L’arresto dei “due Jordi” in Catalogna
Un tribunale spagnolo ha deciso la carcerazione preventiva per i due più popolari leader indipendentisti, Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, provocando forti reazioni e proteste
Ieri sera la giudice Carmen Lamela dell’Audiencia Nacional spagnola, tribunale di Madrid, ha deciso la carcerazione preventiva per Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, leader rispettivamente dell’Assemblea Nazionale Catalana (ANC) e di Ómnium, le due più importanti organizzazioni indipendentiste della società civile catalana. I “due Jordi”, come vengono spesso chiamati, sono accusati di sedizione, un reato previsto dal codice penale spagnolo che prevede pene molto alte per coloro che impediscono l’applicazione della legge con la forza o con metodi fuori dalla legge.
Le accuse si riferiscono ai fatti del 20 e del 21 settembre scorsi, quando la polizia spagnola, su mandato di un giudice, entrò in alcuni edifici governativi catalani a Barcellona per sequestrare tutto il materiale legato al referendum sull’indipendenza della Catalogna dell’1 ottobre, organizzato dal governo catalano ma definito illegale dalla magistratura e dal governo spagnoli: la polizia arrestò poi 14 funzionari catalani. In quell’occasione migliaia di persone si radunarono attorno agli edifici impedendo alla Guardia civile spagnola di uscire per diverse ore: i due Jordi sono accusati di avere organizzato e coordinato quella mobilitazione.
La carcerazione preventiva di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart era stata chiesta dalla Procura spagnola, che aveva fatto una richiesta simile anche per Josep Trapero, il capo dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, accusato anche lui di sedizione per gli stessi fatti del 20 e del 21 settembre: per Trapero, però, l’Audiencia Nacional non ha previsto la carcerazione preventiva ma solo alcune misure cautelari, come il ritiro del passaporto e l’obbligo di firma ogni 15 giorni. Subito dopo l’annuncio della carcerazione preventiva per Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, entrambi gli indagati hanno diffuso un video preparato in precedenza in caso di arresto e rivolto ai propri sostenitori, nel quale invitano a continuare a mobilitarsi per l’indipendenza catalana con mezzi pacifici.
▪️@jcuixart: "Més serenor, confiança i coratge que mai. Ens han dit tants cops que no podíem que ara ja sabem que ho podem tot" pic.twitter.com/54EUbL7qBT
— Jordi Cuixart (@jcuixart) October 16, 2017
L'1 d'octubre tots junts vam decidir obrir les portes a la llibertat, i la guanyarem!#LlibertatJordis pic.twitter.com/8q4Xpu9V9T
— Assemblea Nacional Catalana (@assemblea) October 16, 2017
La carcerazione preventiva di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, due personaggi molto conosciuti in Catalogna e molto popolari tra gli indipendentisti, ha provocato contestazioni forti: nel campo degli indipendentisti i due Jordi sono stati definiti “prigionieri politici”, incarcerati a causa delle loro idee. Il presidente catalano Carles Puigdemont ha scritto alcuni tweet molto critici. In uno, in inglese, ha scritto: «La Spagna ha incarcerato i leader della società civile per avere organizzato dimostrazioni pacifiche. Purtroppo abbiamo prigionieri politici, di nuovo».
Spain jails Catalonia's civil society leaders for organising peaceful demonstrations. Sadly, we have political prisoners again
— krls.eth / Carles Puigdemont (@KRLS) October 16, 2017
In un altro tweet, in catalano, ha scritto: «L’incarcerazione di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart è una notizia molto brutta. Vogliono incarcerare le idee, ma rendono più forte la nostra necessità di libertà».
Empresonar @jcuixart i @jordisanchezp és una molt mala notícia. Pretenen empresonar idees però ens fan més forta la necessitat de llibertat.
— krls.eth / Carles Puigdemont (@KRLS) October 16, 2017
Le critiche per la decisione dell’Audiencia Nacional sono arrivate anche da partiti politici che non appartengono alla maggioranza parlamentare catalana, cioè che non sono indipendentisti. Miquel Iceta Llorens, leader del PSC (il Partito Socialista Catalano, cioè la sezione catalana del PSOE), ha definito la decisione della giudice «sproporzionata», nonostante negli ultimi giorni il suo partito si sia schierato contro le azioni del governo catalano di Puigdemont e dalla parte del governo di Madrid. La sindaca di Barcellona, Ada Colau, del partito Barcelona en comú (vicino a Podemos), ha parlato di un «grave errore che ci allontana dal dialogo», riferendosi alle proposte di negoziati tra governo catalano e spagnolo fatte nei giorni scorsi ma non ancora concretizzate. Ieri sera si sono tenute anche diverse manifestazioni in alcune città catalane ed è stata convocata una grande protesta per questa sera alle 20.
L’incarcerazione di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart ha reso ancora più tesa una situazione che già era molto complicata e ha probabilmente ridotto i già pochissimi margini di negoziazione esistenti tra governo spagnolo e catalano. Ha anche alimentato le ragioni dello scontro che esistono da anni tra le due parti: gli indipendentisti catalani, così come i deputati della maggioranza parlamentare e i membri del governo, ritengono che il governo di Rajoy non voglia affrontare la “questione catalana” sul piano politico, cioè che non voglia sedersi a un tavolo per cominciare a valutare la possibilità di avere in Catalogna un referendum legale sull’indipendenza. I costituzionalisti, come viene chiamato l’altro fronte, pensano invece che lo scontro sia una questione soprattutto legale, perché accusano gli indipendentisti di agire contro la legge e in maniera contraria alla Costituzione.
Martedì della scorsa settimana il presidente catalano Puigdemont aveva dichiarato e poi sospeso l’indipendenza della Catalogna in un discorso di fronte al Parlamento catalano, provocando la dura reazione del governo di Madrid guidato dal primo ministro Mariano Rajoy, del Partito Popolare (PP), un partito fortemente unionista che in Catalogna è molto poco votato. Rajoy aveva dato tempo a Puigdemont fino a ieri per chiarire se l’indipendenza era stata o meno dichiarata, una richiesta a cui il presidente catalano ha risposto di nuovo con ambiguità, cercando di prendere tempo e trovare un mediatore internazionale che fosse disposto a gestire i negoziati tra il governo della Catalogna e quello della Spagna. Il governo spagnolo ha risposto a sua volta dicendosi non soddisfatto, e ha ribadito che Puigdemont avrà tempo fino a giovedì alle 10 per «tornare nella legalità», ovvero ritirare la dichiarazione di indipendenza e annullare i risultati del referendum dell’1 ottobre. Se non succederà, il governo avvierà il processo per applicare l’articolo 155 della Costituzione, che gli consentirà di riportare sotto il suo controllo alcune istituzioni catalane (per esempio si parla della sostituzione dei membri del governo e della convocazione di elezioni anticipate).