126 milioni di utenti su Facebook videro i post degli account russi
I tentativi di condizionare le elezioni statunitensi furono molto più ampi di quanto annunciato finora, dicono le anticipazioni su cosa diranno Facebook, Twitter e Google oggi al Congresso
Oggi i rappresentanti di Facebook, Google e Twitter avranno la loro prima audizione davanti al Congresso degli Stati Uniti per rispondere alle domande sull’utilizzo dei loro servizi, soprattutto pubblicitari, da parte di centinaia di account russi per condizionare la campagna elettorale e le elezioni presidenziali dello scorso anno. La loro testimonianza è molto attesa, soprattutto in seguito alle anticipazioni che hanno fornito nelle settimane scorse sulla portata del fenomeno e sulle loro responsabilità nel non averlo identificato, o per lo meno gestito con più attenzione. Secondo le informazioni raccolte dai media statunitensi, Facebook, Google e Twitter ammetteranno che il tentativo di condizionamento fu molto più ampio e diffuso di quanto finora ipotizzato.
Stando alle fonti consultate da Recode, di solito molto affidabili, almeno 126 milioni di utenti di Facebook negli Stati Uniti videro post e altri contenuti creati da account riconducibili al governo russo, con lo scopo di condizionare il loro orientamento politico e in ultima istanza sfavorire Hillary Clinton rispetto a Donald Trump, che avrebbe poi vinto le elezioni. Il dato è enormemente più grande rispetto ai 10 milioni di utenti segnalati in precedenza da Facebook, che avevano invece visto pubblicità acquistate direttamente da quegli account. Questo significa che buona parte dell’operazione per interferire nella campagna elettorale fu organizzata attraverso i classici strumenti di Facebook – come l’utilizzo di migliaia di account per produrre post e farli circolare il più possibile tramite le condivisioni – senza investire più di tanto su altri strumenti come i post sponsorizzati, che consentono di mettere in evidenza i propri contenuti pagando (i post di questo tipo sono indicati sul social network come “sponsorizzati”). Facebook ha inoltre scoperto almeno 170 account legati alla Russia su Instagram, app di sua proprietà, che in tutto hanno pubblicato almeno 120mila contenuti, a loro volta ricondivisi e visualizzati da milioni di iscritti.
Anche Twitter ha proseguito le proprie indagini interne e ha scoperto più di 2.700 account legati all’Agenzia per la Ricerca su Internet, un’organizzazione nota per essere strettamente legata al governo russo e che si occupa di campagne online di vario tipo, utilizzando centinaia di troll e migliaia di account fasulli, gestiti sia da persone sia da sistemi automatici (“bot”). Inizialmente Twitter aveva detto di avere trovato non più di 200 account riconducibili alla Russia. Il fenomeno è quindi molto più ampio ed è probabile che l’azienda fornisca ulteriori dati, soprattutto sulla portata della loro attività online. La settimana scorsa, probabilmente in vista dell’audizione di oggi, Twitter ha bandito per sempre dalla sua piattaforma pubblicitaria le testate Russia Today e Sputnik, finanziate dal governo russo: potranno continuare a pubblicare tweet dai loro account, ma non potranno più acquistare tweet sponsorizzati.
Google finora non aveva fornito molte informazioni e aveva spiegato di essere al lavoro per ricostruire le attività di account sospetti sul suo sistema per la pubblicità online. In vista dell’audizione, l’azienda ha pubblicato un post sul suo blog dicendo di avere scoperto account che in tutto spesero almeno 4.700 dollari per fare pubblicità durante la campagna elettorale, e parla di loro sospetti legami con la Russia. Google ha anche identificato 18 canali YouTube riconducibili alla propaganda del governo russo, che caricarono in totale 1.108 video visualizzati circa 309mila volte tra giugno 2015 e novembre 2017, ma solo il 3 per cento di questi video aveva più di 3mila visualizzazioni. Gli account sospetti sono stati tutti sospesi così come diversi indirizzi di posta elettronica Gmail, utilizzati per aprire account di vario tipo online e dalle attività sospette. È probabile che nelle prossime settimane siano rivelati ulteriori dettagli, in seguito alle indagini interne ancora in corso.
Da settimane Facebook e le altre aziende dicono di volere affrontare con attenzione il problema, ma al tempo stesso cercano di minimizzarlo dicendo che ha interessato una parte minima dei loro sistemi e dei servizi per fare pubblicità online. Facebook ha ricordato che in media un suo utente vede circa 200 contenuti al giorno nella sua sezione Notizie (“News Feed”) e che quindi quel tipo di post erano controbilanciati dagli altri. I membri del Congresso nelle commissioni che si stanno occupando della vicenda non sono però convinti e hanno dimostrato un grande scetticismo nei confronti delle aziende coinvolte. In molti casi i dubbi sono ben riposti, in altri sono frutto di semplice calcolo politico per dimostrare la propria indipendenza e autonomia da alcune delle aziende più grandi del mondo (il prossimo anno si vota per le elezioni di metà mandato e c’è chi cerca la rielezione).
La prima prova per Facebook, Twitter e Google sarà oggi davanti alla commissione del Congresso che si occupa di crimini e terrorismo; all’audizione non parteciperanno i CEO delle aziende, ma dirigenti che si occupano della sicurezza dei dati e più in generale di consigliare le politiche legali aziendali. Domani le stesse aziende dovranno presentarsi davanti alle commissioni d’intelligence di Camera e Senato. Ai dirigenti sarà chiesto come gestiscono i post ordinari, non quelli sponsorizzati, che sfruttando un certo numero di account possono essere diffusi e resi molto popolari senza spendere denaro e rendendoli soprattutto meno tracciabili. Solo su Facebook tra gennaio 2015 e agosto 2017 i troll russi sono riusciti a creare più di 80mila contenuti, che hanno poi raggiunto 29 milioni di utenti. È stato il punto di partenza di un meccanismo che tramite migliaia di “Mi piace”, commenti e condivisioni ha portato quei post a essere visualizzati nel News Feed di 126 milioni di persone. Facebook spiegherà che comunque nel complesso i tentativi di disinformazione da parte della Russia hanno interessato lo 0,004 per cento dei contenuti mostrati dal News Feed.
In vista delle audizioni al Congresso e temendo nuove leggi che possano limitare le loro attività online, negli ultimi giorni Facebook, Twitter e Google hanno annunciato diverse iniziative per riformare il sistema con cui gestiscono i servizi per la pubblicità, la loro più importante fonte di ricavo. Con sfumature e soluzioni diverse, hanno promesso sistemi di controllo e tracciamento più accurati, ma soprattutto maggiore trasparenza nei confronti degli utenti. Saranno adottati sistemi per rivelare chi commissiona gli annunci pubblicitari di tipo politico, soprattutto per le campagne elettorali, così come nuovi sistemi per distinguere le pubblicità elettorali dalle altre. In questo modo le tre aziende confidano di ricevere un trattamento meno duro da parte del Congresso, che finora ha mantenuto un atteggiamento molto severo con diversi suoi membri determinati a ottenere molti più dati e informazioni su come andarono le cose durante la campagna delle presidenziali 2016.