A che punto è il piano di Elon Musk per colonizzare Marte
Perché c'è, un piano, e ha anche una concretezza: il capo di SpaceX ha spiegato come vuole rendere l'umanità una "specie multiplanetaria" e colonizzare il pianeta dal 2024
di Emanuele Menietti – @emenietti
“La cosa più importante che voglio dirvi con questa presentazione è che penso di avere trovato il modo di pagare tutto questo”, ha detto Elon Musk oggi raccontando all’International Astronautical Congress di Adelaide (Australia) un aggiornamento del suo piano molto ambizioso per rendere l’umanità una “specie multiplanetaria”, che un giorno raggiunga e colonizzi Marte. Musk non è un grande affabulatore – s’interrompe spesso e ha continue esitazioni mentre parla – ma compensa le sue scarse doti oratorie raccontando il futuro che ha in mente, che sembrerebbe pura fantascienza se non fosse controbilanciato dai successi raggiunti finora dalla sua compagnia spaziale SpaceX. Ad appena 9 anni dal primo lancio di successo di un suo razzo, SpaceX è diventata centrale nelle attività spaziali globali: invia regolarmente satelliti in orbita, porta rifornimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale e ha reso riutilizzabili le parti più costose dei suoi razzi, riducendo molto i costi di una delle industrie più onerose al mondo. Il nuovo piano per Marte presentato da Musk, per quanto incredibile, è basato sulle conoscenze accumulate in questi anni e su una revisione dei progetti proposti l’anno scorso, per renderli più realistici ed economicamente sostenibili.
Razzi e astronavi meno giganteschi
Il nuovo progetto ha molte cose in comune con quello presentato lo scorso anno, ma prevede l’utilizzo di un razzo e di un’astronave più piccoli, in modo che possano essere utilizzati anche per altri scopi come viaggi verso la Luna e la creazione di un sistema di trasporto da città a città sulla Terra. In futuro sostituiranno tutti gli altri sistemi di trasporto spaziale utilizzati finora da SpaceX, come il razzo Falcon 9 e la capsula Dragon, così come il razzo di nuova generazione in costruzione Falcon Heavy, per portare in orbita oggetti più pesanti. Semplificando, Musk vuole un razzo e un’astronave di “taglia unica”, che vadano bene per missioni e scopi diversi. In questo modo l’azienda potrebbe teoricamente ridurre i costi di gestione e rendere più praticabili missioni di lunga durata, come quelle per raggiungere Marte. La progettazione e la costruzione di una prima versione del razzo e dell’astronave hanno un costo previsto intorno ai 10 miliardi di dollari (lo sviluppo dello Space Shuttle della NASA costò 30 miliardi di dollari di oggi).
La nuova versione del razzo BFR (“Big Fucking Rocket”, cioè, ehm, “Un cazzo di razzo enorme/Un razzo fottutamente enorme”: il nome è provvisorio) ha un’altezza di 106 metri, contro i precedenti 122 metri, pari a un edificio di circa 30 piani, e un diametro di 9 metri. I 31 motori Raptor del BFR hanno la capacità di spingere dalla Terra verso l’orbita un peso complessivo di circa 5mila tonnellate, portando l’astronave con un centinaio di passeggeri al suo interno.
Marte andata e ritorno
Il progetto di base per raggiungere e colonizzare Marte è rimasto sostanzialmente invariato (qui è spiegato più estesamente):
• il BFR parte e spinge in orbita l’astronave che trasporta i passeggeri, ma non il propellente perché altrimenti sarebbe troppo pesante;
• il BFR torna sulla Terra e riparte con un grande serbatoio con il propellente;
• raggiunta l’orbita, il serbatoio si collega all’astronave e la rifornisce (possono essere necessari più rifornimenti);
• fatto il pieno, l’astronave parte per un viaggio di 3-6 mesi (a seconda della reciproca posizione della Terra e di Marte, che seguono le loro orbite intorno al Sole) verso Marte;
• arrivata a destinazione, l’astronave compie un atterraggio controllato su Marte;
• le risorse del pianeta vengono sfruttate per produrre il metano necessario per il viaggio di ritorno, che complice la minore forza di gravità (circa un terzo rispetto a quella terrestre) può iniziare senza dover usare un grande lanciatore come il BFR sulla Terra.
Musk ha spiegato che il piano prevede l’invio di un primo gruppo di coloni marziani con un’astronave e con l’incarico di fondare una prima base, che sarà poi espansa negli anni seguenti con più astronavi sia per il trasporto dei passeggeri, sia per il trasporto del materiale necessario per costruire l’avamposto. A pieno regime, su Marte ci potrebbero essere cinque basi di lancio per gestire più voli spaziali, compatibilmente con il periodo di tempo in cui il pianeta è più vicino alla Terra, ogni due anni.
Al pubblico che lo ascoltava affascinato, ma con qualche sopracciglio alzato, Musk ha detto che due primi test del nuovo sistema potrebbe essere effettuati già nel 2022, con l’invio di un paio di astronavi senza equipaggio su Marte. Due anni dopo, quindi nella successiva finestra disponibile per raggiungere più velocemente il pianeta, SpaceX dovrebbe inviare quattro astronavi, due delle quali con un primo equipaggio di coloni. Questo significa che tra 7 anni qualche essere umano potrebbe camminare sul suolo marziano.
Tempo reale e tempo Musk
Indicando la slide con le previsioni per il 2022 e il 2024, Musk ha chiarito: “Quello non è un refuso, anche se è un’aspirazione”. Chi ha seguito le sue imprese in questi anni, sa che il tempo per Musk scorre diversamente: le date di scadenza che fissa per se stesso e per i suoi dipendenti sono quasi sempre troppo ottimistiche e lontane dalla realtà. Il Falcon Heavy, il razzo più potente ed evoluzione dei Falcon 9, doveva essere pronto alla fine del 2013, ma è ancora in fase di sviluppo (dovrebbe volare entro pochi mesi). In media le scadenze fissate per i progetti più ambiziosi di Space X hanno richiesto due anni in più del previsto. Ma sarebbe comunque un azzardo dire che da qui a 9 anni ci saranno esseri umani su Marte.
Economia dei viaggi marziani
Oltre alle enormi sfide tecniche, il piano per raggiungere Marte e colonizzarlo pone non pochi problemi economici, e questo ci riporta alla frase con cui ha esordito Musk su come permettersi simili imprese. Il BFR sarà economicamente sostenibile solo se potrà essere riutilizzato più volte, più o meno come avviene oggi con un comune aereo di linea. Per questo Musk vuole concentrare i futuri sviluppi di SpaceX intorno al nuovo razzo, lasciando in secondo piano i lanciatori che utilizza oggi per raggiungere l’orbita. Un solo razzo adatto a tutte le circostanze consentirebbe di ridurre le variabili, di uniformare procedure e sistemi di lancio, di testare molto più intensivamente i vari componenti e di abbattere i costi. Per dirla come Musk: “Vogliamo un lanciatore e un’astronave che rimpiazzino il Falcon 9, il Falcon Heavy e la capsula Dragon. Se riusciremo a farlo, tutte le risorse potranno essere spostate verso il nuovo sistema”.
Trasporti in orbita
Una versione semplificata del complesso sistema per i viaggi verso Marte potrà essere usata per scopi meno ambiziosi, e ancor prima di compiere la prima spedizione marziana, in orbita intorno alla Terra. Il BFR potrà portare in orbita i satelliti al posto del Falcon 9, offrendo la possibilità di trasportare molto più peso e quindi più materiale, riducendo i costi per le aziende che vogliono portare in orbita i loro prodotti.
Lo stesso sistema potrà essere utilizzato per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale e portare materiale ed equipaggi (in questo Musk è molto ottimista, per comprensibili motivi la NASA è molto cauta sulla gestione dei viaggi verso la ISS, che la stessa SpaceX dovrebbe gestire a breve con una capsula Dragon per gli equipaggi). Semplificando, già oggi SpaceX produce i suoi ricavi trasportando cose in orbita, con il nuovo sistema potrebbe farlo più efficacemente e con spese inferiori, aumentando i suoi clienti.
Tappa sulla Luna
Un’altra importante fonte di ricavi potrebbero essere i viaggi verso la Luna, una meta ambiziosa ma molto più “semplice” e a portata di mano rispetto a Marte (400mila chilometri contro 382 milioni di chilometri, se consideriamo le distanze di oggi). La NASA ha da tempo in programma la costruzione di una piccola stazione spaziale (“Deep Space Gateway”) in orbita intorno alla Luna, che un giorno potrebbe essere il punto di riferimento per le sperimentazioni in vista di un viaggio verso Marte, o per l’installazione di una base spaziale lunare. In questi ultimi mesi sono circolate molte voci circa l’intenzione dell’amministrazione Trump di investire nel progetto, di conseguenza le aziende spaziali private hanno adattato i loro piani per comprendere in qualche modo la Luna, in vista di possibili finanziamenti e incentivi economici da parte degli Stati Uniti.
“Siamo nel 2017, a ‘sto punto dovremmo già avere una base lunare, che cavolo”, ha detto Musk illustrando come può essere adattato il suo sistema per raggiungere la Luna. Una volta rifornita nell’orbita terrestre, l’astronave avrebbe propellente a sufficienza per il viaggio di andata e per quello di ritorno, con minori complicazioni rispetto al sistema utilizzato nelle missioni Apollo tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, le uniche ad averci portato fino a là, comunque.
Viaggi terrestri
Avvicinandoci ulteriormente alla Terra, il sistema progettato da Musk è così versatile che potrebbe essere utilizzato in alternativa ai viaggi aerei per spostarsi velocemente tra città molto distanti tra loro come New York e Shangai. In questo caso il BFR porterebbe in orbita l’astronave, che proseguirebbe poi il suo viaggio intorno alla Terra, fino a rientrare automaticamente e a compiere un atterraggio controllato nei pressi della destinazione. Grazie a una velocità massima di 27mila chilometri orari, un viaggio di 11mila chilometri potrebbe essere completato entro 39 minuti. Musk dice che a pieno regime i biglietti costerebbero quanto un volo transoceanico, ma non ha dato molte informazioni in più.
OK, ma c’è da fidarsi?
Come era già avvenuto l’anno scorso, Musk ha illustrato qualcosa di più di una semplice “visione” ma ha comunque tralasciato molti dettagli, dando l’idea di avere in mente un progetto concreto che richiede ancora molto lavoro. Come un anno fa, a oggi la sua resta l’unica iniziativa privata credibile per raggiungere Marte, probabilmente in tempi più lunghi di quelli annunciati. Musk fa comunque sul serio e parti del BFR, come il gigantesco serbatoio per il propellente e i motori Raport, sono stati già sperimentati ottenendo buoni risultati. Nel frattempo, l’ordinaria amministrazione (per quanto possa esserlo lavorare con razzi e orbite spaziali) consentirà a SpaceX di produrre nuovi importanti ricavi. L’azienda ha un programma molto ambizioso per il prossimo anno, con 30 lanci spaziali: circa la metà di tutti quelli che saranno realizzati nel 2018. Il lavoro e le opportunità non mancano, ma la strada per un sistema che si ripaghi da solo è ancora lunga: forse non quanto la distanza tra noi e Marte, però.