La storia della fotografia di moda in 180 foto
All'inizio era considerata pubblicità effimera, poi ci si è accorti che raccontava del mondo e di tutti noi
È uscito da poco Fashion Photography: The Story in 180 Pictures, un libro sull’importanza della fotografia di moda raccontata con 180 fotografie che ne mostrano l’evoluzione fino ai giorni nostri.
Il libro è stato pubblicato da Thames & Hudson e realizzato da Eugénie Shinkle, docente alla Westminster School of Media, Arts and Design che si occupa da tempo di fotografia di moda. Shinkle ha spiegato al blog di fotografia del New York Times di essersi interessata alla fotografia di moda dopo aver scoperto con incredulità quanto fosse trascurata nell’ambiente accademico. Sin dall’inizio era perlopiù etichettata come un semplice lavoro pubblicitario ed effimero: fu presa in considerazione seriamente con molta riluttanza solo quando era ormai diventata un fenomeno importante grazie alla riviste di moda che l’avevano fatta crescere e quando era comunemente esposta in mostre e musei.
Nella sua analisi storica Shinkle spiega come la fotografia della moda abbia avuto successo grazie all’ascesa delle riviste illustrate e di come sia stata costruita negli ultimi 150 anni da generazioni di fotografi, di cui ripropone i lavori più famosi, da Richard Avedon, a Horst P. Horst, da William Klein, a Helmut Newton, Guy Bourdin, Steven Meisel, Corinne Day e Juergen Teller. Il volume spiega anche come la fotografia di moda si sia occupata nel tempo anche di politica, arte, società e costume: dopo la Seconda guerra mondiale fotografi come Henry Clarke hanno trattato il ruolo delle donne nella società mostrandone l’indipendenza; artisti come William Klein hanno preso in giro le consuetudini del mondo della moda aprendo a una sorta di autocritica; Collier Schorr ha mostrato la fluidità del genere e affrontato i temi dell’identità sessuale; Chen Man ha raccontato della complessità della Cina. E poi c’è chi ha fatto da apripista, come Yva, Dora Kallmus e Toni Frissell per le donne o James Van Der Zee per i neri.