Facebook condividerà con il Congresso le pubblicità legate alla Russia
Quelle scoperte un paio di settimane fa, sfruttate per interferire durante le elezioni presidenziali del 2016: è una decisione arrivata dopo molte pressioni
Facebook ha annunciato oggi che condividerà le informazioni riguardo a oltre tremila pubblicità collegate alla Russia con i Comitati di Intelligence della Camera dei Rappresentanti e del Senato statunitensi, che stanno indagando sulla presunta interferenza della Russia nelle elezioni presidenziali americane del 2016. Facebook aveva annunciato di avere scoperto queste inserzioni sospette lo scorso 6 settembre, e aveva informato il procuratore speciale Robert Mueller, che sta portando avanti una delle inchieste più delicate sul cosiddetto “Russiagate”, che coinvolge direttamente il presidente Donald Trump, che sarebbe stato favorito dalla Russia a discapito dell’avversaria Hillary Clinton. Da allora, però, Facebook aveva ricevuto diffuse pressioni perché condividesse le informazioni anche con il Congresso, al quale inizialmente aveva mostrato soltanto degli esempi delle pubblicità.
Annunciando per la prima volta la scoperta delle pubblicità, Facebook aveva detto che erano state pagate circa 100mila dollari da una rete di 470 tra pagine e profili fasulli per fare propaganda e interferire indirettamente nelle elezioni. Questi account, ora disattivati, erano riconducibili all’Agenzia per la ricerca su Internet, un’organizzazione che ha stretti legami con il governo russo ed è nota per le sue campagne online e le attività dei suoi troll. Nel comunicato diffuso giovedì sera, Facebook ha detto di voler contribuire a fare sì che chi sta conducendo l’indagine sull’interferenza della Russia nelle elezioni statunitensi abbia tutte le informazioni possibili. Nel comunicato si dice anche che è stata una decisione difficile, per via della tendenza a non diffondere informazioni private sugli utenti. Questo caso, dice il comunicato, è «straordinario», e le informazioni condivise dal Congresso con Facebook «suggeriscono che i tentativi di influenzare le elezioni del 2016 sono stati vari e sofisticati. (…) Crediamo che il pubblico meriti un resoconto completo di quello che è successo nelle elezioni del 2016, e abbiamo deciso che condividere le pubblicità che abbiamo scoperto, in un modo che rispetta i nostri obblighi di proteggere le informazioni sugli utenti, può aiutare».
Il fondatore e CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha parlato della decisione in un video trasmesso in diretta sul social network quando in Italia era giovedì sera. Zuckerberg, che è tornato oggi a lavorare dopo la paternità, ha detto che Facebook ha già chiuso migliaia di account falsi che interferiscono con le elezioni nel mondo, anche in quelle francesi di quest’anno, ma che fermarli tutti è impossibile. Ha però annunciato un piano in nove punti per rendere questo tipo di attività più difficili. Oltre a condividere le informazioni con il Congresso, Facebook continuerà la propria indagine, e si aspetta che le scoperte verranno rivelate anche al pubblico quando l’indagine governativa sarà finita.
Zuckerberg ha poi spiegato che verranno rese più trasparenti le pubblicità politiche: si potrà sapere chi le ha pagate, e si potranno consultare anche tutte le pubblicità attivate su Facebook da un inserzionista, per verificare quali contenuti siano visibili agli altri utenti (le pubblicità su Facebook spesso cambiano a seconda dei destinatari). Verrà rafforzato il processo di controllo previsto per chi compra inserzioni politiche, e durante le elezioni verrà aumentato il personale che si occupa di monitorare le attività su Facebook. Zuckerberg ha detto che verrà migliorato il programma di collaborazione con le varie commissioni elettorali nel mondo, già attivo durante le varie elezioni, che verranno condivise le informazioni sensibili con altre società di sicurezza informatica e che verranno migliorati gli strumenti per proteggere gli utenti da discriminazioni e molestie collegate alle elezioni in corso.
All’inizio di quest’anno le principali agenzie di intelligence degli Stati Uniti (FBI, CIA e NSA) hanno concluso che il governo russo (od organizzazioni legate al presidente Vladimir Putin) fosse il responsabile dell’attacco hacker nei confronti del Partito Democratico, che aveva portato alla pubblicazione di migliaia di email riservate creando un grave danno d’immagine a Hillary Clinton, impegnata nella campagna elettorale. Le stesse agenzie avevano inoltre rilevato l’attività di centinaia di troll finanziati dalla Russia per diffondere notizie false e messaggi contro Clinton, ma nel loro rapporto di gennaio non facevano diretto riferimento a Facebook e ai suoi sistemi per la promozione dei contenuti.
Nei mesi scorsi molti osservatori avevano giudicato ambiguo il comportamento di Facebook, che da un lato aveva provato a minimizzare le proprie responsabilità e dell’altro si era dimostrato molto attivo nello studio dell’uso improprio di account e messaggi sponsorizzati. Non è chiaro se Facebook avesse strumenti e capacità per rivelare da subito quanto stava accadendo e arginare il fenomeno: la sua piattaforma per i post sponsorizzati viene usata ogni giorno da milioni di account che hanno la possibilità di personalizzare i destinatari delle loro campagne, indirizzandole verso specifici gruppi di persone sulla base della loro età, della provenienza geografica e dei loro interessi.