John Kelly ha difeso Trump sulla questione delle condoglianze alle famiglie dei soldati uccisi
Ha detto che Obama non lo chiamò quando suo figlio morì in Afghanistan nel 2010 e di essere stato lui a suggerire a Trump la frase giudicata insensibile alla vedova di un soldato ucciso
Durante una conferenza stampa il capo dello staff della Casa Bianca John Kelly ha difeso il presidente Donald Trump sulla questione delle condoglianze ai parenti dei militari uccisi in servizio. La polemica era cominciata quando Trump aveva detto che l’ex presidente Barack Obama e altri ex presidenti non chiamavano le famiglie dei militari uccisi in servizio durante il loro mandato. Dopo essere stato criticato per questa affermazione – non vera – Trump aveva detto che Obama non aveva telefonato a Kelly quando suo figlio morì in Afghanistan nel 2010 mentre prestava servizio come marine. Oggi Kelly ha confermato che Obama non lo chiamò ma ha anche detto che non ritiene sia stata una mancanza dell’ex presidente.
«[Il presidente Trump] mi ha chiesto cosa abbiano fatto i presidenti precedenti in casi come questo. E gli ho detto: “Posso dirti che Obama, che era il mio commander-in-chief quando ero generale, non chiamò la mia famiglia”. Non era una frase intesa come critica. Ho semplicemente detto che secondo me il presidente Obama non chiamava le famiglie. Non è una cosa negativa. Non penso che il presidente Bush abbia fatto una telefonata per ogni soldato ucciso. Penso che nessun presidente abbia fatto una telefonata per ogni soldato ucciso, soprattutto nei periodi in cui ci sono molti caduti».
Kelly ha difeso Trump anche dalle accuse di essere stato insensibile parlando al telefono con la vedova di un soldato ucciso in Niger il 4 ottobre, perché le avrebbe detto che il marito «sapeva cosa comportava il suo lavoro». Kelly ha detto di essere stato lui in qualche modo a suggerire a Trump di dire una frase del genere quando il presidente gli aveva chiesto consiglio su cosa dire nelle telefonate di condoglianze ai parenti dei soldati uccisi:
«[Il presidente Trump] mi ha detto: “Come le fai queste telefonate?”. Se non si è un membro della famiglia, se non si è mai indossato l’uniforme, se non si è mai stati in combattimento, non si può nemmeno immaginare come si fa quella telefonata. Ma lui le fa, con molto coraggio. (…) Mi ha chiesto: “Cosa gli dico?”. Io gli ho detto: “Non c’è nulla che tu possa fare che possa fare per alleggerire il peso della perdita a queste famiglie”.
Be’, ora vi dirò cosa gli ho detto. Gli ho detto quello che mi disse il mio migliore amico, Joe Dunford, che era il militare incaricato di comunicarmi la morte di mio figlio. Mi disse, Kel, lui stava facendo esattamente quello che voleva quando è stato ucciso. Sapeva in cosa si stava cacciando quando è entrato nell’1 per cento [nelle forze armate, ndr]. Sapeva quali erano i rischi, perché siamo in guerra».
Kelly inizia a parlare al minuto 2:15 circa e prima di parlare di Trump e della morte di suo figlio spiega come viene comunicata alle famiglie dei soldati uccisi la notizia della morte dei propri cari: