Che fine ha fatto la legge sul biotestamento
È passata alla Camera ma è ferma da mesi al Senato, e ora rischia di non essere approvata entro la fine della legislatura
In un messaggio inviato al presidente della Pontificia accademia per la vita, monsignor Vincenzo Paglia, papa Francesco ha affrontato ieri i temi del cosiddetto “fine vita”: ha spiegato che è lecito arrivare a «una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all’accanimento terapeutico». L’accanimento terapeutico fa riferimento all’uso sproporzionato di farmaci e tecnologie che permettono di prolungare la vita anche quando non c’è alcuna prospettiva di guarigione. La rinuncia lascia semplicemente che la malattia faccia il suo corso. Il papa non ha parlato di eutanasia, quindi di interruzione volontaria della vita, ma ha riconosciuto comunque che nella pratica clinica, con i pazienti che non si mantengono in vita autonomamente, le cose sono complicate e che le valutazioni devono essere fatte caso per caso. Le sue parole hanno ridato forza a un dibattito che in Italia si fa da anni, ma che finora non ha portato a nulla.
Il Parlamento italiano ha fallito sistematicamente nel produrre una legge che regolamenti il fine vita in modo chiaro e che dia gli strumenti a pazienti, medici e famiglie per affrontarlo. L’ultima proposta di legge sul biotestamento (ma non sul suicidio assistito) è ferma in Senato da circa sette mesi e nonostante i numerosi appelli non sembrano esserci molte possibilità che possa diventare legge entro la fine della legislatura, ormai imminente.
La legge è stata approvata dalla Camera lo scorso 20 aprile e permette – entro alcuni limiti – di esprimere in anticipo quali trattamenti medici ricevere nel caso di gravi malattie. In particolare, consente a qualsiasi maggiorenne la possibilità di rinunciare ad alcune terapie mediche, in particolare alla nutrizione e all’idratazione artificiale. Questa interruzione può essere ottenuta anche con le cosiddette “disposizioni anticipate di trattamento” (DAT), un documento nel quale si può indicare a quali terapie si vuole rinunciare e a quali condizioni, nel caso in cui a un certo punto si sia impossibilitati a esprimere la propria preferenza. Il paziente può anche chiedere di essere sedato in maniera continua e profonda, in modo da poter morire senza soffrire, in una sorta di coma indotto. Di fatto il diritto all’interruzione delle terapie, comprese nutrizione e idratazione artificiale, era già stato ottenuto per via giurisprudenziale, cioè grazie alle sentenze dei tribunali. Malati come Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro avevano ottenuto l’interruzione dei trattamenti dopo lunghissimi procedimenti legali. La legge, se approvata, introdurrà il diritto all’interruzione delle terapie senza dover passare dai tribunali.
Al Senato la legge è catalogata come atto 2801 ed è tuttora in esame in commissione dove erano stati presentati migliaia di emendamenti. Lo scorso ottobre la presidente della commissione Emilia De Biasi, del PD, per aggirare l’ostruzionismo, si era dimessa da relatrice in modo da accelerare l’arrivo della legge in aula. Secondo i sostenitori della libertà di scelta sul fine vita, la legge arrivata al Senato è sostanzialmente buona, anche se contiene diverse aperture alla possibilità che le volontà del malato non vengano rispettate. Per esempio è permessa ampia libertà per il medico di rifiutarsi di seguire le indicazioni del paziente o quelle contenute nelle DAT, qualora siano state scoperte nuove terapie che potrebbero permettere un miglioramento del paziente di cui lui stesso non era a conoscenza al momento della redazione delle DAT. Ma un medico può rifiutarsi di interrompere nutrizione o idratazione artificiale anche per motivi descritti in maniera molto generica, che sembrano introdurre la possibilità di un’obiezione di coscienza sul fine vita.
La legge è criticata soprattutto dai parlamentari di orientamento cattolico. Fino ad ora è stata sostenuta dal PD insieme alla sinistra (MDP, Sinistra Italiana-Possibile) e dal Movimento 5 Stelle. Sono contrari buona parte del centrodestra (Forza Italia, Lega Nord e Alternativa Popolare), oltre a numerosi parlamentari cattolici. Teoricamente, come scrive Repubblica, i numeri sulla carta ci sono, anche se non sono quelli della maggioranza che sostiene il governo. Alternativa Popolare, come ha spiegato la capogruppo Laura Bianconi, ha al massimo 4 senatori dissidenti su 24: in venti compatti voterebbero contro il biotestamento così com’è. Se la proposta fosse approvata ma con qualche modifica, dovrebbe ritornare alla Camera ed essere nuovamente approvata. I tempi tecnici per un’unica approvazione sembrano complicati e lo sono ancor di più quelli di un doppio passaggio parlamentare.