Il governo ha messo la fiducia sulla legge elettorale
È un modo di forzarne l'approvazione: Movimento 5 Stelle ed MDP hanno protestato, le votazioni dovrebbero cominciare domani
Questa mattina il governo ha deciso di porre la questione di fiducia sulla legge elettorale, il cosiddetto “Rosatellum bis” che avrebbe dovuto essere votato oggi. Salvo un accordo tra tutti i gruppi, una volta posta la questione di fiducia bisogna attendere 24 ore prima di votare. La votazione quindi inizierà con ogni probabilità domani e dovrebbe concludersi entro giovedì. Il governo ha messo la fiducia sui tre articoli della legge, di conseguenza ci saranno tre votazioni, più una quarta definitiva. Se non passa, il governo cade. La legge è sostenuta dal Partito Democratico e dai suoi alleati più Forza Italia e Lega Nord. In teoria alla Camera i numeri dei sostenitori della legge sono più che sufficienti per farla approvare senza difficoltà.
Movimento 5 Stelle e MDP hanno duramente protestato contro l’uso della fiducia per approvare la legge elettorale. Il Movimento 5 Stelle ha detto che la decisione del governo è un “golpe”. Il coordinatore di MDP, Roberto Speranza, l’ha definita un gesto “oltre i limiti della democrazia”. Entrambi i partiti hanno annunciato manifestazioni contro la legge e alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle sono già usciti dalla Camera per rivolgersi a una piccola folla di sostenitori (Alessandro Di Battista, però, ha sbagliato capannello ed è stato contestato da un gruppo di manifestanti che si trovavano lì per un altro motivo).
Porre la questione di fiducia sulla legge elettorale è considerato un gesto costituzionalmente poco elegante, poiché lega il destino di un governo a un provvedimento che dovrebbe in teoria essere espressione di un ampio accordo parlamentare. In questo caso, però, la legge elettorale è effettivamente il frutto di un accordo trasversale tra forze parlamentari (PD, Lega Nord e Forza Italia, oltre i loro alleati minori). Si tratta della terza volta nella storia repubblicana che un governo pone la questione di fiducia su una legge elettorale nazionale. La prima volta la fiducia venne posta nel 1953, dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, che faceva parte della Democrazia Cristiana, per approvare quella che passò alla storia come la “legge truffa”. Nell’aprile del 2015 il governo Renzi pose la fiducia al Senato sull’approvazione dell’Italicum, la legge elettorale poi radicalmente modificata dalla Corte costituzionale.
La fiducia proposta oggi è stata definita una “fiducia tecnica”, cioè necessaria per rendere più semplice il passaggio di un provvedimento. Ci sono molti timori, infatti, sul fatto che possa effettivamente venire approvato. A giugno era fallito un altro tentativo di approvare una nuova legge elettorale, sostenuta da una coalizione più ampia di quella che si presenta oggi, formata da: PD, Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Durante una delle votazioni, però, il Movimento 5 Stelle votò a favore di un emendamento contrario agli accordi presi e, insieme a numerosi parlamentari di PD e Forza Italia che votarono in modo opposto rispetto alle indicazioni dei loro partiti, fece fallire la legge. La legge che si votava all’epoca era stata soprannominata “sistema tedesco”, perché aveva alcuni elementi che richiamavano la legge elettorale in vigore in Germania.
Il governo ha deciso di porre la fiducia durante una riunione del Consiglio dei ministri che si è svolta questa mattina. La fiducia fa decadere automaticamente i circa 50 emendamenti proposti dall’opposizione. Sarà quindi ridotto il numero di votazioni in cui la maggioranza che sostiene la legge rischia di andare sotto a causa del voto dei cosiddetti “franchi tiratori”. In tutto ci saranno tre votazioni, che potrebbero occupare la gran parte della giornata di domani più una votazione finale, che probabilmente arriverà giovedì.
La legge elettorale che sarà votata introdurrebbe nel nostro paese un sistema elettorale misto proporzionale maggioritario. Alla Camera ci saranno 232 collegi uninominali, in cui ogni partito o coalizione presenta un suo candidato. Verrà eletto chi prende anche un solo voto più degli altri. Gli altri 386 seggi saranno assegnati con metodo proporzionale: si conteranno i voti ricevuti da ogni lista e ciascuno riceverà un numero di parlamentari proporzionale ai voti ottenuti. Altri 12 seggi saranno assegnati nelle circoscrizioni estere. Al Senato le cose funzioneranno in maniera quasi identica: i collegi uninominali saranno 102, 207 i collegi del proporzionale, 6 i seggi degli eletti all’estero. Non sarà possibile il voto disgiunto: significa che si potrà quindi votare soltanto il candidato al collegio uninominale e una delle liste che lo appoggiano (se viene barrata la casella di un candidato al collegio uninominale e la casella di una lista diversa da quelle che lo appoggiano, il voto sarà annullato).