Cosa sono le onde gravitazionali
In cosa consiste la scoperta fondamentale sull'Universo che è valsa il Nobel per la Fisica di quest'anno
di Emanuele Menietti – @emenietti
Le onde gravitazionali sono al centro del premio Nobel per la Fisica di quest’anno, assegnato a Rainer Weiss, Barry C. Barish e Kip S. Thorne che hanno dato un contributo fondamentale nello sviluppo dei sistemi e delle soluzioni per osservarle, in circa 40 anni di lavoro. La prima osservazione certa è avvenuta nel settembre del 2015 ed è stata annunciata nel febbraio dell’anno seguente, segnando uno dei progressi più importanti per la fisica degli ultimi anni. Le onde gravitazionali erano state ipotizzate per la prima volta da Albert Einstein un secolo fa, ma fino al 2015 non era stato possibile osservarle direttamente per confermarne l’esistenza.
Nel 2015 LIGO ha identificato le onde gravitazionali utilizzando due osservatori fatti a “L”, costituiti da tunnel lunghi 4 chilometri che possono rilevare minuscole variazioni nella misura dello spazio causate dal passaggio delle loro perturbazioni; VIRGO ha avuto un ruolo più marginale, ma ha elaborato parte dei dati raccolti dall’esperimento statunitense. Le onde gravitazionali osservate sono state prodotte da due buchi neri di diametro di 150 chilometri circa e con 29 e 36 volte la massa del nostro Sole: giravano l’uno intorno all’altro in una spirale che li ha portati a fondersi creando un unico buco nero 62 volte più massivo del Sole, a 1,3 miliardi di anni luce da noi (la loro collisione è quindi avvenuta 1,3 miliardi di anni fa). La massa mancante pari a circa tre soli, insomma, si è trasformata in energia ed è diventata onda gravitazionale. A settembre del 2015, gli osservatori ne hanno rilevato il passaggio e questo è il “rumore” della collisione (chirp):
Cosa sono le onde gravitazionali
Un’onda gravitazionale è una increspatura nello spazio-tempo, il concetto introdotto nella relatività generale da Albert Einstein per descrivere la struttura quadridimensionale dell’universo: lunghezza, larghezza, profondità e tempo. In pratica lo spazio-tempo è sia il palcoscenico sia il coprotagonista di tutte le cose che succedono nell’Universo. Per spiegare meglio il concetto di onde gravitazionali, i fisici di solito la prendono alla lontana partendo da un’analogia piuttosto efficace: immaginate che lo spazio sia un grande trampolino elastico, uno di quelli di gomma su cui si sprofonda mentre ci si cammina o salta sopra. Se si appoggia un oggetto con massa sulla sua superficie – una palla da bowling, per esempio – questo fa cedere e deformare il tappeto verso il basso, creando una specie di cono. Nell’universo avviene più o meno la stessa cosa: più un corpo celeste ha una massa grande, più lo spazio si incurva e si deforma.
In un sistema solare, la stella intorno cui orbitano i pianeti è di solito l’oggetto più massiccio nei paraggi: la stella crea un’enorme deformazione dello spazio che ha intorno, e di conseguenza condiziona il movimento dei pianeti che le sono vicini. L’analogia del trampolino elastico aiuta anche in questo caso: se lanciate una biglia (un pianeta) vicino a una palla da bowling (la stella) poggiata su un trampolino di gomma, noterete che la pallina non si muoverà in linea retta, ma inizierà a girare intorno alla palla da bowling seguendo una traiettoria circolare nel cono della deformazione, come fosse in orbita (in questa analogia naturalmente la pallina prima o poi raggiunge la palla da bowling a causa della forza di gravità terrestre). Su una scala planetaria molto più grande, questo ci dice che i corpi celesti orbitano intorno ad altri corpi per via della deformazione, cioè della curvatura, dello spazio.
La biglia si muove lungo la sua orbita circolare e la sua velocità cambia direzione e intensità: accelera e produce un’increspatura variabile nel tappetino a mano a mano che lo percorre. Qualcosa di analogo avviene quando è un corpo celeste ad accelerare: crea delle deformazioni dello spazio, cioè delle onde gravitazionali. Tutti i corpi con massa (o energia) contribuiscono a creare le increspature nello spazio-tempo, ma sono infinitesimali perché la gravità non è una forza molto intensa se paragonata alle altre forze dell’Universo. Il problema è che anche un’onda molto grande causa effetti molto difficili da rilevare. Solo i corpi celesti molto massicci (ma proprio tantissimo) producono onde gravitazionali tali da potere essere rilevate e studiate dai ricercatori. Ma riuscire comunque a identificarle, e quindi a confermare nella pratica la teoria, era stato finora impossibile a causa di diverse altre complicazioni.
Un’increspatura comporta una contrazione o una dilatazione dello spazio, ma siccome facciamo parte dello stesso spazio ci è impossibile notarla direttamente perché noi stessi siamo coinvolti nelle dilatazioni e nei restringimenti. Per aggirare il problema, i fisici fanno ricorso a una costante: la velocità della luce. Siccome la sua velocità è sempre uguale, possiamo sapere quanto tempo impiega la luce a spostarsi da un punto a un altro. Se il tempo di viaggio aumenta, vuol dire che l’onda gravitazionale ha portato a una dilatazione dello spazio, mentre se diminuisce vuol dire che lo spazio si è ristretto, e che quindi la luce ha dovuto percorrere una distanza inferiore per arrivare a destinazione.
LIGO e VIRGO
Il Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) sfrutta questo principio per rilevare le onde gravitazionali, con due osservatori negli Stati Uniti (uno in Louisiana e uno nello stato di Washington) costituiti da un grande tunnel vuoto a forma di “L” lungo 4 chilometri per lato. A ogni estremità ci sono degli specchi sospesi: valutando il tempo impiegato dalla luce laser per percorrere il tunnel si può identificare un loro minimo movimento, causato proprio dalle onde gravitazionali. VIRGO, un altro rilevatore che si trova a Cascina (Pisa), è praticamente uguale a LIGO, ma con dimensioni più ridotte e serve sempre per identificare le onde gravitazionali. Quindi: durante gli esperimenti, è stata riscontrata una variazione del tempo impiegato dalla luce per coprire la distanza all’interno del tunnel: distanza che i ricercatori si spiegano con la deformazione dello spazio-tempo causata dalle onde gravitazionali generate dai due buchi neri.
Difficoltà e interferenze
Il problema con cui i fisici fanno i conti da anni è l’estrema difficoltà nell’effettuare misurazioni precise per rilevare un’onda gravitazionale. Le variazioni di distanza sono infinitesimali e, per farsi un’idea, sarebbe come valutare se una rotaia lunga mille miliardi di miliardi di metri si sia accorciata o espansa di 5 millimetri. Se un’onda gravitazionale di notevole portata attraversasse la Terra, per esempio, farebbe restringere e allargare il diametro del nostro pianeta di appena 10 nanometri (dieci miliardesimi di metro), se non di meno. I ricercatori devono quindi confrontare le ondulazioni misurate con i loro esperimenti con quelle che secondo la teoria fatta di complesse equazioni si dovrebbero produrre in presenza di onde gravitazionali. Per farlo è necessario conoscere il rumore di fondo e le interferenze, presenti anche nel più raffinato degli strumenti, per poterne fare la tara ed escluderli dai calcoli, cosa che finora ha complicato moltissimo le ricerche e indotto i loro responsabili a essere estremamente cauti nell’annunciare di avere rilevato o meno un’onda gravitazionale. Nel 2014 furono annunciati importanti progressi, ma ulteriori verifiche smontarono l’ipotesi di avere effettivamente registrato increspature di qualche tipo.
A cosa è servita la scoperta
L’identificazione nella pratica delle onde gravitazionali non è stata solo un’importante conferma delle teorie di Einstein: è la via per poterle attuare e sfruttare ai fini di ricerca in una situazione nuova e finalmente completa. Gli astrofisici avranno a disposizione nuovi sistemi per studiare l’Universo, analizzando le onde gravitazionali oltre a quelle elettromagnetiche già studiate da tempo. Ed è forse questo uno degli aspetti più interessanti per la pratica: ogni volta che abbiamo trovato nuovi strumenti e modi per osservare l’Universo, abbiamo scoperto cose che nemmeno immaginavamo. In un certo senso, è come passare dalla semplice osservazione degli animali allo zoo a quella nel loro habitat in libertà. Le evidenze portate da LIGO e VIRGO confermano inoltre che la fisica di Newton, quella che si studia a scuola, è solo un’approssimazione di quella di Einstein, e che è valida solo per corpi con velocità piccole e campi gravitazionali da loro creati deboli.