Gerard Piqué tra Spagna e Catalogna
Il forte difensore del Barcellona si è esposto a favore dell'indipendenza catalana ma gioca anche nella Spagna, e ora la cosa gli sta creando dei problemi
La Nazionale maschile di calcio della Spagna si è riunita martedì in vista delle ultime due gare delle qualificazioni ai Mondiali del 2018, che giocherà venerdì e lunedì contro Albania e Israele. La Spagna è praticamente certa di qualificarsi direttamente alla fase finale dei Mondiali in Russia, per via del primo posto nel girone G ottenuto con la schiacciante vittoria per 3-0 contro l’Italia. Nonostante la qualificazione sia a un passo, però, la Nazionale spagnola non sta passando un bel periodo, per via di quello che sta succedendo nel paese da domenica scorsa, giorno del referendum sull’indipendenza della Catalogna. Il referendum, infatti, è stato promosso e sostenuto attivamente anche da molti giocatori ed ex giocatori della Nazionale spagnola. Uno di questi, Gerard Piqué, probabilmente quello che più si è esposto a favore dell’indipendenza catalana negli ultimi mesi, da tempo viene fischiato e insultato dai tifosi della Spagna, anche durante le partite. È successo al Bernabeu di Madrid nella partita contro l’Italia ed è successo anche martedì, nel giorno del raduno della Nazionale, tanto che Piqué ha detto di essere disposto a lasciare il suo posto in squadra.
Piqué è nato e cresciuto a Barcellona, nel Barcellona ha iniziato a giocare a calcio e, dopo quattro anni passati al Manchester United, dal 2008 è stabilmente uno dei titolari della squadra, con cui ha vinto tutto. Dopo il ritiro di Carles Puyol e Xavi, e i trasferimenti di Cesc Fabregas e Pedro, ora è uno dei simboli catalani della squadra e condivide la fascia di capitano con Andres Iniesta. Da quando si è iniziato a parlare con insistenza del referendum sull’indipendenza catalana, Piqué è stato uno dei giocatori del club che più ne ha parlato pubblicamente: i malumori tra i tifosi della Nazionale spagnola risalgono alle sue prime dichiarazioni e ai suoi primi tweet contro il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy. Negli ultimi mesi, in concomitanza con l’organizzazione del referendum, la sua permanenza in Nazionale si è fatta decisamente più complicata, tanto che anche in una partita molto importante come quella giocata contro l’Italia il 6 ottobre, gran parte degli 80.000 spettatori del Bernabeu lo hanno fischiato per tutto il tempo.
Ora però la situazione si è fatta più pesante. Giovedì, tre giorni prima del referendum, Piqué ha scritto su Twitter: «Da oggi fino a sabato, esprimiamoci pacificamente. Non diamogli nessun pretesto, è quello che vogliono. Noi voteremo». Domenica è andato a votare a favore dell’indipendenza e nel corso della giornata ha esortato i catalani a fare altrettanto. Nel pomeriggio, poi, Piqué aveva sostenuto la richiesta della dirigenza del Barcellona di rinviare la partita di campionato contro il Las Palmas, che poi si è giocata a porte chiuse. Dopo tutto questo, a inizio settimana ha risposto alla convocazione della Nazionale spagnola.
Nei mesi scorsi i membri della Nazionale avevano esortato i tifosi a non fischiare Piqué e a rispettare le scelte di ognuno, ma negli ultimi giorni sembra ci siano state delle divergenze fra Piqué e alcuni compagni di squadra, soprattutto con il capitano della Nazionale e del Real Madrid, Sergio Ramos. Ieri Ramos ha pubblicato su Instagram una storia in cui lo si vedeva davanti a una cartina geografica della Spagna interamente colorata con i colori della bandiera spagnola e con una corona posta sopra. In giornata, senza fare nessun riferimento a Ramos, Piqué ha detto: «Se qualcuno in Federazione o fra i dirigenti non mi vuole in nazionale, sono pronto a fare un passo indietro». L’allenatore della Spagna, Julen Lopetegui, ha vietato a ogni membro della Nazionale di fare dichiarazioni su questioni politiche e ha poi parlato di Piqué, dicendo: «Ho parlato con lui, dopo tutto quello che è successo. Volevo sapere come sta mentalmente, se è al 100 per cento: ho capito che lo è, sta bene, ha voglia di esserci ed è motivato. Se non avessi avuto queste percezioni non l’avrei convocato. C’è da gettare un po’ di acqua fredda su questa storia, nella speranza che lo sport unisca. Nella prossima gara contro l’Albania ci giochiamo il lavoro di un anno e mezzo, dobbiamo concentrarci su questa partita e chiudere definitivamente il discorso qualificazione».
Ieri, intanto, migliaia di persone hanno manifestato in tutta la Catalogna contro le violenze della Polizia nazionale – il corpo di polizia che risponde al governo centrale spagnolo di Madrid – avvenute domenica scorsa durante il referendum per l’indipendenza, giudicato illegale dal Tribunale costituzionale spagnolo. Anche il governo catalano e i sindacati hanno criticato il comportamento della polizia. Nell’area di Barcellona circa 50 blocchi stradali hanno bloccato il traffico in gran parte dell’area cittadina. Nel porto è cessata ogni attività, mentre la metropolitana e gli altri trasporti pubblici stanno operando a regime ridotto. Scuole e università sono rimaste quasi completamente chiuse, così come molte attrazioni turistiche e moltissimi negozi. Il presidente catalano Carles Puigdemont ha detto che lo sciopero «rafforzerà quel che abbiamo fatto domenica e quello che continueremo a fare nei prossimi giorni».