Se desiderate qualcosa di Burberry, è merito di questo stilista
Come Christopher Bailey – che ora lascia dopo 17 anni – ha trasformato un marchio decaduto di impermeabili in un'azienda di lusso
Oggi Burberry è un’azienda di lusso simbolo dell’eleganza e del fascino britannico: quindi è difficile ricordare quando il suo tartan – la sua riconoscibile fantasia a scacchi – era stampato su berretti di scarsa qualità e borse plastificate e contraffatte, su tovagliette americane, ombrelli e scatole di latta per biscotti. La fantasia di Burberry si trovava ovunque ed era associata agli oggetti più banali e quotidiani, indossata da chi voleva ostentare gusto e benessere e disdegnata da chi li aveva veramente. Christopher Bailey è la persona che ha reso Burberry di nuovo desiderabile e che ora, dopo 17 anni, ha deciso di andarsene: dal 31 marzo 2018 non sarà più direttore creativo, presidente e amministratore delegato del marchio.
Bailey lavora come stilista da Burberry dal 2001, e dal 2009 è il direttore creativo dell’azienda, responsabile di tutte le sue collezioni, dell’immagine complessiva, delle sue strategie di comunicazione e della riorganizzazione dei suoi negozi. Negli ultimi due anni ha assunto anche la carica di presidente e di amministratore delegato, occupandosi degli aspetti finanziari ed economici, nonostante le critiche di trascurare così il lavoro creativo. In effetti l’accumulo di cariche ha rallentato la crescita di Burberry e da luglio Bailey era stato sostituito da un nuovo amministratore delegato, l’italiano Marco Gobbetti, che dal 2008 aveva guidato la rinascita dell’azienda di moda Céline. Bailey resterà presidente e direttore creativo di Burberry fino al 31 marzo 2018; l’ultima collezione che disegnerà sarà quella per la primavera/estate 2018 che sfilerà alla settimana della moda di Londra il prossimo febbraio. Non è ancora chiaro cosa farà poi, anche se ha detto di volersi occupare di «nuovi obiettivi creativi». La notizia ha provocato un calo delle azioni di Burberry del 2 per cento, altro indice di quanto il marchio sia legato al suo nome.
Burberry non ha ancora detto chi prenderà il suo posto – probabilmente Gobbetti lo annuncerà il 9 novembre insieme ai risultati economici degli ultimi mesi – ma secondo molti analisti potrebbe essere la stilista Phoebe Philo, che ha lavorato con Gobbetti a Céline: Philo ne è ancora la direttrice creativa ma qualche settimana fa la rivista di moda Business of Fashion aveva scritto che il gruppo LVMH, che controlla Céline, stava cercando di sostituirla. Tra gli altri possibili candidati ci sono Sarah Burton, ora da Alexander McQueen, e Clare Waight Keller da poco arrivata da Givenchy. Oppure Burberry potrebbe fare come Gucci, che scelse un successore interno quando affidò la direzione del marchio ad Alessandro Michele, considerato tra gli stilisti di maggior successo del momento.
Bailey – che è inglese, ha 46 anni e vive a Londra con il marito, l’attore Simon Woods, e le loro due figlie – venne chiamato da Burberry nel 2001 dall’imprenditrice americana Rose Marie Bravo. Lui aveva lavorato come stilista per la collezione femminile di Donna Karan e poi per Gucci, lei era stata nominata CEO di Burberry per sollevare l’azienda dalla crisi degli ultimi 50 anni, quand’era ormai conosciuta solo per i trench e il suo passato glorioso. Burberry era infatti una delle più antiche e prestigiose aziende di abbigliamento inglesi: fondata nel 1856 dall’allora 21enne Thomas Burberry, produceva e vendeva soprattutto indumenti per l’attività all’aria aperta. Nel 1879 Burberry inventò il gabardine, un tessuto filato impermeabile e leggero, che fece la fortuna dei trench del marchio, indossati per la loro comodità dai primi aviatori e dagli esploratori dei circoli polari, mentre negli anni Venti fu introdotto il suo caratteristico tartan, una combinazione di color crema, avorio, rosso e nero.
Burberry fornì l’equipaggiamento all’esercito britannico durante la Prima e la Seconda guerra mondiale – il trench si chiama così perché era indossato dai soldati nelle trincee – mentre nel 1942 il suo impermeabile entrò nella cultura popolare dopo che fu indossato da Humphrey Bogart nel film Casablanca. Per tutto questo tempo Burberry rimase proprietà della stessa famiglia e fu venduta soltanto nel 1955 a Great Universal Stores (GUS). Da qual momento iniziò a scivolare in una lenta crisi: negli anni Ottanta era indossato moltissimo dai giovani della classe operaia, e il berretto con stampata la fantasia di Bruberry divenne così popolare tra gli hooligans che alcuni pub e locali non facevano entrare i ragazzi che li indossavano. Burberry doveva decidere se sfruttare questa pubblicità involontaria o discostarsene per ribadire un’identità diversa e reagì sminuendo il fenomeno e dicendo che si trattata perlopiù di accessori e capi contraffatti, da cui l’azienda si discostava. Questa crisi fu fermata solo dall’arrivo di Bravo e Bailey.
Nel 2006 Bravo se ne andò e nominò al suo posto Angela Ahrendts, che Bailey conosceva dai tempi di Donna Karan; per gli otto anni successivi Ahrendts e Bailey hanno lavorato fianco a fianco e trasformato Burberry in un marchio di lusso che vende capi e accessori di tutti i tipi: nel 2011 l’azienda aveva ottenuto ricavi per 1,5 miliardi di sterline, circa 1,68 miliardi di euro, il 27 per cento in più dell’anno prima; il tasso di crescita delle entrate era il doppio di quello del gruppo del lusso francese LVMH, uno dei più grossi al mondo. L’apice del successo per Bailey arrivò nel 2009, quando venne nominato stilista britannico dell’anno e fu insignito dell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero britannico.
Questa rinascita è avvenuta grazie alle novità introdotte da Ahrendts e Bailey. Per prima cosa hanno limitato l’uso del tartan ad alcuni capi e dettagli, rendendolo più esclusivo e raffinato e contrastando le numerose contraffazioni. Hanno poi trasformato Burberry in una delle aziende più innovative della moda: è tra le prime ad aver puntato sul digitale, sfruttando i social network e creando una comunità online; è stata anche tra le prime a trasmettere in streaming le sfilate e ad adottare la strategia del “see-now, buy-now”, che consente di comprare subito i capi mostrati in passerella senza aspettare che arrivino nei negozi sei mesi dopo. Infine Bailey ha fatto sfilare nuovamente Burberry a Londra e non a Milano, rendendolo uno degli eventi più attesi delle Settimana della moda britannica.
Per finire Burberry ha ampliato l’offerta di capi e prodotti, rinnovato il trench – più femminile ed elegante e con tessuti migliori – e ravvivato l’immagine, invitando le modelle e le attrici del momento alle sfilate e pagandole per indossare gli impermeabili nelle pubblicità e sulle copertine delle riviste: nel 2009 Kate Moss lo portava sulla cover di Vogue britannico, nel 2016 fu la volta di Kate Middleton per l’edizione dei 100 anni della rivista; mentre sulle copertine di Vogue americano lo hanno indossato sia Sienna Miller che Claire Danes. Come scrive Jess Cartner-Morley, Bailey ha cambiato Burberry in termini estetici e finanziari ma soprattutto «l’ha trasformata nel tono», l’ha resa «una versione moderna, romantica, scintillante dell’essere britannici».