Ci sono dei dubbi sulla storia del panettiere di Milano che non riesce a trovare dipendenti
Era girata molto online, ma alcuni articoli pubblicati negli ultimi giorni l'hanno un po' ridimensionata
Nei giorni scorsi diversi giornali italiani si sono occupati della storia di Angelo Pattini, proprietario di diverse panetterie a Milano, che con diversi giornalisti si è lamentato di non riuscire a trovare cinque persone disposte a lavorare nei suoi negozi come barista, cassiere o addetto alla pulizie. Negli ultimi giorni la storia è stata ridimensionata da alcuni approfondimenti.
Contattata da Repubblica, una ragazza che è stata appena assunta da Pattini ha raccontato di aver mandato il suo curriculum a inizio ottobre – quindi prima che Pattini si lamentasse coi giornali – ma di non essere mai stata ricontattata. «Leggendo la storia sui giornali, ho chiamato per chiedere spiegazioni. Sono stata convocata per il colloquio giovedì e mi hanno assunta», ha poi spiegato.
In una intervista con Vice successiva alla polemica che si era creata, lo stesso Pattini ha lasciato intendere che le sue lamentele si riferivano soprattutto agli italiani. «Se fossero italiani sarebbe meglio», ha raccontato dei lavoratori che vorrebbe assumere. «Non intendevo dire che gli italiani non hanno voglia di lavorare: non hanno più voglia di fare questi lavori. Presto anche i tranvieri diventeranno stranieri». Anche Claudio Superchi, segretario generale della FLAI, la sezione lombarda della CGIL che si occupa di panettieri e pasticcieri, ha detto a Vice che «da quanto ho capito mi sembra che il problema sia più che altro quello della difficoltà a trovare lavoratori italiani».
Più in generale, come ha fatto notare Valigia Blu, negli articoli su Pattini e storie simili alla sua mancano spesso dettagli molto importanti come le condizioni lavorative offerte dal datore di lavoro e la versione delle persone che hanno rifiutato il posto.
Gli articoli del genere “Il lavoro c’è ma i giovani non vogliono lavorare” seguono tutti la stessa traccia, alcune volte abbiamo scoperto che altro che posti di lavoro, si trattava di corsi a pagamento. In ogni caso:
1) si tratta sempre e solo della versione dell’imprenditore del momento
2) nessuna verifica della storia con anche la versione di chi non ha accettato
3) non si parla quasi mai delle condizioni lavorative
4) questi singoli casi non sono notizia e non meriterebbero di essere coperti mediaticamente a meno che non si dimostri che abbiamo un problema strutturale nel paese: milioni di posti di lavoro a disposizione e i giovani che si rifiutano perché non hanno voglia di lavorare.