Hanno riaperto alcune scuole di Porto Rico
Sono ancora pochissime e lavorano in condizioni molto difficili: ne ha scritto il New York Times
Il passaggio dell’uragano Maria su Porto Rico, il 20 settembre scorso, ha provocato conseguenze disastrose: strade impraticabili, ponti crollati, mancanza di acqua, cibo, medicinali e corrente elettrica nella maggior parte del territorio. Maria ha causato la morte di più di quaranta persone e ha distrutto le case di almeno 11mila abitanti. A distanza di poco più di un mese, però, qualche buona notizia c’è: martedì per esempio hanno riaperto alcune scuole, circa il nove per cento del totale, ridando una parvenza di normalità alla vita dei portoricani. Quel giorno è stato raccontato dal New York Times.
Le scuole pubbliche che hanno riaperto sono solamente 98, il 9 per cento del totale. Pochissime tra queste hanno generatori per la corrente elettrica, o accesso a internet o l’aria condizionata. I giorni scolastici sono stati ridotti della metà, almeno per ora. E gli studenti, quelli che con le famiglie non hanno lasciato l’isola, devono portare da casa delle bottiglie d’acqua e il repellente per affrontare l’invasione delle zanzare. Kenia Caraballo Rivera, responsabile di una scuola elementare pubblica di San Juan, ha mostrato alla giornalista del New York Times il suo “nuovo ufficio”: un tavolo pieghevole e una sedia messi nel corridoio principale vicino all’entrata dell’edificio, dove la luce del giorno passa attraverso la porta d’ingresso.
Poiché l’elettricità manca anche nella maggior parte dei luoghi dove vivono gli studenti, è stato deciso di non assegnare loro i compiti a casa. E dato che molti hanno perso vestiti e interi armadi nella tempesta, le uniformi sono diventate facoltative. Anche il programma è stato ridotto. Le scuole hanno infatti cominciato le attività didattiche con più di un mese di ritardo, la maggior parte di esse deve ancora riaprire e ci si dovrà concentrare esclusivamente sugli argomenti principali di ciascun corso di studi. Julia Keleher, ministra dell’Istruzione di Porto Rico, ha detto: «Sappiamo che non sarà un anno perfetto, ma dobbiamo fare il primo passo. È importante iniziare ovunque sia possibile, al più presto. Ma, ripeto, solo quando sarà sicuro per la popolazione scolastica».
Nella scuola elementare di Kenia Caraballo Rivera a San Juan, il loro primo giorno gli studenti hanno parlato dell’alluvione, degli alberi caduti, dei mobili sommersi dalla tempesta. Un’insegnante ha fatto sedere i bambini in cerchio e ha chiesto loro di condividere le loro esperienze, se se la sentivano. La discussione faceva parte di una strategia più ampia: quella di aiutare gli studenti ad affrontare quanto accaduto e quella di spiegare questioni come il cambiamento climatico, la geografia, la vita delle piante e gli oceani. La maggior parte degli studenti, scrive il New York Times, ha sfruttato questa possibilità: «Sei felice di tornare?», ha chiesto la maestra. «Non tanto, perché non c’è la corrente e fa caldo», ha risposto un bambino. Ciascuno ha raccontato le proprie perdite, che in questa zona sono state relativamente minori rispetto alle parti più colpite dell’isola: hanno parlato dei loro alberi, dei vestiti rovinati, di un materasso, di una PlayStation andata distrutta. Uno studente ha raccontato il salvataggio di una donna anziana la cui casa era stata invasa dall’acqua. Molti si sono lamentati del caldo, del buio, delle lunghe attese per avere benzina o acqua in bottiglia.
Arrivare all’apertura anche di solo 98 scuole, quelle meno danneggiate dall’uragano Maria, è stata un’impresa molto difficile: ogni edificio scolastico doveva essere prima ispezionato dalla sezione dell’esercito specializzata in ingegneria e progettazione, e doveva, come requisito minimo, avere l’acqua corrente.
In molti edifici sono stati fatti degli interventi di ristrutturazione, sono stati tolti i fanghi, le muffe e sono stati disinfettati e disinfestati dai topi. Gran parte del lavoro è stato fatto dagli stessi insegnanti che la ministra dell’Istruzione ha definito «degli eroi». La ministra ha anche detto al New York Times che 150 delle 1.111 scuole presenti sull’isola sono state classificate come gravemente danneggiate e che quindi non saranno riaperte: i loro studenti dovranno essere ospitati altrove. Non è poi ancora chiaro quanti studenti si siano trasferiti sulla terraferma, né quanti insegnanti: per ora circa 116 docenti hanno presentato domanda per un periodo sabbatico che terminerà a gennaio.