Storia del basco, berretto di artisti e rivoluzionari
Lo hanno indossato gruppi armati, attori e bohemien, è entrato in crisi nei primi anni Duemila ma da quest'autunno lo rivedrete spesso
Simbolo di Parigi, di artisti e rivoluzionari, indossato da Picasso, Che Guevara, Hemingway, Faye Dunaway e Lady Diana, da decine di famosi e centinaia di migliaia di collegiali e operai, il basco è uno dei cappelli più famosi e riconoscibili del mondo, tornato di moda più e più volte sempre con un nuovo significato. Quest’autunno, ha scritto Vogue, lo troverete in quasi tutti i negozi di abbigliamento e lo vedrete indossato da molti giovani: al suo ritorno hanno contribuito in tanti, in particolare Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, che lo ha riscoperto nella collezione autunno/inverno 2016; Karl Lagerfeld nella collezione resort di Chanel presentata a Cuba; e Maria Grazia Chiuri, la direttrice creativa di Dior, che alle sfilate dell’autunno/inverno lo ha fatto indossare a quasi tutte le modelle, mentre Rihanna assisteva in prima fila portandone uno.
Il basco è un cappello di lana coi bordi che si stringono sul capo e il corpo un po’ floscio, portato spesso inclinato di lato. In molti paesi viene considerato un tipico copricapo dei Paesi Baschi – in Francia lo chiamano béret basque, in Finlandia baskeri –, dove viene invece chiamato txapela o boneta. La parola béret – da cui l’inglese beret, con cui si indica il basco, documentata per la prima volta nel 1835 – viene dal latino birretum e da bearnais berret, che indicava un copricapo di lana indossato dai contadini. Per quanto l’attestazione sia recente, un berretto simile al basco era già diffuso nell’antichità e gli archeologi ne hanno trovati di simili nelle tombe dell’Età del bronzo. Secondo gli storici il basco moderno è l’evoluzione dei due copricapi più diffusi nell’Antica Grecia, il petaso – a larghe falde, di cuoio, feltro e paglia e usato d’estate – e il pileo – conico, di feltro e cuoio, indossato da chi faceva lavori manuali e da cui si è evoluto lo zucchetto degli ecclesiastici.
Dal 400 d.C. si diffuse in tutta Europa un copricapo tondo e floscio che fino al Tredicesimo secolo aveva forme e dimensioni variabili ma che manteneva come costante il tessuto, cioè il feltro, la lana pressata. Il feltro era utile e diffuso perché molto economico, facile da realizzare e resistente all’acqua. Sulla sua nascita ci sono molte leggende: in Francia la sua invenzione era attribuita a Noè, che lo utilizzò per isolare l’arca dal diluvio, ma si racconta anche che nacque grazie ai pastori che infilavano ciuffi di lana nelle scarpe per tenersi al caldo e che finirono per pressarla scoprendo che era resistente e impermeabile. Per queste sue qualità il feltro e quindi il basco vennero sempre più usati da chi faceva lavori manuali e all’aria aperta, inclusi i pittori e i ritrattisti, come mostrano anche i numerosi autoritratti del pittore olandese Rembrandt.
Fu dalla fine del Settecento che il basco assunse un significato militare e politico: venne prima indossato, blu, dai soldati dell’esercito scozzese e poi, rosso, dai ribelli spagnoli carlisti, gruppi controrivoluzionari e cattolici che nell’Ottocento portarono avanti guerre civili per fermare le riforme liberali della regina Isabella II. In Francia il basco blu venne indossato dagli Alpini mentre dalla Prima guerra mondiale il Royal Tank Regiment, cioè i soldati britannici alla guida dei carri armati, lo portano nero e le forze speciali americane verde, tanto che vengono ancora chiamati Green Berets. Dagli anni Cinquanta si è diffuso come un copricapo militare ed è indossato in molti eserciti e corpi speciali tra cui Cina, Sri Lanka, Ucraina, Venezuela e anche Italia.
Mentre diventava parte delle divise degli eserciti di mezzo mondo, il basco si diffondeva anche tra i rivoluzionari, come ai tempi dei ribelli carlisti: lo portavano i guerriglieri dell’ETA e gli anarchici italiani che andavano a combattere da volontari nella guerra civile spagnola negli anni Trenta. Fu reso un simbolo rivoluzionario dal leader cubano Fidel Castro e da Ernesto Che Guevara, che lo indossava nero e stellato nella celebre foto di Alberto Korda, Guerrillero Heroico.
Lo portavano le Pantere Nere, l’organizzazione rivoluzionaria che negli anni Sessanta e Settanta che si batteva per i diritti degli afroamericani, per contrapporsi ai Green Beret e ricordare che anche loro erano un esercito. È in loro onore che lo ha indossato la cantante afroamericana Beyoncé nello spettacolo dell’intervallo del Super Bowl, nel febbraio 2016.
Beyoncés dancers in black berets at #SB50 paying homage to the Black Panthers 50 years after their #formation in '66 pic.twitter.com/YXpzBkkm6s
— Dream Defenders (@Dreamdefenders) February 8, 2016
Oltre che copricapo politico e rivoluzionario, il baschetto è anche simbolo del mondo dell’arte. Dagli anni Venti del Novecento si diffuse tra pittori, cantanti, scrittori, star del cinema e bohémien (ora hipster): lo portavano abitualmente Ernest Hemingway, Edith Piaf, Lauren Bacall, Marlene Dietriche, Pablo Picasso, Dizzy Gillespie, ed ebbe un gran ritorno negli anni Sessanta e Settanta grazie alla Nouvelle Vague del cinema francese e ad attrici come Audrey Hepbrun,Brigitte Bardot e Catherine Deneuve. Era ormai diventato il simbolo del gusto chic e raffinato di Parigi.
Negli anni Novanta divenne famoso quello indossato da Monica Lewinsky in una foto in cui appare con Bill Clinton, tanto che in un’intervista che diede poi nel 2014 a Vanity Fair disse: «è ora di bruciare il basco e seppellire quell’abito blu», riferendosi al famoso vestito con sopra tracce di sperma di Bill Clinton. In quel periodo venne proposto spesso dagli stilisti, in particolare da Thierry Mugler, e indossato da star come Madonna. All’inizio degli anni Duemila il baschetto era però entrato in crisi e non andava più di moda: nel 2002 delle 15 fabbriche e botteghe che esistevano 40 anni prima a Oloron-Sainte-Marie, la città francese in cui veniva perlopiù prodotto, ne era rimasta solo una, la Beatex. Oggi in tutta la Francia ci sono soltanto tre aziende specializzate nella produzione di baschi – Laulhère, fondata nel 1840, che ha comprato la sua principale rivale, la Blancq-Olibet, nel 2014; e le due piccole Boneteria Auloronesa a Oloron Sainte Marie e Le Béret Français a Laàs – ma le cose sembrano avviate a cambiare.