Qualche numero sulle armi negli Stati Uniti
Sempre meno persone hanno sempre più armi, e anche per questo ci sono stragi sempre più sanguinose, fa notare il New York Times
In questi anni molti sociologi e analisti si sono chiesti come mai negli Stati Uniti avvengano così tante sparatorie di massa, e per quale motivo stiano diventando sempre più gravi, detto che la diffusione delle armi in America non è un fatto nuovo. Nel 2016 ci sono state 477 sparatorie di massa, più di una al giorno. Fra le cinque sparatorie di massa più gravi nella storia del paese, quattro sono avvenute dal 2012 a oggi. I tentativi di spiegare questo fenomeno hanno tirato in ballo la diffusione delle malattie mentali, la violenza associata alle discriminazioni etniche e persino la popolarità dei videogiochi. Queste condizioni hanno certamente un peso – la discriminazione razziale più dei videogiochi – ma sono valide anche per paesi in cui le sparatorie di massa sono rarissime. Il dato con la correlazione più significativa sembra un altro, per niente sorprendente: il numero di armi che circolano negli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti ci sono circa 270 milioni di armi, il 42 per cento di quelle che attualmente esistono nel mondo (nonostante gli americani rappresentino il 4,4 per cento della popolazione mondiale). Nessun altro paese ne ha più di 46 milioni. Fra il 1966 e il 2012, gli Stati Uniti hanno avuto 90 sparatorie di massa con più di quattro persone uccise. Le Filippine, il paese secondo in questa classifica, ne ha avute 18. I dati sono tratti da uno studio del 2015 del criminologo Adam Lankford, e sono stati messi su un grafico dal New York Times.
Lankford ha scoperto che la correlazione fra il possesso di armi e le sparatorie e gli omicidi compiuti con le armi regge anche se si escludono gli Stati Uniti. Nel 2009 il tasso di omicidi compiuto con un’arma da fuoco negli Stati Uniti è stato di 33 su un milione di persone. In Canada, un altro paese dove circola più o meno un’arma ogni tre abitanti, il tasso è stato di 5 su un milione. Nel Regno Unito, dove circolano più o meno 6 armi ogni 100 abitanti, il tasso è stato di 0,7.
Più è facile accedere a un’arma, e più è probabile che venga utilizzata in crimini più comuni di un’omicidio. Nel 1999 gli studiosi dell’università di Berkeley Franklin Zimring e Gordon Hawkins pubblicarono un libro intitolato Crime Is Not the Problem (“non è la criminalità il problema”) in cui dimostrarono che i dati sui crimini più comuni che avvengono negli Stati Uniti erano simili ad altri paesi occidentali. A variare era il numero di morti in seguito a questi crimini: scoprirono per esempio che un abitante di New York aveva la stessa probabilità di essere rapinato di un londinese, ma che era 54 volte più probabile che fosse ucciso durante la rapina. In Giappone, un paese in cui le armi sono quasi inesistenti, hanno avuto un ruolo in soli 13 casi di morte in tutto il 2013. Nello stesso anno, negli Stati Uniti, le armi hanno avuto un ruolo in 21.175 suicidi, 11.208 omicidi e 505 morti accidentali.
Gli Stati Uniti non sono il primo paese ad avere questo problema. Si cita spesso il caso dell’Australia, un altro paese dove le armi erano piuttosto popolari e diffuse. Nel 1996, dopo che una sparatoria di massa uccise 35 persone, vennero approvate leggi durissime sul possesso delle armi. A distanza di anni, gli omicidi e le sparatorie di massa sono nettamente diminuiti.
Da almeno trent’anni, negli Stati Uniti, l’approvazione di leggi più severe sulle armi viene ostacolato dall’influenza della National Rifle Association (NRA), la principale lobby per le armi. Più o meno trent’anni fa, la NRA capì che per sopravvivere in un mondo in cui le armi erano sempre meno diffuse doveva politicizzare la questione: da allora finanzia centinaia di politici locali e nazionali, soprattutto Repubblicani, e conduce spesso campagne di comunicazione sul controllo delle armi con toni anche molto aggressivi.
La strategia della NRA ha funzionato, e oggi esiste un consistente blocco di elettori contrari a maggiori controlli: anche minimi, perché temono possano portare a restrizioni più grandi. Molti di loro sono politicamente attivi: statisticamente si rivolgono ai loro rappresentanti al Congresso il doppio rispetto agli americani che vorrebbero più controlli sulle armi, e sono circa cinque volte più disposti a finanziare i candidati che appoggiano le loro posizioni. La loro opinione conta tanto al Congresso perché ci tengono più degli altri, in sostanza; chi vuole introdurre maggiori controlli si dà da fare molto meno.
La politicizzazione delle armi ha avuto anche un’altra conseguenza, ben visibile da due grafici messi insieme da NPR: nonostante il numero di armi da fuoco prodotte negli Stati Uniti sia praticamente raddoppiato dal 2010 al 2013, il numero di famiglie che possiedono un’arma da fuoco sta progressivamente diminuendo. A metà degli anni Settanta erano il 50 per cento del totale, oggi sono “solo” il 31 per cento. Significa una cosa molto più semplice: le persone che possiedono armi da fuoco sono di meno ma sono molto più armate – e quindi pericolose – di prima.