In Brasile si indaga su un massacro di dieci indigeni nel mezzo della Foresta Amazzonica
Alcuni cercatori d'oro si sono vantati in un bar di averne uccisi dieci, ma trovare prove sarà difficilissimo
Le autorità brasiliane stanno indagando su un possibile massacro avvenuto in una remota regione della Foresta Amazzonica, nel quale alcuni cercatori d’oro avrebbero ucciso dieci membri di una tribù che vive isolata dalla civiltà. L’indagine è cominciata dopo che alcuni minatori, mentre erano in un bar, si sono vantati di avere compiuto il massacro, raccontando di aver dovuto uccidere gli indigeni dopo averli incontrati lungo un fiume, per evitare di essere a loro volta uccisi. Gli uomini avevano con loro una pagaia intagliata che hanno detto di aver rubato ai membri della tribù uccisi; hanno raccontato anche di aver fatto a pezzi i corpi e di averli buttati nel fiume.
Il massacro, secondo Leila Silvia Burger Sotto-Maior, che lavora all’Agenzia brasiliana per le popolazioni indigene e si occupa delle tribù mai entrate in contatto con la civiltà o entrate in contatto soltanto di recente, si è svolto il mese scorso, nella Valle di Javari, un territorio vicino al confine con il Perù che è una delle 672 regioni indigene del Brasile, cioè quelle aree abitate prevalentemente da popolazioni native, che possono o meno essere entrate in contatto con la civiltà.
Per raggiungere il luogo in cui vive la tribù, gli investigatori devono fare un viaggio di 12 giorni in barca, lungo i fiumi che attraversano la Foresta Amazzonica. Due uomini sono stati arrestati negli scorsi giorni nell’area per aver cercato illegalmente l’oro, ma non sembrano essere collegati al presunto massacro, che secondo Sotto-Maior sarà molto difficile da indagare, perché ci sono molti indizi ma manca una prova concreta che sia avvenuto. Pablo Luz de Beltrand, il procuratore che sta guidando l’indagine, ha detto: «Stiamo facendo i riscontri, ma i territori sono grandi e l’accesso è ridotto. Queste tribù sono isolate, perfino la Funai (un’agenzia governativa che si occupa di popolazione indigene) ha soltanto informazioni sporadiche su di loro. Perciò è un lavoro difficile, che richiede che tutti i dipartimenti del governo lavorino insieme».
Queste popolazioni, che in tutto contano circa un milione di persone, sono tutelate da gruppi di attivisti e dalla Funai. Il governo, quest’anno, ha però deciso di dimezzare i fondi destinati all’agenzia, costringendola a chiudere due uffici nella valle di Javari, dove si è svolto il presunto massacro, dove vive circa un quinto delle popolazioni indigene brasiliane e la maggior parte di quelle non contattate nel mondo. La Funai ne ha chiusi in tutto 19, che usava per monitorare e proteggere le tribù locali. Le regioni sono molto frequentate da cercatori d’oro che svolgono illegalmente le loro attività, e non è la prima volta che si sospetta si siano scontrati con le popolazioni indigene. Un altro caso, risalente allo scorso febbraio, è ancora aperto. In molti stanno criticando le sempre minori tutele garantite alle tribù dal governo locale, che ha annunciato di voler ridurre il territorio protetto e di fare maggiori concessioni ai cercatori d’oro. Lo stesso presidente brasiliano Michel Temer ha cercato di ottenere il consenso delle grandi società agricole e di estrazione mineraria facendo concessioni legate al disboscamento e allo sfruttamento delle risorse nell’Amazzonia, che in alcuni casi sono state bloccate dai tribunali.
Sarah Shenker, attivista dell’organizzazione Survival International, che si occupa di popolazioni indigene, ha detto che se il massacro venisse confermato sarebbe «una diretta conseguenza del fallimento del governo brasiliano nel proteggere le tribù isolate, cosa garantita dalla Costituzione». Gli indigeni non sono il solo gruppo a subire le violenze legate allo sfruttamento delle risorse: nei primi sette mesi del 2017 sono stati uccisi 50 tra membri di tribù, contadini locali e attivisti, mentre in tutto il 2016 erano stati 61. Perfino la polizia è stata accusata di compiere queste violenze, come nel caso di dieci attivisti che sono stati uccisi in un’operazione lo scorso maggio.