Per i curdi iracheni le cose si mettono male
A causa delle divisioni interne hanno perso Kirkuk, la città che chiamano la loro "Gerusalemme": adesso chiedono di trattare con il governo dell'Iraq
Il governo regionale del Kurdistan Iracheno ha detto ieri di essere disposto a sospendere i risultati del referendum sull’indipendenza dello scorso 25 settembre in cambio di un cessate il fuoco e dell’inizio di colloqui sull’autonomia con il governo centrale di Baghdad. La decisione di mettere in “pausa” gli effetti della consultazione è arrivata una settimana dopo che l’esercito nazionale iracheno, appoggiato dalle milizie sciite sostenute dall’Iran, ha attaccato e occupato Kirkuk, una città che si trova in una zona ricca di petrolio e che i curdi controllavano dal 2014. La conquista irachena è stata resa più facile da una fazione di curdi che si è opposta al governo regionale. Migliaia di soldati curdi che presidiavano la città si sono ritirati prima dell’avanzata dell’esercito e delle milizie irachene, lasciando la città senza quasi combattere.
Le divisioni interne dei curdi iracheni hanno danneggiato in maniera forse irreparabile la speranza del governo regionale di trasformare il Kurdistan in uno stato indipendente. I curdi sono il quarto gruppo etnico più numeroso del Medio Oriente: abitano soprattutto in Iraq, Turchia, Siria ed Iran e non hanno mai avuto uno stato indipendente. In Iraq costituiscono tra il 15 e il 20 per cento della popolazione (circa 5 milioni di persone in tutto) e abitano soprattutto la parte nord-orientale del paese. I curdi sono stati a lungo repressi e perseguitati dal regime di Saddam Hussein, ma dopo la guerra del 1991 hanno creato una regione autonoma di fatto quasi indipendente sotto la protezione degli Stati Uniti.
Dall’inizio della fase più acuta dal conflitto con lo Stato Islamico (o ISIS), nel 2014, i curdi iracheni sono riusciti ad aumentare i loro poteri e la loro autonomia. Per molto tempo le loro milizie, i cosiddetti “peshmerga”, si sono dimostrate la forza militare più efficace in Iraq, riuscendo prima a contenere e poi a respingere l’avanzata dell’ISIS. Nella prima fase del conflitto, i curdi sono riusciti a occupare Kirkuk, una città multietnica, abitata da arabi e curdi. Da molto tempo i curdi chiamano Kirkuk la loro “Gerusalemme”, cioè una città fondamentale per rendere possibile la creazione di uno stato indipendente. L’importanza di Kirkuk, però, non è né religiosa né spirituale, ma dipende dal fatto che il petrolio che si trova nella zona è considerato fondamentale per rendere economicamente possibile la sopravvivenza di un potenziale stato indipendente.
La decisione di fare un referendum sull’autonomia era stata presa dall’attuale presidente della regione autonoma, Masoud Barzani, capo dell’omonima famiglia che da tempo controlla il Partito Democratico del Kurdistan (KDP). Secondo la commissione elettorale locale, al referendum hanno partecipato 3,3 milioni di abitanti della regione, il 93 per cento dei quali ha votato a favore dell’indipendenza. La decisione di Barzani sul referendum è stata considerata da molti un tentativo per capitalizzare il successo ottenuto combattendo contro l’ISIS, mettendo il governo iracheno e la comunità internazionale di fronte a un’indipendenza di fatto sancita da un voto popolare. Il timore di Barzani, probabilmente, era che con la sconfitta dell’ISIS si sarebbe ridotto rapidamente il prestigio di cui i curdi godono presso la comunità internazionale e quindi la possibilità di ottenere concessioni da parte del governo di Baghdad.
Uno dei problemi di Barzani è che il suo piano ha incontrato l’opposizione netta del governo centrale, che ha subito minacciato operazioni militari in risposta al referendum, e quella dei suoi principali rivali interni: la famiglia Talabani, che controlla l’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK), il principale partito di opposizione curdo. I miliziani che hanno abbandonato Kirkuk prima dell’attacco iracheno appartenevano al PUK – per questa ragione i leader del PUK sono stati accusati di tradimento dai loro rivali del KDP, facendo temere per la possibilità di un conflitto interno tra curdi. In passato le varie fazioni di curdi si erano già scontrate le une con le altre, arrivando ad allearsi persino con il dittatore Saddam Hussein. L’analista Michael Weiss, che ha trascorso le ultime settimane in Iraq, ha scritto su CNN che secondo le sue fonti i leader dell’opposizione curda, costituita soprattutto dal PUK, si sono accordati con il governo iracheno e con i suoi alleati iraniani per organizzare la manovra contro Kirkuk, che ha finito con il danneggiare soprattutto i loro rivali del KDP e la famiglia Barzani.
La situazione è particolarmente imbarazzante per gli Stati Uniti, che sono alleati allo stesso tempo del governo centrale e dei curdi. Nei brevi scontri avvenuti a Kirkuk, ha scritto Weiss, carri armati americani Abrams in dotazione agli iracheni hanno sparato sulle jeep blindate Humvee fornite dagli americani ai curdi. Gli Stati Uniti si sono opposti al referendum e hanno appoggiato l’attacco iracheno a Kirkuk. Così facendo, però, si sono schierati contro i loro storici alleati curdi e hanno almeno indirettamente appoggiato il loro arci-rivale nella regione, l’Iran. Tra le principali forze che hanno appoggiato l’attacco, infatti, ci sono le milizie popolari sciite irachene che sono di fatto guidate dal generale iraniano Qasem Soleimani, capo degli al Quds, un’unità militare iraniana molto potente. Soleimani, scrive Weiss, è considerato dall’intelligence degli Stati Uniti una figura a metà tra «il professor Moriarty [il diabolico nemico di Sherlock Holmes] e Darth Vader».