Quando morì Renato Curi
Il 30 ottobre del 1977 il centrocampista del Perugia morì per un arresto cardiaco durante una partita di campionato contro la Juventus, a soli 24 anni
Nel 1976 Renato Curi aveva 23 anni e da due stagioni giocava come mezzala nel Perugia allenato da Ilario Castagner. La squadra umbra era appena stata promossa in Serie A e per le prestazioni nella stagione precedente, Curi aveva anche ottenuto una convocazione con la Nazionale italiana di Serie B. Il Perugia con cui giocava è ricordato ancora oggi per le sue imprese e Curi, con ogni probabilità, sarebbe diventato un ottimo giocatore di Serie A. Ma la sua carriera si interruppe nell’autunno dell’anno successivo, quando morì in campo durante una partita di campionato contro la Juventus, la stessa squadra a cui due stagioni prima aveva fatto perdere il campionato con un gol che determinò la vittoria dell’ultimo Scudetto del Torino.
All’ultima giornata della stagione 1975/76, il Torino di Gigi Radice, che avrebbe dovuto giocare in casa contro il Cesena, si presentò con un vantaggio di un punto sulla Juventus, seconda in classifica e impegnata in trasferta contro il neopromosso Perugia. Il Torino pareggiò, ma allo Stadio Comunale di Pian di Massiano, Curi segnò il gol che permise al suo Perugia di terminare con una vittoria la sua prima storica stagione in Serie A, e al Torino di vincere il suo settimo e ultimo Scudetto.
Fu l’allora allenatore degli umbri, Ilario Castagner, a volere in squadra Curi, dopo che nella stagione precedente lo aveva visto disputare il suo primo campionato di Serie B con il Como. Con Castagner, la carriera di Curi subì una svolta inaspettata, dato che al primo anno con il nuovo allenatore la squadra ottenne la sua prima promozione in Serie A e lui, da giocatore fin lì sconosciuto, finì per essere una delle sorprese di quel campionato, disputato da titolare inamovibile principalmente grazie alle sue ottime doti atletiche.
Negli anni passati in Serie A, grazie anche alla presenza in squadra di giocatori come Aldo Agroppi, Walter Novellino, Franco Vannini e Paolo Sollier, il Perugia di Castagner ottenne dei grandi risultati, fino a diventare il “Perugia dei miracoli” nella stagione 1978/79, conclusa senza subire nemmeno una sconfitta, come mai nessun’altra squadra italiana era riuscita prima. I risultati ottenuti dal Perugia in quegli anni furono raggiunti nonostante nel mezzo di quel ciclo vincente la squadra perse Curi nel modo più tragico immaginabile.
Il 30 ottobre del 1977, in una piovosa domenica pomeriggio nel centro Italia, il Perugia di Castagner ospitò la Juventus di Giovanni Trapattoni. Dopo un primo tempo bloccato, al quinto minuto del secondo tempo, quando il Perugia si stava apprestando a battere una rimessa laterale, alcuni giocatori cominciarono a correre verso il centro del campo, dove Curi si era accasciato a terra privo di sensi. I soccorsi entrarono in campo rapidamente ma Curi non fece nemmeno in tempo ad arrivare all’Ospedale Santa Maria della Misericordia: era morto pochi minuti dopo essersi accasciato. La morte fu annunciata in diretta dal radiocronista di Tutto il calcio minuto per minuto Sandro Ciotti, lo stesso che aveva raccontato in diretta il suo gol alla Juventus del 1976 e che tredici anni dopo annuncerà alla Domenica Sportiva la morte di Gaetano Scirea.
La morte di Curi generò polemiche, lunghe discussioni e anche un caso giudiziario. Lui stesso era solito scherzare dicendo di avere un “cuore matto” con dei battiti irregolari che lo “costringevano” a correre così tanto durante le partite. Quell’irregolarità fu poi riscontrata dai medici nel corso dell’autopsia e descritta come una «malattia cronica del cuore capace di provocare morte improvvisa».
Per la sua morte vennero processati alcuni dirigenti e il medico sociale del Perugia, oltre a quello del Centro Tecnico Federale di Coverciano, ovvero i due professionisti che avevano avuto modo di sottoporlo ad esami nei suoi primi anni di carriera. Tutti gli imputati vennero assolti in primo grado, mentre in appello i due medici vennero condannati a un anno di reclusione con pena sospesa.
«Mi ricordo quella giornata come se fosse ieri. Ero allo stadio. Seguivo con lo sguardo mio marito, l’ho visto accasciarsi a terra. Mi precipitai negli spogliatoi. Lui era già stato trasportato in ospedale. E quando arrivai lì mi comunicarono la notizia». Quel giorno Clelia, la moglie, non poté far altro che constatare la morte del marito, che a 24 anni lasciò una figlia piccola, Sabrina, e un figlio che nacque otto mesi dopo a cui venne dato il suo nome. A quarant’anni di distanza dalla sua morte, oggi a Renato Curi è intitolato lo stadio di Perugia e la squadra di calcio di Città Sant’Angelo, la Renato Curi Angolana, club in provincia di Pescara in cui Curi iniziò a giocare a calcio dopo essersi trasferito in Abruzzo con la famiglia.