È vero che nel campionato italiano ci sono troppi stranieri?
E che la Nazionale va male per questo motivo? I dati dicono di no e anzi, forse è vero il contrario
La mancata qualificazione ai Mondiali della nazionale maschile italiana di calcio ha spinto a molte affrettate analisi sulla “fine del calcio italiano”, una questione che è stata subito posta a Gianluigi Buffon ancora in lacrime al termine della partita contro la Svezia. Tra le prime analisi che sono state fatte – anche dal leader della Lega Nord Matteo Salvini e da Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia – c’è stata quella secondo cui i problemi del calcio italiano si debbano al troppo alto numero di stranieri che giocano in Serie A, che con la loro presenza toglierebbero spazio ai giovani giocatori italiani.
Troppi stranieri in campo, dalle giovanili alla Serie A, e questo è il risultato.#STOPINVASIONE e più spazio ai ragazzi italiani, anche sui campi di calcio.#italiasvezia
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) November 13, 2017
È un’analisi “da bar”, superficialmente convincente: se ci sono tanti stranieri nel campionato italiano di calcio, meno calciatori italiani avranno la possibilità di giocare ad alti livelli e meno ancora diventeranno abbastanza forti per giocare in Nazionale. Il suo limite, come accade spesso con le analisi che individuano una sola grande causa per un problema complesso, è che probabilmente non tiene in considerazione tantissime altre possibili concause dello stesso problema. Se si confronta il numero degli stranieri nel campionato italiano con quello di altri campionati, infatti, si capisce che non è sufficiente a spiegare il buon o cattivo andamento della corrispondente nazionale: anzi, i dati sembrano suggerire il contrario.
Secondo i dati di Transfermarkt, un grande e affidabile database sul calcio, i calciatori stranieri nel campionato italiano sono il 53,3 per cento del totale, mentre nel campionato tedesco sono il 52,7 per cento del totale. Se fosse vero che troppi calciatori stranieri in un campionato abbassano il livello della nazionale, la squadra della Germania dovrebbe trovarsi in un periodo di crisi come quella italiana: la nazionale di calcio tedesca però è fortissima, è campione del mondo in carica ed è stabilmente in testa al ranking FIFA delle nazionali più forti del mondo. Al terzo posto di quella classifica – in cui l’Italia è al 15esimo posto – c’è invece il Portogallo campione d’Europa in carica e già qualificato ai Mondiali: nel campionato portoghese, la Primeira Liga, i calciatori stranieri sono il 57,6 per cento del totale, più che in Serie A.
Altri esempi: in Spagna i calciatori stranieri sono il 42,8 per cento del totale (meno di quelli in Italia ma non radicalmente meno) e la nazionale spagnola è stata una delle più forti e vincenti degli ultimi quindici anni; in Francia gli stranieri nel campionato di calcio sono il 49,7 per cento e la nazionale è all’ottavo posto del ranking FIFA, e andrà ai Mondiali; in Inghilterra gli stranieri sono addirittura il 67,2 per cento e la nazionale – seppur storicamente non fortissima – si è qualificata facilmente ai Mondiali ed è davanti all’Italia nel ranking FIFA; in Olanda gli stranieri sono intorno al 40 per cento del totale (un numero simile a quello del campionato spagnolo) e la nazionale non si è però qualificata ai Mondiali.
Se – al contrario – si provano a guardare le nazionali dei campionati con un numero molto più basso di stranieri rispetto a quelli che giocano in Italia, non si trovano esempi di grandissimo successo. Ci sono per esempio pochi stranieri nel campionato ucraino (20 per cento), in quello ceco (27 per cento) e in quello serbo (25 per cento) senza che quelle stesse nazionali siano considerate particolarmente forti (sono tutte sotto l’Italia nel ranking FIFA).
Questo non dovrebbe suggerire che non esista alcun legame tra il numero di stranieri che giocano in un campionato e i risultati della squadra nazionale. I controesempi con i campionati con pochi stranieri, per esempio, potrebbero essere poco significativi perché relativi a paesi meno popolosi e più poveri dell’Italia. Sembra evidente però l’impossibilità di stabilire un rapporto di causalità diretta tra le due cose; e anzi i dati sembrano suggerire che le nazioni che esprimono le nazionali più forti abbiano un consistente numero di calciatori stranieri nel proprio campionato (e spesso anche un significativo numero di calciatori che giocano in un campionato diverso da quello della propria nazione, cosa che in Italia invece è piuttosto rara).