propri clienti). I contanti, inoltre, rendono molto più facile compiere attività illegali. Pagamenti in nero, spaccio ed evasione fiscale sono molto più semplici in un’economia dove il denaro è in gran parte contante. Questa è una delle ragioni per cui, ciclicamente, vengono fatte richieste di eliminare i tagli più grandi di banconote, che rendono più semplici questi spostamenti di denaro.
Ma ci sono anche critici, secondo cui la diffusione dei pagamenti elettronici porta dei costi che non sempre vengono valutati adeguatamente. Ad esempio, se vengono ridotti i rischi di essere derubati per strada, aumentano quelli di truffe o furti via internet. I più poveri e gli anziani, che non possono permettersi un conto corrente o i costi supplementari di gestione di carte di credito e debito, rischiano di trovarsi esclusi e impossibilitati a pagare in molte circostanze. Infine, la diffusione di pagamenti elettronici rende inevitabile un maggior controllo dei governi non solo sulle nostre spese ma, tramite queste, su tutte le nostra attività quotidiane, a discapito della privacy.
Pochi giorni fa il New York Times ha pubblicato un articolo sul tema in cui racconta i progressi compiuti da alcuni paesi in questo percorso. Il Kenya, ad esempio, è un paese dove i pagamenti elettronici sono sorprendentemente diffusi. Il 69 per cento dei suoi abitanti li ha usati per fare almeno un acquisto nell’ultimo anno: una percentuale altissima per un paese in via di sviluppo. La maggior parte del merito è di Safaricom, il principale operatore telefonico locale, che nel 2007 ha introdotto M-Pesa, un sistema che permette anche a chi non possiede un conto corrente bancario di inviare denaro elettronicamente. Secondo il New York Times, più che il dibattito tra economisti sui pro e sui contro della moneta elettronica, saranno trovate come quelle di Safaricom a determinare con quanta rapidità questi pagamenti continueranno o rallenteranno la loro diffusione.
In India invece le cose non stanno andando altrettanto bene, da questo punto di vista. Un anno fa, il governo ha improvvisamente ritirato dalla circolazione le banconote da 500 e mille rupie, che insieme costituivano l’86 per cento del valore della moneta circolante. È stata una mossa in parte dettata dal solito motivo: ridurre corruzione e traffici illeciti, ma secondo il presidente Narendra Modi aveva anche lo scopo di incentivare l’uso della moneta elettronica e spingere il paese su un percorso di modernizzazione che molti altri paesi in via di sviluppo avevao già intrapreso. Al momento della decisione, infatti, solo il 22 per cento degli indiani utilizzava pagamenti con carte o via telefono. La situazione non sembra essere migliorata e gli ultimi dati indicano che gli indiani sono ancora molto affezionati alla moneta contante.
L’Italia in questa classifica è messa ovviamente meglio dei paesi in via di sviluppo, ma rispetto agli altri paesi ricchi è piuttosto indietro. Soltanto il 52 per cento degli italiani sopra i 15 anni ha fatto pagamenti con una carta di debito nel corso del 2014, contro una media OCSE del 65 per cento. È un fenomeno noto e peculiare dell’Italia, da tempo studiato dagli economisti. Secondo la Banca d’Italia ci sono diverse cause che possono spiegarlo. C’entra per esempio l’elevata età media della popolazione, la presenza di una significativa economia sommersa e la diffusione capillare degli sportelli da cui è possibile prelevare denaro. Banca d’Italia cita anche la concentrazione del reddito, particolarmente elevata in Italia e che, secondo il loro studio, è spesso, ma non sempre, correlata a un elevato uso del contante. Ma il fattore più importante rimane la scarsa quantità di investimenti in innovazione portati avanti sia dalle banche che dalle imprese commerciali.