Bill de Blasio ha messo d’accordo quasi tutti
Come ha fatto il sindaco di New York, eletto tra molto scetticismo quattro anni fa, ad arrivare senza rivali alle nuove elezioni di oggi
Quattro anni fa Bill de Blasio era un candidato sindaco di New York con poche speranze di essere eletto. Non aveva mai fatto politica ad alto livello, era considerato più di sinistra di quanto fosse politicamente conveniente, poco carismatico e un po’ goffo. Quattro anni dopo si vota di nuovo a New York, de Blasio è praticamente sicuro della rielezione. Cos’è successo in questi quattro anni? Un po’ di tutto, ha raccontato il New York Times in un lungo articolo.
De Blasio, che ha 56 anni, vinse nel 2013 soprattutto grazie all’implosione dei due candidati più quotati di lui alle primarie del Partito Democratico. L’ex deputato Anthony Weiner fu coinvolto nell’ennesimo scandalo sessuale della sua carriera, mentre la presidente del consiglio comunale Christine Quinn fece una campagna elettorale deludente, poco all’altezza delle sue ambizioni. Altri candidati minori e dal profilo simile a quello di Quinn le sottrassero voti. De Blasio vinse le primarie ottenendo il 40 per cento dei voti. A quel punto fu praticamente certo di diventare sindaco di New York, città che negli ultimi anni è diventata una roccaforte dei Democratici. De Blasio vinse le elezioni staccando di circa 50 punti il candidato Repubblicano, Joe Lhota.
Il mandato di de Blasio era iniziato con qualche difficoltà. Nel 2014 i poliziotti di New York lo criticarono platealmente – dandogli le spalle in diverse occasioni pubbliche – perché dopo l’omicidio di Eric Garner, un uomo nero ucciso dalla polizia durante un arresto, de Blasio aveva detto di aver consigliato a suo figlio Dante, che è nero, di «stare molto attento durante ogni suo contatto con la polizia». Si parlò molto anche del suo cattivo rapporto con il governatore Andrew Cuomo – Democratico anche lui, e molto ambizioso – e della sua abitudine di fare pisolini in orario di lavoro e del fatto che raramente fosse puntuale a incontri ed eventi pubblici. Più tardi si iniziò a parlare di un’inchiesta federale sui metodi di raccolta fondi del suo comitato elettorale, giudicati parecchio spregiudicati.
Nonostante tutto de Blasio è riuscito a costruire un consenso personale praticamente impossibile da pareggiare, tanto che nei mesi scorsi nessun importante politico Democratico si è fatto avanti per sfidarlo alle primarie. La situazione era talmente bloccata che Bradley Tusk, imprenditore ed ex capo dello staff del sindaco Michael Bloomberg, un anno fa promise una montagna di soldi a qualsiasi dirigente di primo piano del partito che avesse sfidato de Blasio. Nessuno dei nomi che girava si è fatto avanti, e de Blasio ha vinto le primarie del Partito Democratico praticamente senza sfidanti. Le ragioni sono più di una.
Per prima cosa, nota il New York Times, de Blasio ha mantenuto diverse promesse fatte in campagna elettorale: «l’economia della città si è ripresa, e il tasso di criminalità è diminuito. De Blasio ha mantenuto la parola su due dei principali punti della sua campagna: l’asilo nido pubblico per 70mila bambini, e la fine dello stop-and-frisk [uno strumento di controllo adottato dalla polizia che colpiva soprattutto gli afroamericani, ndr]. In aggiunta, si stanno costruendo diverse case popolari e i residenti che subiranno uno sfratto saranno presto assistiti da avvocati forniti dalla città».
La polemica più insidiosa nella quale si è trovato coinvolto, quella con la polizia, non riguardava il suo elettorato più importante, cioè le minoranze etniche (che a New York hanno superato i bianchi da quasi dieci anni). La polizia di New York rimane popolare quasi solo fra i bianchi, e averli contro forse per un sindaco come de Blasio (bianco votato soprattutto dai non bianchi) è stato persino politicamente conveniente. Il tasso di popolarità di de Blasio nell’elettorato afroamericano è sempre stato molto alto, intorno al 75 per cento.
Il sindaco di New York, inoltre, è stato abile a lavorare con grande anticipo alla sua rielezione. A novembre del 2016, praticamente un anno fa, De Blasio si è assicurato il sostegno di due sindacati che non lo avevano appoggiato nel 2013. Secondo un calcolo del New York Times, tra giugno 2016 e maggio 2017 de Blasio ha destinato circa 240 ore a quelli che il suo staff definisce “impegni telefonici”, cioè in molti casi conversazioni con i propri sostenitori e finanziatori. A gennaio di quest’anno, otto mesi prima delle primarie e dieci mesi prima delle elezioni, de Blasio aveva già raccolto 2,2 milioni di dollari, una cifra molto significativa per una campagna locale.
Sia per la sua popolarità sia per il suo impegno nel trovare finanziatori, sfidare de Blasio alle primarie sarebbe stato complicato per chiunque. Altri fattori hanno fatto il resto. Scott Stringer, ex presidente del municipio di Manhattan e attuale procuratore finanziario della città, era considerato un buon candidato ma nel 2016 era arrivato appena a metà del suo mandato. Hakeem Jeffries, rispettato deputato afroamericano, è ancora piuttosto giovane e può ambire ad altre cariche. Anche l’indagine federale nei confronti di de Blasio, che si è chiusa senza conseguenze nel marzo di quest’anno, lo ha paradossalmente avvantaggiato: i suoi potenziali avversari sono rimasti in attesa di una incriminazione che non è mai arrivata, perdendo tempo e terreno prezioso nei suoi confronti. Risultato: alle primarie di settembre de Blasio ha vinto col 74 per cento dei voti, quasi il doppio di quelli che prese nel 2013.
Per quanto riguarda le elezioni vere e proprie, i sondaggi danno De Blasio avanti di 40 punti rispetto alla candidata Repubblicana Nicole Malliotakis, una giovane deputata statale con scarsa esperienza politica. I risultati definitivi arriveranno nelle prime ore di mercoledì.