La storia dei concorsi truccati all’università
Cosa sappiamo sull'indagine della procura di Firenze e sui sette professori universitari arrestati con l’accusa di corruzione (e sul fatto che non erano concorsi)
Sui giornali di oggi ci sono maggiori dettagli sulla vicenda dei sette professori di diritto tributario messi agli arresti domiciliari da ieri, lunedì 25 settembre, con l’accusa di corruzione per aver truccato le procedure per l’abilitazione. Altri 22 docenti sono stati sospesi dall’insegnamento per dodici mesi, mentre il numero totale degli indagati dalla procura di Firenze in quella stessa inchiesta è 59. Le accuse vanno dalla corruzione all’induzione indebita e alla turbativa del procedimento amministrativo. Molti degli indagati, in quanto membri delle commissioni nazionali nominate dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per rilasciare le abilitazioni all’insegnamento, sono pubblici ufficiali.
I docenti arrestati sono Fabrizio Amatucci, docente della Federico II di Napoli, Giuseppe Maria Cipolla (Università di Cassino), Adriano di Pietro (Università di Bologna), Alessandro Giovannini (Università di Siena), Valerio Ficari (Università di Roma 2), Giuseppe Zizzo (Università Carlo Cattaneo di Castellanza, Varese), Guglielmo Fransoni (Università di Foggia). Tra i professori sospesi, scrive Repubblica, ci sono tra gli altri Giuseppe Marino dell’Università di Milano, delegato di Confindustria presso l’Ocse; Roberto Cordeiro Guerra, ordinario a Firenze e difensore dei titolari della Menarini farmaceutici nel maxi-processo per riciclaggio; Livia Salvini della Luiss, nel consiglio di amministrazione del Sole 24 Ore. Altri sette professori saranno infine ascoltati dal giudice per le indagini preliminari, che deciderà se interdirli. Tra le persone coinvolte c’è anche Augusto Fantozzi, ministro per tre volte negli anni Novanta, commissario straordinario di Alitalia dal 2008 al 2011 e oggi è rettore dell’Università degli Studi Giustino Fortunato di Benevento. Fantozzi tramite il suo legale ha spiegato di essere estraneo ai fatti anche perché all’epoca era già andato in pensione.
L’inchiesta ha che fare con le procedure per le abilitazioni, e cioè con il prerequisito necessario dopo la riforma Gelmini del 2010 per accedere ai concorsi e diventare docente universitario (ordinario o associato). A decidere chi può ottenere l’abilitazione è una commissione nazionale composta da 5 docenti che vengono sorteggiati tra gli ordinari di un determinato settore e che hanno inviato la loro candidatura. Dal 2016 è possibile presentare la propria richiesta nel corso di tutto l’anno. Le richieste (i cui requisiti sono fissati da un bando nazionale e poi precisati da ciascuna singola commissione) vengono successivamente raggruppate e valutate ogni 4 mesi. Per ottenere l’abilitazione (che non hanno un numero massimo) è necessario il voto favorevole di 3 commissari su 5. L’abilitazione è valida per sei anni e dà la possibilità di partecipare ai concorsi delle varie università per avere un posto. Chi viene bocciato può ritentare dopo 12 mesi.
Le indagini della procura di Firenze sono cominciate nel 2013 a partire dalla denuncia di un ricercatore dell’Università di Firenze, candidato dal novembre del 2012 all’abilitazione all’insegnamento. Il ricercatore si chiama Philip Laroma Jezzi, ha 49 anni e ha raccontato che alcuni docenti gli avevano chiesto di ritirarsi da una procedura per l’abilitazione per fare spazio ad altri candidati già individuati come vincitori designati di futuri concorsi. Laroma Jezzi si è rifiutato, nel dicembre del 2013 è stato giudicato non idoneo, ha presentato ricorso al Tar e ha vinto: attualmente è dunque abilitato come associato. Laroma Jezzi ha però anche deciso di presentarsi in procura con le registrazioni sul telefonino delle minacce ricevute da un professore che gli chiedeva di ritirarsi. La denuncia di Laroma Jezzi ha fatto iniziare le indagini, che sono durate mesi: dalle intercettazioni ordinate dalla procura si è scoperto che la commissione che si occupava di scegliere gli idonei all’abilitazione non lo faceva usando criteri di merito, ma in base all’influenza dei singoli professori e dei loro ricercatori favoriti (sono accuse di cui si parla da anni in Italia, e chiunque abbia a che fare con l’università lo considera il classico segreto che sanno tutti, con le eccezioni del caso). La Guardia di Finanza ha parlato di «sistematici accordi corruttivi tra numerosi professori di diritto tributario» finalizzati a rilasciare abilitazioni «secondo logiche di spartizione territoriale e di reciproci scambi di favori». E questo per soddisfare «interessi personali, professionali o associativi».
Il Corriere della Sera, così come altri giornali, riportano oggi diverse parti delle intercettazioni raccolte dalla procura: il professore che ha cercato di convincere Philip Laroma Jezzi a ritirare la propria richiesta di abilitazione si chiama Pasquale Russo e gli avrebbe spiegato come funzionava realmente il sistema: «Non è che si dice è bravo o non è bravo. No, si fa: questo è mio, questo è tuo, questo è tuo, questo è coso, questo deve anda’ avanti per cui…». E ancora: «Così ti giochi la carriera. Invece se accetti, ti facciamo scrivere un paio di articoli così reimposti il tuo curriculum e vieni abilitato nella prossima tornata». Sempre Pasquale Russo avrebbe spiegato che «la logica universitaria è questa (…) un do ut des, tu mi dai questi a Napoli e io do… funziona così: a ogni richiesta di un commissario corrispondono tre richieste provenienti dagli altri commissari: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Antonio, tu mi dai Nicola e tu mi dai Saverio». Il 14 gennaio 2014, durante un incontro tra Laroma Jezzi con Russo e un altro professore, Guglielmo Fransoni, quest’ultimo avrebbe detto: «Io non ho capito la tua scelta di restare dopo che ti era stato dato il messaggio di ritirarti. Cioè se uno ti dà il messaggio di ritirarti un motivo c’era… cioè una consapevolezza del… di come si era orientata la Commissione. C’era il veto di Roberto Cordeiro Guerra perché non voleva che tu passassi davanti a Dorigo (un altro ricercatore, ndr)».
Il Corriere attribuisce poi ad Augusto Fantozzi queste dichiarazioni, fatte nel giugno del 2014: «Se uno fa i concorsi così non ci sarà mai un minimo di… perché naturalmente nessuno ha responsabilità di niente e ognuno va lì con il coltello alla gola e dice “o mi dai quello o… quindi capite”. Bisogna trovare delle persone di buona volontà che di qua e di là, di sotto o di sopra… e ricostituiscano un gruppo di garanzia che riesca a gestire la materia nei futuri concorsi». Fantozzi avrebbe parlato del sistema come di «una nuova cupola».
Commentando la notizia sugli arresti, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha detto: «Sui concorsi truccati voglio andare fino in fondo». Ha annunciato entro il prossimo ottobre l’introduzione di un codice di comportamento per l’università sul quale il suo ministero ha lavorato insieme all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).