La vita notturna salvò i mammiferi dai dinosauri
I nostri lontanissimi antenati si fecero coraggio per vivere di giorno solo 200mila anni dopo l'estinzione di massa dei dinosauri (come dargli torto)
I mammiferi iniziarono a uscire allo scoperto di giorno – diventando animali diurni – circa 200mila anni dopo l’evento che determinò l’estinzione dei dinosauri, che per quasi 40 milioni di anni dominarono il nostro pianeta senza lasciare spazio a molti concorrenti. O almeno questa è la conclusione di un nuovo studio comparativo realizzato da Roi Maor (Università di Tel Aviv, Israele) e colleghi, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Ecology & Evolution, molto commentato negli ultimi giorni da paleontologi ed evoluzionisti. La ricerca conferma alcune teorie su come i mammiferi iniziarono a cambiare abitudini e a popolare il nostro pianeta dopo i dinosauri, evolvendosi in una miriade di specie fino alla nostra.
Da tempo i paleontologi si chiedono come i mammiferi comparvero sulla Terra e come fecero a sopravvivere durante il periodo in cui c’erano i dinosauri. Nel 1942 fu formulata l’ipotesi del “collo di bottiglia notturno”, destinata a diventare molto condivisa e dibattuta nei decenni successivi. L’ipotesi dice che i mammiferi sarebbero potuti sopravvivere in un mondo dominato dai dinosauri solo mantenendo abitudini notturne, in modo da incrociare più di rado i loro predatori. Questa ipotesi, ritenuta piuttosto convincente, ha contribuito a rafforzare le teorie secondo cui i primi antenati di tutti i mammiferi fossero animali notturni. Ora la ricerca comparativa di Maor e colleghi offre nuovi elementi per confermarla e dà un quadro temporale piuttosto preciso su quando i mammiferi poterono infine venire allo scoperto, sperimentando una nuova vita diurna che avrebbe poi contribuito alla loro differenziazione.
Secondo i calcoli di Maor, i primi mammiferi attivi sia di giorno sia di notte comparvero quasi 66 milioni di anni fa, 200mila anni circa dopo l’estinzione di massa dei dinosauri. Come ha spiegato al New York Times, in termini prettamente evolutivi 200mila anni non sono praticamente nulla, un cambiamento “immediato”. I primi mammiferi esploratori della Terra di giorno furono probabilmente gli antenati degli ungulati dei giorni nostri, come i bovini, i lama e gli ippopotami. I mammiferi attivi quasi esclusivamente di giorno comparvero invece più tardi, circa 52,4 milioni di anni fa, quindi a 13 milioni di anni dalla fine dei dinosauri. Questo gruppo di animali ci interessa direttamente, perché comprendeva le prime scimmie e scimpanzé, che in decine di milioni di anni si sarebbero poi differenziati nei gorilla, nei gibboni e negli esseri umani dei giorni nostri.
Lo studio di Maor è comparativo, mette cioè a confronto conoscenze e caratteristiche sui mammiferi che oggi popolano il pianeta e sui loro antenati. Con i suoi colleghi, il ricercatore ha messo insieme le informazioni sul comportamento di 2.415 mammiferi, differenziandole in tre gruppi principali: notturne, diurne e catemerali (attive sia di giorno che di notte, di solito con intervalli irregolari). I dati sono stati inseriti in un software e ogni specie è stata messa in correlazione con le altre, basandosi sul percorso evolutivo e sulla presenza di antenati comuni. Un algoritmo ha poi calcolato su base statistica il probabile comportamento dei primi mammiferi vissuti sulla Terra, fino a 166 milioni di anni fa durante il Mesozoico. Il sistema ha permesso di coprire il 91 per cento di tutte le famiglie di mammiferi conosciute (in biologia, una famiglia è uno dei livelli di classificazione degli organismi, viene dopo l’ordine e prima del genere, che a sua volta è seguito dalla specie).
La ricerca è una delle più ampie mai realizzate finora sulle abitudini dei nostri antenati e sembra confermare l’ipotesi del collo di bottiglia notturno, che rallentò la presenza dei mammiferi sul pianeta fintanto che erano presenti i dinosauri. Come nel caso di molti studi comparativi in biologia, i risultati devono essere comunque presi con cautela, perché sono basati sulle linee evolutive di animali viventi e che non si sono estinti. L’impossibilità di conoscere le abitudini di specie che non esistono più e delle quali non abbiamo traccia probabilmente ha condizionato alcuni elementi della ricerca.