Contro Hugh Hefner
Con rispetto per il lutto, le celebrazioni del fondatore di Playboy sono un po' fuori di misura
Molti dei necrologi e degli articoli dedicati a Hugh Hefner, il fondatore della rivista Playboy morto ieri a 91 anni, parlano di lui come di un personaggio importante per la liberazione dei costumi e la “rivoluzione sessuale” avvenuta negli anni Sessanta. Lo stesso Hefner nel 1992 si era detto orgoglioso di aver «fatto cambiare l’atteggiamento verso il sesso» e anche una femminista come la sociologa Camille Paglia lo aveva definito «uno dei principali architetti della rivoluzione sociale». Tuttavia un’altra serie di articoli e molti commenti sui social network hanno cercato di ridimensionare questi elogi di Hefner facendo notare due cose: da un lato che la rivoluzione sessuale stava già avvenendo, anche senza Playboy, e che avvenne soprattutto grazie alle lotte delle donne per ottenere il controllo sul proprio corpo, dall’altro che Hefner considerava le donne come oggetti e quindi anche se ha “liberato” la sessualità maschile dai limiti imposti dal perbenismo borghese, non ha fatto nulla di simile per le donne.
La psicologa Thekla Morgenroth, che fa ricerca sugli stereotipi di genere alla University of Exeter, ha spiegato chiaramente questa posizione a BBC: «Hugh Hefner non era un femminista o un liberatore delle donne. Sicuramente lui e il suo impero hanno sfidato le norme moralistiche degli anni Cinquanta, secondo cui le donne dovevano essere vergini caste oppure madri premurose, ma nelle sue rappresentazioni le donne sono sempre rimaste oggetti sessuali. Non penso ci sia qualcosa di male nelle foto di nudi o nella pornografia, ma la sua idea di liberazione sessuale è sempre rimasta quella in cui le donne erano oggetti con lo scopo di dare piacere agli uomini». Oggetti sempre più biondi e con seni sempre più artificiali, a giudicare dall’evoluzione delle preferenze di Hefner nel tempo.
Lo stesso Hefner non ha mai nascosto quale fosse la sua visione delle donne. Mel documentario del 2011 Hugh Hefner: Playboy, Activist and Rebel disse: «Le donne sono oggetti sessuali. Se non lo fossero, ci fermeremmo a questa generazione». Su Marieclaire la giornalista Jessica Valenti ha ricordato che Hefner era molto critico sul movimento femminista (in un’intervista disse che le donne non avrebbero dovuto «perdere tempo con questa follia») e ha scritto: «Per fare davvero giustizia al lascito di qualcuno bisogna dire la verità su questa persona. Quindi siamo onesti: Hefner non ha cominciato la rivoluzione sessuale, ne ha tratto profitto».
Il fatto che Hefner considerasse le donne come oggetti era evidente nei rapporti personali tra Hefner e le sue fidanzate, che non trattava mai da sue pari. Per spiegarlo molti hanno citato Down The Rabbit Hole, il libro autobiografico di Holly Madison, che fu una delle tre giovani fidanzate di Hefner (la principale) dal 2001 al 2008 e in quanto tale fu una delle protagoniste del reality show The Girls Next Door, dedicato alla vita all’interno della “Playboy Mansion”, la famosa villa dove viveva Hefner. Madison fu anche una delle poche fidanzate di Hefner a non firmare un accordo di riservatezza sulla vita con il fondatore di Playboy. Nel suo libro, di cui purtroppo è difficile verificare i dettagli, Madison ha raccontato come fosse la vita sua e delle altre ragazze che stavano con Hefner insieme a lei. C’erano molte regole da seguire: per esempio il coprifuoco alle nove di sera tranne nei giorni in cui le ragazze andavano alle feste con Hefner, il divieto di invitare altri uomini nella casa, il divieto di fumare e la partecipazione a cerimonie della buonanotte in cui le ragazze dovevano mettersi pigiami coordinati. Lo scopo del coprifuoco, come ammesso dallo stesso Hefner in un’intervista al New York Magazine, era impedire alle ragazze di frequentare altri uomini. Un’altra cosa raccontata da Madison è che all’ingresso nella Playboy Mansion ogni donna veniva fotografata e poi valutata per il suo aspetto.
Madison aveva 21 anni quando iniziò la sua relazione con Hefner, che invece ne aveva 74 e all’epoca si faceva accompagnare da sette fidanzate. La sera che si conobbero lui le offrì del Quaalude, un farmaco sedativo usato come droga, dicendo, stando al suo racconto: «Normalmente non sono favorevole all’uso di droghe, ma negli anni Settanta queste pillole le chiamavano “apri-gambe”». Poi la portò a casa sua insieme ad altre ragazze: Madison capì che era dato per scontato che avrebbe dovuto fare sesso con Hefner.
L’inizio del reality show The Girls Next Door, di cui andarono in onda sei stagioni:
Anche molti anni prima di The Girls Next Door, Hugh Hefner aveva idee molto precise su come le donne dovessero comportarsi con lui. Negli anni Sessanta la giornalista femminista Gloria Steinem si infiltrò tra le “conigliette” dei Playboy Club (una catena di locali notturni aperti da Hefner) per scoprire quale fosse la loro vita e poi raccontò tutto nell’articolo A Bunny’s Tale pubblicato sulla rivista Show nel maggio 1963. Tra le altre cose Steinem raccontò che le donne che lavoravano come conigliette dovevano rispettare regole molto rigide sul loro aspetto e che lo stipendio veniva loro trattenuto se arrivavano in ritardo nei camerini riservati al trucco, se la loro biancheria intima era visibile da sotto il costume o se mangiavano qualcosa durante l’orario di lavoro. Steinem scrisse A Bunny’s Tale per dimostrare che la rivoluzione sessuale sarebbe fallita se gli uomini fossero stati i soli a definirne i termini.
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Down The Rabbit Hole, tra le altre cose, accusava Hefner di aver voluto mettere le sue fidanzate le une contro le altre e contiene questo giudizio dell’autrice: «Sinceramente mi ha sempre messo un po’ a disagio il fatto che Hef fosse affascinato da donne così tanto giovani. Era ossessionato con le donne giovani, voleva che fossero il più giovani possibile». Per questa ragione Hefner aveva un conto aperto con un centro estetico di Beverly Hills in cui le ragazze potevano andare quando volevano, era pronto a pagare per qualsiasi intervento di chirurgia estetica a cui volessero sottoporsi e dava loro 1.000 dollari a settimana per comprarsi dei vestiti. Nel libro Madison diceva anche che vivere nella Playboy Mansion l’aveva resa depressa e le aveva fatto pensare al suicidio, e che decise di lasciare Hefner dopo essersi resa conto che lui sceglieva ragazze vulnerabili: «Non era interessato a donne maggiori di 28 anni, nessuna di noi veniva da una grande città o da una famiglia ricca, nessuna di noi conosceva il lato oscuro dell’industria dell’intrattenimento». Hefner rispose alle accuse di Madison dicendo che alcune delle donne con cui aveva avuto delle relazioni sceglievano di raccontarne la storia in modo sbagliato per «restare sotto i riflettori».
Il racconto di Madison sulla sua vita con Hugh Hefner sul canale Oprah Winfrey Network:
Bisogna dire che Hefner fu un sostenitore del diritto all’aborto e alla contraccezione e che nel 1991, molto tempo prima che si cominciasse a parlare diffusamente dei diritti delle persone transgender, Playboy fece un servizio sulla transgender Caroline “Tula” Cossey, che ha sempre detto che Hefner fu molto accogliente e caloroso con lei. Tuttavia non si può giudicare una persona solo sulla base di un aspetto della sua vita. Jessica Valenti conclude la sua ragionevole analisi dei necrologi di Hefner dicendo:
«Le persone e i movimenti sono complicati. Hefner non trattava molto bene le donne, ma sosteneva le lotte per i diritti civili. Si è costruito un incredibile brand a livello internazionale che ebbe un ruolo molto importante nel dibattito nazionale sul sesso e fece partire una discussione sul primo emendamento [della Costituzione americana, quello riguardo la libertà di espressione e di stampa tra le altre cose, ndr]. Ma omaggiare i suoi successi senza dire chiaramente cosa abbia lasciato alle donne vuol dire raccontare la storia in modo parziale e fare un disservizio a tutti. Per questo mentre gli Stati Uniti ricordano il loro scapolo più amato, io ricorderò ciò che la sua vita e la sua carriera hanno fatto per e alle donne».