A Porto Rico è un disastro
Tra case distrutte, strade impraticabili e ponti crollati, i soccorsi procedono a rilento e mancano acqua e cibo, mentre il governo locale è sempre più indebitato
Sono passate più di due settimane dal passaggio dell’uragano Maria su Porto Rico, ma nel territorio non incorporato degli Stati Uniti la situazione continua a essere critica e peggiorata dalle precarie condizioni economiche dello stato. I lavori per rimuovere le macerie proseguono a rilento: molte strade sono impraticabili e numerosi ponti sono crollati, quindi i mezzi per lo sgombero dei detriti avanzano lentamente. La popolazione riceve da giorni gli aiuti, organizzati principalmente dagli Stati Uniti, con rifornimenti di acqua, cibo e medicinali, perché sull’isola non si trova praticamente nulla. La maggior parte del territorio è senza corrente elettrica dal giorno del passaggio dell’uragano, il 20 settembre scorso, e le autorità locali stimano che sarà necessario almeno tutto il mese di ottobre per ripristinare le linee principali del servizio. Maria ha causato 34 morti e ha distrutto le abitazioni di almeno 11mila persone, ma le difficoltà non sono finite e potrebbero portare a un esodo senza precedenti da Porto Rico.
Secondo le stime fornite dal Financial Times, nei prossimi anni circa 400mila persone lasceranno l’isola per emigrare negli Stati Uniti continentali, con la speranza di trovare migliori opportunità. Gli abitanti di Porto Rico sono in tutto 3,4 milioni, quindi l’alto numero di migranti potrebbe avere serie conseguenze sull’economia locale, già in estrema difficoltà. Se ne andrebbero soprattutto le giovani famiglie, la parte più produttiva e attiva della società, riducendo le possibilità di ripresa nel medio periodo. Porto Rico ha un indebitamento molto alto stimato intorno ai 120 miliardi di dollari: c’è quindi il rischio che possa diventare insolvente.
Oltre ai debiti pregressi, Porto Rico avrà bisogno in poco tempo di almeno 50 – 60 miliardi di dollari per la ricostruzione, ma non è ancora chiaro in che misura gli Stati Uniti pagheranno per finanziarla. Il ministro dell’Economia dell’isola, Raúl Maldonado-Gautier, ha spiegato che il problema dell’emigrazione era già sentito negli ultimi anni, perché stava riducendo il numero di residenti e quindi l’afflusso di denaro derivante da tasse e imposte. Avendo perso tutto ciò che avevano a Porto Rico, molti stanno decidendo di trasferirsi, riducendo ulteriormente la base di individui che pagano le tasse locali. Tra i settori che hanno da subito risentito dell’uragano c’è quello del turismo, che costituisce il 5 per cento circa dell’economia di Porto Rico: in poche ore, con la distruzione di alberghi, porti turistici e resort, si sono persi migliaia di posti di lavoro e non è chiaro quando l’isola potrà ricominciare ad accogliere turisti, considerati i lunghi tempi per la ricostruzione.
Il governatore di Porto Rico, Ricky Rosselló, dice che il denaro potrebbe finire entro la fine di ottobre, con serie conseguenze per la popolazione: sarebbero a rischio gli stipendi dei poliziotti, dei vigili del fuoco e dei responsabili dei soccorsi, senza contare le probabili interruzioni nei pagamenti delle pensioni. Dopo il 2006, Porto Rico si è fatto prestare molto denaro per compensare la fine di alcuni incentivi fiscali, decisi a livello federale dagli Stati Uniti, che avevano attratto grandi multinazionali nel suo territorio. Terminati gli incentivi, molte società avevano lasciato l’isola, riducendo le opportunità di lavoro. Porto Rico deve circa 74 miliardi di dollari ai suoi creditori, rateizzati nei prossimi 40 anni, ma è ormai chiaro che alle attuali condizioni non riuscirà a ripagare i propri debiti.
La crisi economica di Porto Rico, spiegata lo scorso anno da John Oliver in una puntata di Last Week Tonight
Nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva accennato alla possibilità di ridurre il debito di Porto Rico, facendo qualche generica allusione alle sue gravi condizioni finanziarie. In seguito la Casa Bianca ha però chiarito che le dichiarazioni di Trump non devono essere prese “alla lettera”, perché il governo federale non intende farsi carico di tutto il debito di Porto Rico, ripagando gli investitori privati che hanno prestato denaro al governo locale.
Nei giorni scorsi, e durante la sua visita a Porto Rico della scorsa settimana, Trump ha elogiato i soccorsi degli Stati Uniti, ma ha ricevuto critiche dagli amministratori locali portoricani per le lentezze iniziali nella gestione dell’emergenza. Per contro, il governo locale è stato accusato di avere ingigantito la portata dei danni e delle necessità economiche per la ricostruzione, nella speranza di ottenere più fondi e una maggiore mobilitazione. I reportage degli inviati delle principali agenzie di stampa internazionali confermano comunque una situazione critica, con intere città distrutte dove manca praticamente tutto, a cominciare da acqua e cibo.
Updated numbers on #Maria recovery efforts in Puerto Rico as of today (10/8): pic.twitter.com/3Oi2kN5wJ8
— FEMA (@fema) October 8, 2017
A Porto Rico sono al lavoro quasi 13mila soldati statunitensi, che collaborano con i 4mila della Guardia nazionale locale; dovrebbero essere raggiunti da altre 3mila persone, tra militari e impiegati del dipartimento della Difesa, nelle prossime due settimane. Il loro compito principale è l’organizzazione della distribuzione del cibo, che deve essere ancora migliorata per raggiungere tutta la popolazione, anche nelle aree più isolate. Il personale militare e civile sta anche lavorando per installare generatori per la corrente elettrica, in attesa del ripristino delle linee elettriche. In una conferenza stampa, Rosselló ha invitato una delegazione del Congresso a visitare quanto prima Porto Rico per vedere la situazione di persona, in modo da decidere insieme la concessione di altri fondi per l’emergenza.
La puntata del podcast di Francesco Costa su Porto Rico.