La nuova grossa manifestazione a Barcellona
Centinaia di migliaia di persone hanno chiesto la liberazione dei leader indipendentisti catalani arrestati, nel frattempo ci si prepara per le elezioni del 21 dicembre
Sabato sera centinaia di migliaia di persone hanno manifestato a Barcellona per protestare contro la detenzione di otto ministri del governo catalano e di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, leader di due grandi e importanti organizzazioni indipendentiste (i cosiddetti “due Jordi”). Secondo la Guardia urbana, la polizia municipale di Barcellona, alla manifestazione hanno partecipato 750mila persone. Al tramonto, come segno di protesta, i manifestanti hanno acceso all’unisono le luci dei loro telefoni. Nell’atto finale, i famigliari dei leader arrestati hanno letto delle brevi lettere scritte dalla prigione e poi sono stati trasmessi dei messaggi girati dagli ex membri del governo catalano che si trovano a Bruxelles, in Belgio.
Gli ex membri del governo catalano si trovano in carcere dallo scorso 2 novembre, accusati di sedizione e ribellione, tra le altre cose: la giudice che ha assunto il loro caso, dell’Audiencia Nacional di Madrid, ha ritenuto che ci fosse pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove, e per questo ha ordinato la carcerazione preventiva. Le accuse si riferiscono alla dichiarazione di indipendenza che è stata sottoposta e votata dal Parlamento lo scorso 27 ottobre. Non tutti gli ex membri del governo catalano sono in prigione: l’ex presidente Carles Puigdemont e altri quattro ex ministri si trovano a Bruxelles, dove hanno avviato le procedure per fare ricorso alla richiesta di estradizione già fatta dalla procura generale spagnola a quella belga. Puigdemont e gli altri ex ministri erano partiti per il Belgio prima di essere convocati formalmente in tribunale: Puigdemont ha ripetuto in diverse interviste che la sua intenzione non era quella di scappare dalla giustizia spagnola, ma di cercare la «vera giustizia» nei tribunali del Belgio (ha quindi accusato la giustizia spagnola di non essere imparziale).
La manifestazione che si è tenuta ieri a Barcellona, hanno scritto diversi osservatori, ha in parte ricompattato il fronte indipendentista, che aveva cominciato a sfaldarsi dopo la dichiarazione d’indipendenza e la conseguente applicazione dell’articolo 155 della Costituzione da parte del governo spagnolo. Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre era diventato sempre più chiaro che i partiti indipendentisti della maggioranza parlamentare catalana – PDeCAT (il partito di Puigdemont, di centrodestra), ERC (il partito del vicepresidente Oriol Junqueras, di sinistra) e CUP (partito di sinistra radicale che ha appoggiato il governo Puigdemont senza farne parte) – non erano preparati per costruire una Repubblica indipendente, a differenza di quello che avevano sostenuto per mesi. La delusione e l’incertezza che ne erano conseguite sembravano avere contribuito a indebolire il fronte indipendentista. Come ha dimostrato anche la manifestazione di ieri, gli arresti dei due Jordi e soprattutto degli ex membri del governo catalano sembrano avere avuto l’effetto di ricompattare queste forze politiche.
Intanto ieri, a parte la manifestazione, a Barcellona si è parlato di un altro episodio molto criticato e discusso. Ada Colau, sindaca di Barcellona (esponente della piattaforma Barcelona en Comú, legata a Podemos), ha tenuto un discorso durante il quale ha detto di volere la liberazione dei leader indipendentisti non solo perché non è giusto che siano in carcere, ma anche perché così potranno «metterci la faccia e si potrà chiedere loro di dare le spiegazioni che si meritano i catalani e le catalane». La frase è stata molto criticata dagli indipendentisti. Qualche ora dopo Colau – che da tempo è accusata di essere troppo ambigua sul tema dell’indipendenza della Catalogna – è stata criticata anche dagli anti-indipendentisti, dopo che il suo partito – a seguito di una votazione a cui hanno partecipato gli iscritti – ha annunciato la rottura del patto di governo a Barcellona con il Partito Socialista catalano (PSC), forza anti-indipendentista che ha appoggiato il governo spagnolo nell’applicazione dell’articolo 155.
"Volem que els presos surtin, perquè també volem que donin explicacions a la ciutadania" @AdaColau #UnNouCami21D pic.twitter.com/EapqvNrffP
— Barcelona En Comú (@bcnencomu) November 11, 2017
Il 21 dicembre in Catalogna si terranno le elezioni convocate eccezionalmente dal governo spagnolo, una misura presa dal primo ministro Mariano Rajoy nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione. È difficile dire cosa succederà. I sondaggi fatti finora mostrano un generale equilibrio tra forze indipendentiste e forze cosiddette “unioniste”. In questi giorni si risolveranno molti dubbi sulle modalità con cui le forze indipendentiste si presenteranno alle elezioni. Puigdemont e molti altri vorrebbero una grande “lista di paese” che chieda la liberazione dei leader incarcerati, la fine dell’applicazione dell’articolo 155 e la restaurazione dell’autonomia catalana. ERC, che dai sondaggi risulta essere chiaramente il partito più votato in Catalogna, ha già detto però che vuole presentarsi da solo, e che le alleanze verranno fatte dopo le elezioni. La CUP deciderà questa sera se e come partecipare alle elezioni del 21 dicembre.