Le accuse per la ressa di Piazza San Carlo
La Stampa riassume le ragioni per cui la sindaca di Torino e altre 19 persone sono indagate per disastro colposo
La sindaca di Torino Chiara Appendino e il questore Angelo Sanna sono indagati per la ressa di piazza San Carlo dello scorso 3 giugno. Gli avvisi di garanzia sono stati inviati anche all’ex capo di gabinetto della sindaca, Paolo Giordana (che si è dimesso il 28 ottobre scorso) e ad alcuni dirigenti e funzionari del comune. La ressa del 3 giugno, avvenuta durante la proiezione della finale di Champions League, era stata causata da un falso allarme. Una donna, Erika Pioletti, era morta per le gravi ferite riportate nella calca; più di 1.500 persone erano rimaste ferite a causa dei vetri delle bottiglie rotte sparsi per la piazza. La Stampa oggi riassume così le ragioni dell’accusa.
Si parte dal 26 maggio: il Comune decide di allestire per il 3 giugno il maxischermo in piazza San Carlo. La sindaca Appendino, che all’epoca ha la delega agli eventi, incarica il suo ufficio di gabinetto il quale, a sua volta, si affida a Turismo Torino, l’agenzia di promozione della Città. Ci sono appena quattro giorni lavorativi a disposizione, un tempo inadeguato. Per la procura è la Città l’«effettiva organizzatrice e responsabile della manifestazione», seguita dai funzionari del gabinetto del sindaco. E, di conseguenza, Appendino avrebbe dovuto «sovrintendere al corretto funzionamento dei servizi e degli uffici e alla corretta esecuzione degli atti».
Lo stesso avrebbe dovuto fare il capo di gabinetto Paolo Giordana, dimessosi dieci giorni fa. Accade l’esatto contrario: Giordana incarica Turismo Torino convocando al telefono il suo presidente, Maurizio Montagnese (tra gli indagati), e di fatto gli «impone» di organizzare la serata «con modalità irrituale, inconsueta, anomala e al di fuori delle procedure». Agli atti amministrativi e burocratici provvedono poi il direttore del gabinetto della sindaca Paolo Lubbia e una funzionaria. Che non relazionano più Appendino su quel che avviene.