C’è un nuovo scandalo in Islanda
Alcuni documenti mostrano che l'attuale primo ministro e la sua famiglia ritirarono i loro investimenti da una banca in crisi poco prima che ne venisse dichiarato il fallimento
Secondo una serie di documenti scoperti da alcuni giornalisti islandesi e mostrati al Guardian, nel 2008, all’inizio della crisi economica globale, l’attuale primo ministro islandese Bjarni Benediktsson avrebbe venduto tutti i suoi investimenti che aveva fatto in una banca in crisi subito prima che la stessa banca venisse commissariata dal governo, causando una grave perdita a tutti i suoi investitori. Benediktsson all’epoca era un parlamentare membro della commissione Economia e imposte. Secondo i documenti avrebbe venduto circa 1,1 milioni di euro di quote di un fondo gestito dalla banca Glitnir. Altri membri della sua famiglia, una delle più ricche e potenti del paese, si sarebbero comportati nello stesso modo, vedendo importanti quote e investimenti poco prima del commissariamento della banca.
Per il momento non sembra che Benediktsson abbia commesso nulla di illegale, ma il suo comportamento rischia di confermare i sospetti che molti nutrono sull’esistenza di rapporti opachi tra l’élite politica ed economica islandese. Benediktsson e il suo Partito dell’Indipendenza, un partito conservatore, dovranno affrontare le elezioni politiche il prossimo 28 ottobre. Diversi scandali hanno già danneggiato la loro campagna elettorale. Il nome di Benediktsson compare nei Panama Papers (ma il suo coinvolgimento appare meno grave di quello del suo predecessore, l’ex primo ministro Sigmundur Davíð Gunnlaugsson, costretto a dimettersi a causa dello scandalo) mentre suo padre, l’uomo più ricco di Islanda, è stato accusato di aver appoggiato e raccomandato il responsabile di uno dei peggiori casi di abuso su minore nella storia recente del paese.
Benediktsson ha cercato di minimizzare il suo coinvolgimento nel caso, spiegando al Guardian di aver avuto nel suo portafoglio alcuni “asset” della banca, ma che in nessun momento il suo investimento in Glitnir è stato particolarmente sostanzioso. Nell’ottobre del 2008 fallirono Glitnir, Kaupthing e Landsbanki, tre delle principali istituzioni finanziarie del paese, lasciando alle loro spalle debiti non pagati pari a 11 volte il PIL islandese. L’Islanda ha impiegato anni a uscire dalla crisi economica, che ha portato a un crollo della borsa locale pari al 97 per cento e dimezzò il valore della corona islandese.
Secondo i documenti esaminati dal Guardian, Benediktsson il 2 ottobre ritirò circa 220 mila euro investiti in un fondo della banca. Aveva ordinato anche di disinvestire altri 150 mila euro il 6 ottobre, ma l’operazione venne bloccata perché proprio quel giorno la banca venne messa sotto amministrazione controllata. Il denaro ritirato da Benediktsson appare poca cosa rispetto alle operazioni compiute nello stesso periodo dai suoi parenti. Tra il 2007 e il 2008 lo zio e il padre di Benediktsson ritirarono centinaia di milioni di euro investiti nella banca. Le ultime transazioni avvennero poche settimane prima dell’arrivo del commissario governativo. Lo zio dell’attuale primo ministro concluse l’ultima operazione proprio il 6 ottobre 2008, a poche ore dal commissariamento.
Dai documenti visionati dal Guardian emerge che proprio quel giorno Benediktsson aveva telefonato agli amministratori della banca. Da una mail inviata poche ore dopo da uno dei dirigenti dell’istituto sembra emergere che Benediktsson fosse al corrente del progetto di commissariamento e che ne avesse avvertito gli amministratori. Altri documenti sembrano dimostrare ulteriori rapporti poco chiari tra la famiglia di Benediktsson e alcuni dirigenti bancari e funzionari del governo. Il primo ministro ha spiegato le azioni della sua famiglia dicendo che il crollo di Lehman Brothers li aveva messi in guardia dal tenere i loro investimenti in istituti finanziari che, nel clima agitato di quei mesi, rischiavano di fare la stessa fine.
Benediktsson ha risposto al Guardian dicendo che il suo comportamento nel corso del 2008 è stato esaminato da diverse autorità giudiziarie e commissioni di inchiesta e nessuno ha mai trovato prove di suoi comportamenti illegali. L’autorità che sovrintende al settore finanziario islandese ha concluso un’indagine l’anno scorso dicendo che è probabile che alcune persone abbiano usato informazioni che dovevano restare segrete per ottenere scorrettamente un vantaggio dal fallimento della banca Glitnir. Ma i magistrati islandesi, che hanno spesso dichiarato che questo tipo di casi sono molto difficili da dimostrare, per il momento non hanno intrapreso alcuna indagine nei confronti del primo ministro.