C’è una nuova storica scoperta sull’Universo

Per la prima volta, grazie alla rilevazione delle onde gravitazionali, è stato possibile risalire alla fusione di due stelle di neutroni: un evento teorizzato da più di 30 anni

di Emanuele Menietti – @emenietti

La fusione tra due stelle di neutroni, immaginata in un'elaborazione grafica (Robin Dienel / Carnegie Institution for Science)
La fusione tra due stelle di neutroni, immaginata in un'elaborazione grafica (Robin Dienel / Carnegie Institution for Science)

Per la prima volta fisici e astronomi sono riusciti a osservare direttamente le onde gravitazionali e le emissioni di luce da un medesimo evento, un risultato molto importante per capire come funziona l’Universo e ciò che lo tiene insieme. I dati raccolti dai telescopi indicano che è stata osservata la fusione di due stelle di neutroni, un evento che implica la produzione di enormi quantità di energia e la dispersione di elementi come oro e platino attraverso l’Universo. La scoperta è stata annunciata nel corso di una conferenza stampa presso il National Press Club di Washington, Stati Uniti, alle 10 di oggi (le 16 in Italia); i suoi dettagli sono stati pubblicati su Science, Nature e altre riviste scientifiche. Oltre a chiarire alcuni effetti legati alla produzione delle onde gravitazionali, le nuove rilevazioni confermano l’esistenza delle kilonovae e danno nuovi elementi alle teorie secondo cui i lampi di raggi gamma (gamma ray burst), il fenomeno più energetico in tutto l’Universo, siano prodotti dalla fusione (coalescenza) di due stelle di neutroni. L’uso in parallelo degli osservatori per le onde gravitazionali e dei telescopi apre inoltre nuove grandi opportunità per localizzare più facilmente grandi eventi cosmici, in breve tempo e con più precisione (astronomia multimessaggero).

Se vi sta girando la testa è normale: ora proviamo a capirci qualcosa di più.

Stelle di neutroni
Con la sua calma apparente, il cielo notturno maschera bene quanto l’Universo sia un posto turbolento e in costante evoluzione. Ogni puntino di luce che vediamo – che sia una stella o un’intera galassia – è la dimostrazione di eventi di dimensioni e potenza inimmaginabili, che in miliardi di anni hanno dato forma a tutto ciò che abbiamo intorno. Le stelle sono le principali protagoniste di questi cambiamenti e il loro stesso “motore energetico”. Una stella di neutroni, per esempio, è un corpo celeste formato principalmente da neutroni (le particelle subatomiche che insieme ad altre costituiscono gli atomi), tenuti insieme dalla forza di gravità. Nonostante abbia dimensioni piccole, con un diametro che raramente supera i 20 chilometri, una stella di neutroni ha una densità altissima, perché racchiude un’enorme massa in poco spazio: in media è doppia rispetto alla massa del nostro Sole (che ha un diametro di 1,4 milioni di chilometri). Le stelle di neutroni sono l’ultimo stadio di vita delle stelle con massa molto grande (10 volte quella del Sole), che si verifica quando terminano le reazioni di fusione nucleare al loro interno dovute alla fine degli elementi leggeri che le alimentano, in pratica il loro carburante.

Kilonova
Osservare le stelle di neutroni non è semplice, ma i ricercatori sono da tempo convinti che dal loro studio si possano capire molte cose non solo sull’Universo, ma anche su come si comporta la materia in condizioni estreme. Per anni gli astrofisici hanno cercato nello Spazio le tracce della fusione di due stelle di neutroni, un evento che sprigiona un’altissima quantità di energia e che porta a una “kilonova”, un’esplosione astronomica causata dalla collisione di due oggetti superdensi. Le due stelle girano l’una intorno all’altra e si avvicinano sempre di più fino a scontrarsi, in un processo che diventa una grande sorgente di onde gravitazionali, le increspature nello spazio-tempo (qui è spiegato più estesamente). La ricerca delle kilonovae è sempre stata complicata dal fatto che questi eventi sono piuttosto imprevedibili: se non si sta osservando la giusta porzione di cielo, diventa impossibile rilevarli per tempo. Per riuscirci ci sarebbe voluto un sistema per rilevare le onde gravitazionali, in modo da puntare i telescopi verso la loro sorgente e osservare finalmente una kilonova. Ma come fare?

Le onde gravitazionali osservate bene
Dopo decenni di prove e sviluppi, la risposta è arrivata da LIGO e Virgo, i più importanti osservatori per le onde gravitazionali, rispettivamente con sede negli Stati Uniti (uno in Louisiana e uno nello stato di Washington) e uno in Italia a Cascina, in provincia di Pisa. Questi esperimenti dal 2015 hanno iniziato a rilevare le onde gravitazionali, ottenendo risultati senza precedenti che proprio quest’anno sono valsi il Nobel ai loro progettisti. La prima rilevazione è avvenuta in seguito alla fusione di due buchi neri a 1,3 miliardi di anni luce da noi (la loro collisione è quindi avvenuta 1,3 miliardi di anni fa), ma negli anni seguenti LIGO e Virgo hanno rilevato increspature nello spazio-tempo dovute ad altre fonti. E finalmente arriviamo al nostro primo scontro di stelle di neutroni.

Il 17 agosto scorso LIGO e Virgo hanno rilevato un passaggio di onde gravitazionali attraverso la Terra, il quinto evento di questo tipo a essere mai osservato dai due esperimenti. È stato chiamato GW170817 e in pochissimo tempo ha permesso altre importanti scoperte. A meno di due secondi dalla rilevazione, infatti, i telescopi spaziali per raggi gamma Fermi (NASA) e INTEGRAl (ESA) hanno rilevato nella stessa porzione di cielo un lampo gamma. Era la traccia più convincente mai trovata per i cacciatori di kilonovae.

Un’immagine della galassia NGC 4993: la kilonova è visibile in alto e lievemente a sinistra rispetto al centro della galassia (ESO/J.D. Lyman, A.J. Levan, N.R. Tanvir)

A caccia di kilonovae
Secondo i calcoli di LIGO e Virgo, la fonte delle onde gravitazionali era collocata in una regione del cielo meridionale, con un’area pari a quella di un centinaio di nostre Lune piene e contenente svariati milioni di stelle. Non appena è arrivata la notte nell’emisfero meridionale, i telescopi di mezzo mondo si sono orientati verso quel punto remoto, alla ricerca di cosa avesse generato le onde gravitazionali e per definire meglio le coordinate fornite da LIGO-Virgo. C’erano proprio tutti: i telescopi VISTA, VST e REM degli osservatori dell’ESO in Cile, il telescopio LCO di Panama e lo statunitense DECcam in Cile, più molti altri di istituzioni e università. Il telescopio Swope della Carnegie Institution for Science è stato il primo ad annunciare di avere trovato un nuovo punto di luce, visibile nel cielo in prossimità della galassia NGC 4993. Pochi secondi dopo l’annuncio, anche le strumentazioni di VISTA hanno osservato la medesima fonte. Mentre la notte si spostava verso ovest, anche il telescopio Pan-STARRS alle Hawaii ha osservato la fonte di luce, rilevando la sua rapida evoluzione e con non poca sorpresa per i ricercatori: fare da testimoni in tempo reale a un simile cambiamento astronomico è un evento piuttosto raro.

Il VLT dell’ESO presso l’osservatorio del Paranal in Cile (ESO)

Su iniziativa dell’ESO, nelle settimane seguenti molti osservatori hanno partecipato allo studio e alla mappatura dell’evento rilevato da LIGO e Virgo, coinvolgendo anche il telescopio spaziale Hubble. Dai loro calcoli è stato possibile concludere che GW170817 si è verificato a 130 milioni di anni luce dalla Terra, la sorgente più vicina mai rilevata di onde gravitazionali e anche uno dei lampi gamma corti più vicini mai osservati. Secondo le teorie più diffuse, queste gigantesche emissioni di raggi gamma possono essere prodotte dall’accumularsi di materia (disco di accrescimento) su un buco nero – e in questo caso si parla di lampi gamma lunghi – oppure dalla fusione di stelle di neutroni, e si parla allora di lampi gamma corti.

Cosa ci dice questa scoperta
Il fatto che le onde gravitazionali e i raggi gamma da GW170817 siano stati rilevati quasi simultaneamente rende quasi certo che sia stata osservata una kilonova. I dati raccolti e analizzati su Nature e le altre riviste scientifiche dimostrano che l’evento ha caratteristiche notevolmente vicine alle teorie formulate finora sulla fusione delle stelle di neutroni. Le prime furono elaborate circa 30 anni fa per spiegare i lampi gamma corti, ora ci sono elementi non solo per dire che le kilonovae esistono, ma anche che è stato possibile osservarne una. Dopo la fusione si è prodotta un’esplosione di elementi pesanti altamente radioattivi che hanno raggiunto circa un quinto della velocità della luce. In pochi giorni la kilonova è passata dal blu al rosso acceso, un cambiamento rapido che non era stato ancora osservato nel caso di esplosioni stellari.

Gli astrofisici e gli altri ricercatori sono solitamente molto cauti nelle loro affermazioni sulle nuove scoperte, ma questa volta grazie alla solidità dei dati raccolti sembrano essere convinti e naturalmente soddisfatti. In un colpo solo l’osservazione ha permesso di confermare che gli eventi rilevati da LIGO e Virgo sono reali, non dovuti a qualche interferenza che falsava i dati, ha consentito di ottenere informazioni preziose a sostegno delle teorie sulle kilonovae e dato indizi su come miliardi di anni fa si formarono alcuni degli elementi più pesanti del ferro. Ce ne sono ancora molti là fuori, ma da oggi c’è un mistero in meno su come funziona l’Universo.