In Catalogna verrà dichiarata l’indipendenza?
Il presidente catalano dirà al Parlamento cosa vuole fare: intanto il governo spagnolo di Mariano Rajoy sta cercando di capire come reagire
Martedì alle 18 il presidente catalano Carles Puigdemont si presenterà al Parlamento della Catalogna, a Barcellona, per discutere della grave situazione politica di questi ultimi giorni. La crisi è iniziata l’1 ottobre, il giorno della celebrazione del referendum sull’indipendenza catalana, voto giudicato illegale dalla magistratura e dal governo spagnoli. Secondo molti, però, quella di martedì non sarà una seduta “normale”: Puigdemont potrebbe sfruttare la sua presenza in Parlamento per dichiarare l’indipendenza della Catalogna e dare quindi applicazione alla legge del referendum approvata dal Parlamento catalano a inizio settembre, con procedure molto contestate. Quello che potrebbe succedere dopo non lo sa nessuno.
Negli ultimi giorni in Catalogna, e soprattutto a Barcellona, sono successe moltissime cose, che finora non hanno però portato a una soluzione della crisi. Diverse banche e aziende, per esempio, hanno annunciato di voler spostare la loro sede sociale fuori dalla Catalogna, mentre ieri si è tenuta una manifestazione enorme a favore dell’unità della Spagna, a cui hanno partecipato tra gli altri i leader catalani dei due principali partiti politici spagnoli, il Partito Popolare (PP) del primo ministro Mariano Rajoy, e il Partito Socialista (PSOE) di Pedro Sánchez. Nelle ultime ore il PSOE ha chiarito un po’ la sua posizione, che finora era sembrata molto confusa: Sánchez ha chiesto a Puigdemont di non fare la dichiarazione di indipendenza e di «tornare alla legalità», e ha aggiunto che se questo non succederà il PSOE appoggerà qualsiasi misura il governo di Rajoy deciderà di adottare per garantire il rispetto dalla Costituzione spagnola: Sánchez, comunque, non ha fatto diretto riferimento alla possibilità che il PSOE appoggi l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, quello che permetterebbe al governo spagnolo di sospendere l’autonomia della Catalogna.
La situazione continua a essere tesa anche per i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, accusati di non avere obbedito agli ordini della magistratura e non avere fatto abbastanza per sequestrare le schede e le urne ai seggi elettorali il giorno del referendum. Questa mattina Jusús Barrientos, presidente del Tribunale superiore di giustizia della Catalogna (conosciuto con la sua sigla, TSJC), ha annunciato di avere tolto l’esclusività della sorveglianza del palazzo di giustizia ai Mossos d’Esquadra, che nell’ultimo decennio erano stati i soli a occuparsi della sicurezza del Tribunale.
Barrientos ha ordinato alla Polizia nazionale – che a differenza dei Mossos non risponde al governo catalano ma a quello spagnolo di Madrid – di prendere il comando nella sorveglianza del Tribunale. La decisione è stata presa in vista della possibile dichiarazione di indipendenza: se Puigdemont decidesse di applicare la Legge del referendum – approvata dal Parlamento catalano a inizio settembre e sospesa dal Tribunale costituzionale spagnolo perché considerata contraria alla Costituzione – una delle prime misure da adottare dal governo catalano sarebbe la soppressione del TSJC e della figura del suo presidente, lo stesso Barrientos. In pratica il TSJC non si fida di quello che potrebbero fare i Mossos in caso di dichiarazione di indipendenza: crede cioè che i vertici della polizia catalana potrebbero ordinare ai loro agenti di seguire le indicazioni del governo di Puigdemont, invece che della magistratura.
Il motivo principale della confusione di questi giorni è che non è ancora chiaro cosa farà Puigdemont, né come reagirà il governo Rajoy di fronte a una eventuale dichiarazione di indipendenza della Catalogna.
Da una parte Puigdemont sta subendo le pressioni di alcuni gruppi indipendentisti che negli ultimi giorni gli hanno chiesto pubblicamente di fare la dichiarazione d’indipendenza: in particolare la CUP (Candidatura di Unità Popolare, partito indipendentista e di estrema sinistra) e Ómnium e ANC (Assemblea Nazionale Catalana), due organizzazioni molto influenti che hanno come primo obiettivo l’indipendenza della Catalogna. All’interno della coalizione parlamentare che sostiene il governo – Junts pel Sí, che include partiti di destra e di sinistra che hanno come primo e comune obiettivo l’indipendenza – sembra emergere invece una posizione un po’ diversa: cioè fare la dichiarazione di indipendenza ma sospendere i suoi effetti per un certo periodo di tempo, in modo da negoziare con il governo spagnolo la possibilità di tenere nel prossimo futuro un referendum legale, o di ottenere un certo riconoscimento internazionale da altri stati nel caso in cui la prima opzione non andasse a buon fine.
Non è chiaro nemmeno come potrebbe reagire Mariano Rajoy di fronte a una dichiarazione d’indipendenza, con effetti immediati o futuri. Nelle ultime settimane si è parlato parecchio dell’articolo 155 della Costituzione, i cui margini di applicazione sono comunque oggetto di contesa tra giuristi: l’articolo 155 permetterebbe al governo di Rajoy di sospendere l’autonomia della Catalogna, cioè riportare le sue istituzioni sotto il controllo del governo centrale di Madrid, ma non è chiaro per esempio cosa succederebbe al Parlamento, oggi a maggioranza indipendentista, che a differenza del governo è un organo direttamente eletto dai cittadini della Catalogna. Finora il PP non ha voluto applicare l’articolo 155, nonostante abbia da solo la maggioranza al Senato richiesta per approvare la misura: ha cercato appoggio nel PSOE, per condividere le responsabilità di un provvedimento considerato molto duro, ma senza esito.
Il País ha scritto che il governo Rajoy sta anche valutando l’applicazione di una legge del 1981, chiamata “Ley de los Estados de Alarma, Excepción y Sitio”, che prevede tre casi nei quali il governo può intervenire direttamente in una comunità autonoma spagnola, per esempio sospendendo temporaneamente alcuni diritti fondamentali (si parlerebbe di misure come la chiusura di mezzi di comunicazione senza l’autorizzazione del giudice e detenzioni amministrative fino a 10 giorni). Il governo vorrebbe che Puigdemont rinunciasse alla dichiarazione di indipendenza, condizione che ha detto essere essenziale per cominciare a dialogare. Per ora, però, non sembra che il governo catalano sia disposto a fare questa concessione.