Il Burundi ha lasciato la Corte penale internazionale, è il primo paese a farlo
Oggi il Burundi ha lasciato la Corte penale internazionale (CPI), un tribunale per crimini internazionali indipendente dall’ONU. È il primo dei 124 paesi membri della Corte a farlo; l’anno scorso anche il Sudafrica e il Gambia avevano annunciato di volerlo fare, ma poi hanno cambiato idea. La ragione per cui il Burundi ha voluto uscire dalla CPI è che ritiene che il tribunale non sia imparziale nei confronti dei paesi africani visto che in molti dei casi di cui si sta occupando sono coinvolte solo persone africane. La decisione era stata comunicata un anno fa, ma è effettiva solo da oggi per via delle regole della CPI.
Il Burundi sta vivendo un periodo di tensione con la comunità internazionale da quando il presidente Pierre Nkurunziza si è candidato per un terzo mandato sfruttando una controversa interpretazione della Costituzione e sono iniziate proteste, polemiche e scontri violenti. Centinaia di migliaia di persone hanno lasciato il paese per questi fatti. Il fatto che ora il paese non faccia più parte della CPI non sospenderà l’indagine preliminare che il procuratore del tribunale sta facendo sul paese, ha detto il portavoce della Corte Fadi El Abdallah. Il mese scorso una commissione dell’ONU aveva detto che in Burundi vengono commessi crimini contro l’umanità, tra cui uccisioni e stupri, e aveva chiesto alla CPI di aprire un’indagine il prima possibile. Tra le persone accusate di essere responsabili di queste violenze ci sono i più alti funzionari dei servizi di intelligence, della polizia e dell’esercito del Burundi, oltre ad alcuni membri della lega giovanile del partito di Nkurunziza, l’Imbonerakure.
La Corte penale internazionale esiste dal 2002 ed è il primo tribunale internazionale permanente con giurisdizione su genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. L’Italia e buona parte dei paesi europei fanno parte della Corte penale internazionale, mentre non vi appartengono stati come la Cina, l’India e l’Indonesia. Gli Stati Uniti, come la Russia e diversi altri stati, hanno sottoscritto lo statuto di costituzione del tribunale, ma non lo hanno ratificato.