Perché tra i 26 morti della strage in Texas è stato contato anche un feto di otto mesi
Una legge approvata dal Texas nel 2004 dice che va considerata persona anche un feto "dalla fecondazione fino alla nascita"
Tra le 26 persone morte nella strage di domenica nella chiesa in Texas è stato contato anche un feto di 8 mesi che si trovava nell’utero di Crystal Holcombe, anche lei uccisa da Devin Kelley nella sparatoria. L’inclusione del feto tra le vittime di una strage non è una cosa a cui siamo abituati: in Texas, come in altri 37 stati negli Stati Uniti, è però prevista dalla legge.
Domenica mattina, intorno alle 11 ora locale, il 26enne Devin Kelley – che aveva già una precedente condanna per violenza domestica ed era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico – è entrato nella chiesa battista di Sutherland Springs poco dopo l’inizio della messa. Ha sparato con un fucile automatico in modo metodico, mentre camminava lungo il corridoio della chiesa, riuscendo a colpire quasi tutte le persone presenti. Ventidue persone – ventitré se si considera anche il feto – sono morte all’interno della chiesa, tre sono morte fuori dalla chiesa, una è morta in ospedale. Altre venti persone sono state ferite ma sono sopravvissute.
Crystal Holcombe si trovava in chiesa con la sua famiglia ed è stata uccisa insieme a due dei suoi quattro figli; più uno, che portava in grembo e non era ancora nato. Holcombe era all’ottavo mese di gravidanza. Per via di una legge approvata nel 2004 dal Congresso statale del Texas, anche il feto è stato messo nella lista dei morti nella strage. La legge era rimasta ferma per diversi anni alla Camera statale, ma fu approvata più rapidamente dopo l’uccisione in California di una donna all’ottavo mese di gravidanza, di cui si parlò molto.
Leggi come quella approvata in Texas sono promosse e molto sostenute dalle associazioni anti-abortiste, che sostengono che un feto debba avere gli stessi diritti di una persona già nata. Le associazioni per i diritti delle donne e a favore dell’aborto, invece, si oppongono generalmente a norme di questo tipo, che temono possano essere usate per limitare i loro diritti. Generalmente – scrive il New York Times – la loro posizione varia a seconda del testo di legge, che può essere scritto in modo più o meno ambiguo.
La NARAL, un’associazione per il diritto all’aborto, ha per esempio detto di essere a favore di leggi che prevedano aggravanti in caso di reati contro donne incinte, ma di essere contraria a leggi che portino a definire il feto una “persona”. La legge del Texas dice che per “persona” si intende anche “un bambino non nato a ogni stadio della gestazione dalla fecondazione fino alla nascita”.
Secondo alcuni esperti di diritto, queste leggi non rischiano davvero di incidere sul diritto all’aborto, che è stato stabilito da una decisione della Corte Suprema, e alcuni degli altri 37 stati che ne hanno approvate di simili hanno specificato che non riguardano i casi di aborto. Carol Sanger, professoressa di diritto alla Columbia Law School, ha tuttavia detto al New York Times che l’idea che i feti debbano essere considerati persone si sta facendo largo in diversi contesti ufficiali. Per esempio, il memoriale dell’11 settembre a New York include la frase “e i bambini mai nati” dopo l’elenco delle dieci donne incinte morte nell’attentato.
Nel caso della strage nella chiesa, la legge verrà usata solo per definire il numero ufficiale delle vittime ma non verrà applicata all’assalitore, che si è ucciso dopo una breve fuga.