Che vita che ha avuto, Indira Gandhi
Fu la prima prima ministra dell'India, e influì sulla politica del suo paese per quasi quarant'anni: era nata oggi cento anni fa
Indira Gandhi è stata la prima, e per ora unica, prima ministra dell’India. E la seconda prima ministra della storia. Era l’unica figlia di Jawaharlal Nehru, primo primo ministro dell’India, e nipote di Motilal, uno dei primi indipendentisti indiani. Non era in nessun modo imparentata col Mahatma Gandhi, che era però un grande amico del padre. Rajiv Gandhi, uno dei figli di Indira, è stato primo ministro dell’India nella seconda metà degli anni Ottanta. Indira Gandhi fu prima ministra, fatta eccezione per tre anni, dal 1966 fino al giorno della sua morte, il 31 ottobre 1984. Un risultato enorme, per un paese che storicamente ha grossi problemi di violenze e discriminazioni nei confronti delle donne.
Era nata il 19 novembre 1917, cento anni fa, oggi.
Indira Gandhi è nota per le varie politiche, prima conservatrici poi più socialiste, con cui cercò di modernizzare l’India; per la guerra contro il Pakistan da cui nacque il Bangladesh; per un avvicinamento con l’URSS e per la criticata svolta autoritaria della seconda metà degli anni Settanta. Michelguglielmo Torri, professore di Storia e Istituzioni dell’Asia all’Università di Torino, ha raccontato in un programma di Rai Storia a lei dedicato che «Indira era convinta che il destino aveva assegnato a lei il compito di continuare a guidare l’India, ma il problema è che non aveva una chiara ideologia di riferimento, un progetto preciso da mettere in atto. Di conseguenza la convinzione sul ruolo che le era assegnato dalla storia si risolse nel mantenere il potere ad ogni costo: questo spiega i suoi frequenti cambi di strategia politica». Poco dopo la sua morte, il Guardian scrisse: «Suo padre, che era stato vicino al Mahatma Gandhi e aveva guidato il paese per 17 anni, era un filosofo e un pensatore. Lei era invece una donna d’azione, che si basava molto sull’istinto politico, più che sui pensieri profondi».
Indira Gandhi era nata quando l’India faceva ancora parte dell’Impero britannico e Gandhi (l’altro) aveva appena iniziato a farsi conoscere per le sue idee indipendentiste. Nei primi anni di vita, Indira Gandhi vide molto poco suo padre e altri suoi familiari che, perché indipendentisti, finirono anche in carcere. Studiò in Europa, a Oxford (non con grandi risultati) ma se ne andò nei primi anni Quaranta, a causa della Seconda guerra mondiale. In Europa conobbe il giornalista Feroze Gandhi, che nel 1942 divenne poi suo marito: con poca soddisfazione del padre di lei, che sperava in un matrimonio con una persona più importante.
Nel 1947 l’India divenne indipendente e Nehru ne divenne primo ministro. Indira Gandhi diventò la più vicina collaboratrice del padre, accompagnandolo in quasi ogni suo viaggio. Assunse ruoli sempre più importanti prima nel partito e poi nel governo. Nel 1959 fu eletta presidente del Congresso Nazionale Indiano, il partito del padre, e fu ministra dell’Informazione dal 1964 al 1966. Suo marito morì nel 1960 e suo padre nel 1964. Lal Bahadur Shastri, che era stato primo ministro dopo Nehru, morì nel 1966.
Nel 1967 Gandhi vinse le elezioni con il 40 per cento dei voti, promettendo soprattutto una “rivoluzione verde”, un piano per modernizzare l’agricoltura ma, come ha scritto il Guardian, «dopo aver alzato le aspettative con promesse pseudo-radicali, non aveva idea di come mantenerle». Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, Gandhi dovette gestire le divisioni interne al suo partito, spostandosi via via verso idee più socialiste e nel 1971 firmò anche un trattato ventennale di cooperazione e amicizia con l’Unione Sovietica. Sempre nel 1971, l’India appoggiò quello che allora era il Pakistan orientale nella guerra contro il Pakistan occidentale. Il Pakistan orientale, vincendo, divenne il Bangladesh. Nel 1974 l’India arrivò ad avere una bomba atomica. Negli anni Settanta si sviluppò nei suoi confronti una specie di culto della personalità , e lei non fece nulla perché non succedesse. Nacque anche il motto «Indira è l’India e l’India è Indira».
Nella seconda metà degli anni Settanta, Gandhi fu condannata all’interdizione dai pubblici uffici per brogli elettorali e la situazione nel paese si fece sempre più complicata tra scioperi, divisioni interne e una crescente corruzione. Reagì proclamando lo stato d’emergenza, riducendo molti diritti civili e imprigionando decine di migliaia di persone. Nel 1977 tornò indietro da quella che è tuttora considerata una svolta autoritaria, proclamò le elezioni e le perse.
Nel 1980 Indira, che aveva nel frattempo fondato un nuovo partito, si ripresentò alle elezioni e le vinse. Il suo nuovo governo dovette però vedersela con varie tensioni etniche e religiose, in particolare con il movimento estremista Sikh che lottava per l’indipendenza del Punjab indiano. Indira Gandhi rispose con l’uso dell’esercito. Il 31 ottobre 1984 fu uccisa da due sue guardie del corpo sikh, che volevano vendicare il modo in cui aveva represso i movimenti indipendentisti del Punjab.