L’Arabia Saudita ha chiesto alle attiviste contro il divieto di guida per le donne di non commentarne l’abolizione

(AP Photo/Hasan Jamali, FILE)
(AP Photo/Hasan Jamali, FILE)

Martedì 26 settembre Re Salman, il sovrano dell’Arabia Saudita, ha emanato un decreto che concede alle donne di guidare, abolendo dunque un divieto che era diventato il simbolo della repressione e delle restrizioni che le donne subiscono nel paese. Su Le Monde si spiega però che dopo qualche ora dalla diffusione della notizia, una quindicina di attiviste che si erano molto esposte sul tema, e che in passato erano state tutte già convocate dal ministero degli Interni, hanno ricevuto una telefonata minacciosa da parte di un interlocutore che ha detto loro di essere un rappresentante delle autorità governative del paese: a volte si è presentato come un funzionario del ministero degli Interni, a volte come un membro della corte del Re e a volte come membro del servizio di sicurezza direttamente collegato al palazzo reale.

Tre di queste attiviste, sotto anonimato, hanno spiegato al quotidiano francese Le Monde che l’uomo ha ordinato loro di non parlare con i media e di sospendere le loro attività sui social network, altrimenti ci sarebbero state delle ripercussioni. Le pressioni sono state prese sul serio dalle attiviste, che in passato erano state convocate ufficialmente dal ministero e che già in altre occasioni avevano ricevuto delle telefonate in cui si ordinava loro di non partecipare a occasioni di protesta a favore del diritto di guida per le donne. La maggior parte di queste attiviste ha dunque smesso di usare i social e ha declinato le richieste di rilasciare commenti e dichiarazioni ai giornali: «Per motivi indipendenti dalla mia volontà, non posso continuare a commentare la revoca del divieto di guida per le donne», ha scritto per esempio Tamador Al-Yami su Twitter. Secondo le attiviste, il divieto che è stato loro imposto fa parte di una strategia per difendere l’immagine dell’Arabia Saudita e per influenzare la narrazione che si vuole che venga fatta su questa concessione. Una di queste attiviste intervistate da Le Monde ha spiegato:

«Non si vuole che diciamo di aver ottenuto un nostro diritto perché abbiamo combattuto. Si vuole imporre l’idea che è il re, nella sua benevolenza, ad averci concesso questo diritto. Ed è per questo motivo che sono incoraggiate a parlare solo le donne che sostengono il governo. Non vogliono che la gente capisca che le pressioni pubbliche possono portare a dei cambiamenti. Temono che, una volta aperta la porta, non riescano più a richiuderla».

Le Monde dice di aver cercato più volte di contattare il portavoce del ministero degli Interni dell’Arabia Saudita, ma di non aver ottenuto alcuna risposta alle proprie domande. «È terribilmente frustrante, la nostra gioia è parzialmente rovinata», ha spiegato un’attivista. Su Twitter, un’ora dopo aver annunciato che non avrebbe fatto alcun commento sull’abolizione del divieto di guida, Tamador Al-Yami ha scritto: «Tutti quelli che ci seguono lo sanno. Non c’è bisogno di urlare, non è importante. Ciò che conta è la vittoria. E noi l’abbiamo ottenuta».