Un dirigente di Confindustria si è fatto truffare da una email falsa
Gianfranco Dell'Alba ha versato su un conto sconosciuto circa 500mila euro credendo di seguire le indicazioni di una collega
Oggi su Repubblica c’è un articolo su una inusuale truffa subita da Confindustria: un suo dirigente ha versato circa 500mila euro che appartenevano all’associazione degli industriali su un conto sconosciuto, seguendo le indicazioni di una email falsa. Il dirigente, Gianfranco Dell’Alba, credeva che l’email fosse stata scritta dalla direttrice generale di Confindustria Marcella Panucci, perché era dal suo indirizzo che gli era arrivata. Dell’Alba, che era il capo della delegazione di Confindustria a Bruxelles, è stato poi licenziato dall’associazione.
Ci sono circa cinquecentomila euro che da un conto della Confindustria sono finiti in un conto estero di cui ancora non si conosce l’intestatario. Soldi evaporati, per ora. C’è una mail falsa da cui è cominciato tutto. C’è un dirigente dell’associazione degli industriali licenziato in tronco per un bonifico che non avrebbe dovuto fare. È successo in Confindustria ma sono centinaia le aziende colpite ogni giorno da frodi finanziarie e milioni le mail contraffatte (mail spoofing, le chiamano gli esperti del settore) da cui partono ordini per spostare denaro in ogni parte del mondo.
I protagonisti, o le vittime, di questa storia sono Marcella Panucci, direttore generale di Viale dell’Astronomia, braccio destro del presidente dell’associazione, Vincenzo Boccia; e Gianfranco Dell’Alba, direttore della delegazione della Confindustria a Bruxelles, da tempo il principale luogo per l’esercizio dell’azione di lobby, molto più importante dei corridoi di Montecitorio perché è lì, in Europa, che si confezionano le decisioni sulle politiche industriali con impatti diretti sulle aziende nazionali, vale per i prodotti alimentari come per i laminati che escono dai grandi impianti siderurgici. Bruxelles, insomma, è pari a Roma per gli interessi degli associati confindustriali, grandi e piccoli.
(Continua a leggere l’articolo di Roberto Mania sul sito di Repubblica)