Il libro di Avedon e Baldwin sull’America degli anni Sessanta
La storia dell'importante lavoro sull'identità americana ripubblicato da Taschen e in mostra a New York
Nel 1964 gli statunitensi Richard Avedon e James Baldwin – rispettivamente un importante fotografo e un importante scrittore – pubblicarono Nothing Personal, un libro sull’identità americana uscito in un momento centrale delle lotte per i diritti civili. Taschen ne ha da poco pubblicato una nuova edizione, con fotografie inedite e un’introduzione di Hilton Als, scrittore e Premio Pulitzer per il giornalismo di critica; il 17 novembre sarà inaugurata una mostra con il materiale del libro alla Pace Gallery di New York che durerà fino al 13 gennaio.
Nothing Personal venne pubblicato pochi mesi dopo l’approvazione del Civil Rights Act del 1964, la legge degli Stati Uniti che dichiarò illegali le disparità di registrazione nelle elezioni e la segregazione razziale nelle scuole, e un anno dopo l’assassinio di John Fiztgerald Kennedy. Nel descrivere la società americana mette al centro i diritti civili e la crescita del nazionalismo nero, ma parla anche di altri temi attuali dell’epoca, come il sistema sanitario per la salute mentale, le celebrità di Hollywood e la loro eccessiva mitizzazione. E lo fa con i ritratti in bianco e nero per cui Avedon è diventato celebre e con quattro saggi di Baldwin sulla critica di una “società sconnessa, ingiusta e divisiva“, e quindi in crisi, che a tratti ricorda quella odierna.
Le persone fotografate da Avedon sono icone dei diritti civili, intellettuali, politici, cantanti pop, pazienti di un ospedale psichiatrico ma anche semplici americani, e sono spesso accostati tra loro in modo stridente e provocatorio, come succede con la foto del poeta ebreo Allen Ginsberg vicino a quella del fondatore del Partito Nazista Americano, George Lincoln Rockwell.
Pazienti in un ospedale psichiatrico, febbraio, 1963, Richard Avedon, © The Richard Avedon Foundation
Quando uscì, il libro fu molto criticato, ma è ora riconosciuto come un importante lavoro che rende bene la confusione della società americana di quegli anni. Come ricorda il New York Times, Robert Brustein criticò sulla New York Review of Books la raffinatezza della copertina del libro, disapprovandolo per la sua presunta incoerenza. Brustein scriveva che il libro «voleva essere una spietata accusa dell’America contemporanea, ma le persone che probabilmente compreranno questo libro pomposo sono gli abbonati alle riviste di moda, e i suoi autori moralisti sono pure loro abbastanza alla moda, influenti e chic». Truman Capote intervenì in difesa di Avedon e Baldwin con una lettera pubblicata dalla rivista: «Preferirebbe che fosse stampato su un tovagliolo di carta? […] Brustein accusa Avedon di distorcere la realtà. Ma si può dire che cosa sia la realtà nell’arte? Un artista, per ripetere Picasso, non dipinge quello che vede, ma ciò che pensa di quello che vede. Questo vale per la fotografia, a condizione che il fotografo sia un artista, e Avedon lo è».
Entrambi nati a New York, Avedon e Baldwin si conobbero da studenti alla fine degli anni Trenta, quando frequentavano la scuola superiore DeWitt Clinton, nel Bronx, e lavoravano per la rivista letteraria del liceo, The Magpie.
«Questo libro», spiegava Baldwin negli anni Sessanta, «esamina alcuni fenomeni nazionali e contemporanei nel tentativo di scoprire perché viviamo in questo modo. Siamo afflitti da un’ignoranza sulla nostra natura più grande e più pericolosa della nostra ignoranza sulla vita su Marte».