In Cina c’è un grosso problema con le truffe finanziarie
Ci sono molte persone poco istruite che cominciano ad avere soldi da investire e i truffatori ne approfittano con metodi sempre più violenti
Li Wenxing era un ragazzo di 23 anni come molti altri in Cina. Lo scorso maggio, dopo essersi laureato, aveva lasciato la sua casa nelle campagne per cercare fortuna in città. A Tianjin, una città portuale vicino Pechino, aveva trovato lavoro in una società che si occupava di software: aveva iniziato a lavorare, scoprendo però subito che la società era solo la copertura di una truffa finanziaria portata avanti con metodi molto aggressivi, violenze e ricatti. Nella sua ultima telefonata alla famiglia, Li disse: «Chiunque chiami, qualsiasi cosa dica, non dategli dei soldi». Pochi giorni dopo il suo corpo è stato ritrovato senza vita in uno stagno poco fuori città. Secondo i medici era morto per affogamento. La storia di Li e le indagini sulla sua morte, che hanno portato all’arresto di alcuni dei suoi datori di lavoro, hanno riaperto il dibattito sulle truffe finanziarie che in Cina hanno assunto negli ultimi anni dimensioni enormi.
La Cina è un paese particolarmente vulnerabile alle truffe finanziarie. L’istruzione, in particolare quella finanziaria, è molto bassa, ma lo sviluppo economico ha messo milioni di persone nella condizione di possedere e investire risparmi per la prima volta nella loro vita. I truffatori di solito prendono di mira i più vulnerabili: ragazzi appena arrivati dalla campagna come Li, oppure anziani in cerca di un modo di far fruttare i risparmi di una vita. Il professor Victor Shih, che lavora all’università di San Diego in California, ha spiegato a BBC che un altro fattore che ha portato all’aumento nel numero delle truffe è il costo della vita. Con il rapido sviluppo economico degli ultimi anni, pagare l’affitto e fare la spesa sono diventate attività molto più costose e migliaia di persone hanno iniziato a fare investimenti spericolati nel tentativo di avere ritorni economici sufficienti per continuare a permettersi il loro precedente stile di vita.
Questo anche perché in Cina è molto difficile avere ritorni economici dagli investimenti più tradizionali. Come ha scritto Foreign Policy: «La Cina mantiene i tassi di interesse molto bassi per incoraggiare gli investimenti immobiliari e i progetti di costruzione, ma così spinge la classe media a cercare fuori dalle banche degli investimenti che forniscano dei ritorni abbastanza alti sui loro risparmi. Questo a sua volta ha alimentato una frenetica bolla immobiliare, speculazioni sulle materie prime come i metalli rari. Ma questo sistema finanziario poco regolato è anche estremamente vulnerabile a ogni tipo di truffa».
I governi locali hanno spesso contribuito a questo fenomeno, investendo denaro pubblico in schemi piramidali e altre truffe, considerandoli metodi semplici e sicuri con cui finanziare la costruzioni di infrastrutture o altre attività. In altri casi si sono verificati veri e propri episodi di corruzione, con i funzionari corrotti dai gestori dei fondi-truffa. Per uno di loro, ricevere l’appoggio delle autorità locali significa moltiplicare le possibilità di attrarre altri investitori. Non è un fenomeno sconosciuto nella storia: nel 1997 la complicità dei funzionari albanesi con i gestori di alcuni giganteschi fondi di investimento basati su dei meccanismi-truffa portò il paese sull’orlo della bancarotta e della guerra civile.
La truffa più utilizzata, in Cina come altrove, è il cosiddetto “schema Ponzi”. Il truffatore offre ai suoi clienti di partecipare a un investimento molto sicuro e con percentuali di ritorni molto alte, chiedendo in cambio di invitare nel giro anche altri amici e conoscenti. Di solito i ritorni sono più alti a seconda di quante altre persone il cliente riesce a contattare. Inizialmente, tutto funziona per il verso giusto: l’investimento in verità non esiste, ma il truffatore paga puntualmente i suoi ignari investitori grazie ai nuovi soldi che man mano raccoglie dalle nuove persone che riesce a convincere a investire nel suo progetto. Non appena il volume di denaro in uscita supera quello in entrata lo schema crolla. I più fortunati, coloro che hanno investito all’inizio della truffa, possono aver recuperato tutto o parte del loro capitale iniziale, ma gli ultimi arrivati invariabilmente perdono tutti i loro risparmi.
Violet Ho, che lavora per la società di sicurezza privata Kroll, ha spiegato a BBC che questo tipo di truffe «dà alle persone ingenue l’illusione di arricchirsi in fretta e senza rischi». Ho si occupa in particolare di indagare sul sistema finanziario cinese ed è stata lei una delle prime a parlare di una “epidemia” di truffe. Ho ha spiegato che in Cina le truffe sono strutturate in maniera molto più semplici rispetto all’Occidente, perché le vittime dei criminali sono in media molto meno preparate. Spesso le persone investono ogni loro risparmio in queste truffe, a volte prendendo a prestito del denaro per investire cifre ancora più alte. Valute virtuali come i Bitcoin e reti di prestito “peer-to-peer”, in cui gli utenti si prestano denaro tra di loro, hanno finito con l’aiutare indirettamente questo tipo di truffe, permettendo a persone ingenue di accumulare grossi debiti.
Il governo cinese è impegnato in un’operazione speciale per investigare il fenomeno e arrestare i principali truffatori. Ad agosto, più di cento persone sono state arrestate nel sud della Cina e uno schema Ponzi del valore di quasi 50 milioni di euro è stato bloccato. L’anno scorso, inoltre, la polizia cinese aveva chiuso Ezubao, un servizio internet per permettere agli utenti di richiedere e concedere prestiti. Fondato nel 2014, Ezubao era riuscito a raccogliere circa sette miliardi di euro di investimenti da più di 900 mila persone. Dopo l’arresto, i suoi fondatori hanno ammesso che l’intera operazione era in realtà uno schema Ponzi. Nel 2016 il numero di casi scoperti è aumentato del 19 per cento rispetto al 2015. Di fronte a queste reazione da parte del governo, i truffatori stanno diventando più sofisticati.
Il caso di Li, il ragazzo trovato morto lo scorso luglio, è emblematico di questo cambiamento. Secondo le indagini, Li era stato praticamente sequestrato. I truffatori gli impedivano di comunicare con la famiglia se non per chiedere altri soldi da investire. Secondo Ho, la pressione del governo sui truffatori ha spinto molti di loro ad adottare tattiche più sinistre come minacce, rapimenti e intimidazioni: spesso chi finisce nei giri delle truffe finanziarie viene sorvegliato giorno e notte, seguito, messo costantemente sotto pressione per trovare nuove persone a cui chiedere soldi. È un fenomeno preoccupante per le persone che finiscono coinvolte nelle truffe, ma anche un segnale di come questi sistemi, un tempo situati in una zona grigia tra legalità e illegalità, si stiano spostando nel terreno della criminalità.