La romanzesca lettera di Denis Verdini a Repubblica

In cui cita Dante, Shakespeare e Quentin Tarantino per difendersi – ma neanche troppo convintamente – da un articolo di Filippo Ceccarelli

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

Denis Verdini, ex coordinatore di Forza Italia e oggi a capo di un gruppo di senatori che in diversi casi ha sostenuto il governo Gentiloni, ha scritto una lettera a Repubblica per commentare un articolo su di lui uscito ieri proprio su Repubblica. L’articolo era stato scritto da Filippo Ceccarelli e si intitolava “Cinismo e furbizia, Verdini il mefistofele del potere girevole”. Nella sua lettera, scritta comunque in tono piuttosto compiaciuto, Verdini si difende dalle accuse citando fra gli altri Dante, William Shakespeare e Quentin Tarantino, e ci tiene a sottolineare di poter finire “in tutti i gironi infernali” – Mefistofele è un altro nome del diavolo – tranne che “nella bolgia degli ipocriti”.

Arrivando da Firenze, la città che spande il maledetto fiore, penso che il mio posto lo immagini direttamente all’Inferno, e non eccepisco. Anzi.
Di me si può dire e si è detto di tutto: che sono abile nell’arte del calcolo (ma non dell’indifferenza), e che il fine giustifica i mezzi. Tutto vero: ma non fino a teorizzare che per il mio tornaconto potrei votare sia lo Ius soli che la tratta degli schiavi. No, questo mai, perché anche la politica deve avere un’anima.
Insomma: io potrei finire in ogni girone infernale, scegliete voi, in tutti meno che nella bolgia degli ipocriti. O meglio: in quella bolgia ci sono stato giovedì, a Palazzo Madama, e lì ho detto con franchezza la mia su cos’è stata questa legislatura dei compromessi e delle mezze verità.

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